
In occasione del Giubileo delle persone detenute (13-14 dicembre 2025), i vescovi francesi pubblicano un testo sulla situazione carceraria in Francia per invitare i cattolici e le persone di buona volontà a impegnarsi al servizio della speranza nelle carceri (originale francese).
Quest’anno 2025 è un anno giubilare. Questa tradizione affonda le sue radici in un antico richiamo che proviene dalla Parola di Dio, dove a intervalli regolari si annunciava un anno di clemenza e di liberazione per il popolo. Gesù Cristo stesso la fece sua inaugurando la sua vita pubblica: «Il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri, a fasciare le piaghe dei cuori spezzati, a proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri» (Is 61,1-2).
«La speranza non delude!». Papa Francesco ha voluto che la celebrazione di questo Anno Santo invitasse tutti coloro che sono provati a rimanere nella speranza. Ne fanno parte anche coloro che si trovano in carcere e il 14 dicembre è stato scelto per celebrare il Giubileo delle persone detenute.
Oggi, il sovraffollamento carcerario ha raggiunto in Francia un livello storico. Esso comporta un deterioramento delle condizioni di presa in carico: sentimenti di umiliazione, aumento della violenza e dell’ozio, perdita del senso del lavoro per il personale penitenziario. Impedisce che le persone detenute escano «migliori» rispetto al momento dell’incarcerazione, generando così più recidiva che sicurezza. Per la società, la prigione è la sanzione più costosa, non solo finanziariamente ma anche in termini di recidiva. Qualsiasi misura volta ad aumentare la popolazione carceraria va contro la sicurezza dei nostri concittadini.
Se la giustizia deve legittimamente sanzionare i crimini e i delitti, la legge pone il principio di una pena che mira a prevenire la loro reiterazione e a reinserire chi li ha commessi. Considerare la sanzione unicamente come una punizione che mira a far male ridurrebbe la pena a uno strumento di disumanizzazione anziché di riscatto. Scegliere di riparare l’umanità di chi ha sbagliato, aiutandolo ad assumersi le proprie responsabilità e a immaginare un futuro nuovo, è nell’interesse dell’intera società, a cominciare dalle vittime. Carceri sovraffollate sono carceri che distruggono, dove non solo si rinchiudono le persone condannate dietro dei muri, ma in una decadenza disperata, come se non ci fosse più nulla da attendersi da loro. Nessuno ne trae beneficio.
In occasione del Giubileo delle persone detenute desideriamo ricordare che ogni essere umano è creato a immagine di Dio e che la dignità che da questo deriva è inalienabile, indistruttibile. Nessuno può essere ridotto all’atto che ha commesso, qualunque esso sia. La rivelazione di Dio in Gesù Cristo ci dice che Egli dona se stesso per strapparci al potere del male. Il Vangelo ci mostra, in ogni pagina, Gesù che accoglie con benevolenza i peccatori, mangia con loro, li risolleva.
I nostri cappellani in carcere sono testimoni del fatto che, dietro le mura di una prigione, l’amore di Cristo rialza, riconcilia e apre alla speranza. La fede in un Dio crocifisso tra due condannati dalla giustizia per liberarci dal ciclo infernale della nostra violenza, non può conciliarsi con la rinuncia a credere in ciò che di migliore ciascuno porta in sé, con la perdita di speranza verso l’altro, con una giustizia che si limita a punire senza recuperare, con una pena che non offre alla persona condannata i mezzi per tendere al meglio di sé.
La Buona Notizia della rivelazione in Gesù Cristo è la redenzione dell’umanità, e raggiunge, oltre il cerchio dei credenti, la visione di una comunità fraterna inscritta nel motto della nostra Repubblica.
Di fronte a questa constatazione allarmante e preoccupante, desideriamo interpellare i responsabili politici e i magistrati del nostro Paese affinché ci impegniamo con decisione su vie nuove per esercitare la giustizia e condannare chi commette reati o persino crimini. La prospettiva del «tutto carcere» è un vicolo cieco. Esistono altre modalità di sanzionare rispettando davvero la dignità delle persone e permettendo al contempo un cambiamento di comportamento.
Facciamo appello non solo ai cattolici ma anche a tutte le donne e gli uomini di buona volontà a non rinunciare alla prospettiva di una fraternità inclusiva, che è fondamento della nostra società, a resistere alla diffidenza e al rifiuto dell’altro. Disperare nei confronti dell’altro conduce a un mondo infernale fatto di esclusione e di violenza crescente, a una società sempre più lacerata.
Coltiviamo la fiducia, prendiamoci cura di coloro che hanno bisogno di essere rialzati.
La Speranza non delude!
Cardinal Jean-Marc Aveline,
Arcivescovo di Marsiglia,
Presidente della Conferenza dei vescovi di Francia
Mons. Denis Jachiet,
vescovo di Belfort-Montbéliard,
Presidente della commissione Dialogo, bene comune, amicizia sociale
Mons. Jean-Luc Brunin,
vescovo di Havre,
Vescovo referente della cappellania cattolica delle carceri
Bruno Lachnitt,
Cappellano generale della cappellania cattolica delle carceri





