V di Pasqua: È sempre l’ora di amare

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In questa V domenica di Pasqua riceviamo il comandamento dell’amore e siamo inviati come discepoli di Colui che ci ha amato fino alla fine: Gv 13,31-33a.34-35.

Quando Giuda fu uscito [dal cenacolo], Gesù disse: «Ora il Figlio dell’uomo è stato glorificato, e Dio è stato glorificato in lui. Se Dio è stato glorificato in lui, anche Dio lo glorificherà da parte sua e lo glorificherà subito.

Figlioli, ancora per poco sono con voi. Vi do un comandamento nuovo: che vi amiate gli uni gli altri. Come io ho amato voi, così amatevi anche voi gli uni gli altri.

Da questo tutti sapranno che siete miei discepoli: se avete amore gli uni per gli altri».

La “glorificazione” di Gesù

Queste parole di Gesù sono dette in un momento particolarmente importante: Giuda è appena uscito dal cenacolo, nella notte, con un triste proposito nel cuore, e proprio ora, quando il progetto del male si compie, il Figlio dell’uomo dichiara che quello sarà il momento in cui si potrà riconoscere, più alta e splendente, la sua gloria.

È proprio nella storia, anzi nell’istante più buio di essa, che Gesù manifesta tutta la sua grandezza, che il Padre lo onora e si rivela a sua volta, in lui, degno di ogni onore.

Sulla croce per l’evangelista Giovanni già si realizza il trionfo di Cristo, la morte della morte che segna l’inizio del nuovo, quel compimento in cui l’amore di Dio per l’uomo giunge “fino alla fine”.

Il disegno del nostro Dio ha strade e percorsi che ci sembrano paradossali, perché si compiono nella sofferenza, si realizzano nel fallimento, vincono nella morte.

Per Gesù la glorificazione, cioè la manifestazione e l’esaltazione di quanto vale, avviene proprio lì, nel punto più basso della parabola della sua esistenza, quando si compie quel tradimento che è il segno più grande della sua sconfitta, perché viene da parte di chi lo ha seguito e amato.

Gesù attraversa questa sofferenza cogliendo l’importanza di quell’ora, accettando di rispondere al tradimento con l’amore, accogliendo per amore la prematura fine dei suoi sogni, della sua missione, della sua vita.

C’è un tempo anche per noi

C’è un’ora, un tempo anche per noi; c’è una missione, una grazia del momento anche per ciascun istante della nostra storia.

Anche per noi c’è il compito di comprendere quale dono ora ci è dato perché il meglio di noi emerga, quale impegno richiesto perché la notte non soffochi la nostra luce, ma la faccia brillare ancora più forte.

Anche per noi c’è una storia non sempre lieta ma sempre carica di potenzialità, perché quell’amore che ci è dato possa illuminare i momenti bui e possa essere testimonianza di un nuovo possibile modo di affrontare la vita.

È forse per questo che Gesù si rivolge ai suoi figlioli di ogni tempo, a noi, comandando l’unica cosa che in fondo non si può comandare, cioè di amare. Perché la sua nuova alleanza con noi altro vincolo e altra strada non ha che scoprire ogni giorno il modo nuovo per amare, fatto di gratuità e di reciprocità, e non c’è legge né legame se non in questa “cascata d’amore” che ci collega a Gesù e a quanti prima di noi hanno amato e ci hanno amato.

La glorificazione di Gesù è il frutto dell’amore senza fine che è passato per la sofferenza, il tradimento, l’umiliazione. Riuscire ad amare nei fallimenti, nelle delusioni, nelle frustrazioni, nella sofferenze e nella prova, è la vera nuova eredità che Gesù ci ha lasciato. Da soli non ne siamo capaci, ma lui ci ha insegnato la strada e ci ha garantito la forza.

Proviamoci: avremo in cambio la gloria del Padre e la gioia di essere riconosciuti come suoi discepoli, di essere cioè veramente cristiani.

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