Francesco e il Canada: l’acero, le radici, l’ospitalità

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No all’assimilazione, sì a società e culture aperte ed inclusive. Dopo le richieste di perdono, Papa Francesco passa alla parte propositiva del suo messaggio in Canada. Lo fa mercoledì sera a Quebec (giovedì in Italia) incontrando il Corpo diplomatico e le maggiori autorità politiche e sociali canadesi.

Un discorso importante, che ha preso avvio da una riflessione che lega il passato all’oggi.

“Se un tempo la mentalità colonialista trascurò la vita concreta della gente, imponendo modelli culturali prestabiliti, anche oggi non mancano colonizzazioni ideologiche che contrastano la realtà dell’esistenza, soffocano il naturale attaccamento ai valori dei popoli, tentando di sradicarne le tradizioni, la storia e i legami religiosi”.

Si arriva così ad una “cancel culture” che “valuta il passato solo in base a certe categorie attuali”. Si fa spazio “una moda culturale che uniforma, rende tutto uguale, non tollera differenze”, si concentra solo sul presente, “sui bisogni e sui diritti degli individui, trascurando spesso i doveri nei riguardi dei più deboli”. I poveri, i migranti, gli anziani, gli ammalati, i nascituri, sono “dimenticati nelle società del benessere” e scartati “nell’indifferenza generale”.

Gli alberi d’acero

È necessario attingere dalle tradizioni culturali, nel senso più autentivo del termine. E Papa Francesco per esprimere compiutamente il suo pensiero ha fatto riferimento alla foglia d’acero, simbolo del Canada, che è sulla bandiera nazionale. Gli alberi d’acero, che sono diventati simbolo del Paese, con le loro “ricche chiome multicolori” ricordano “l’importanza dell’insieme, di portare avanti comunità umane non omologatrici, ma realmente aperte e inclusive. E come ogni foglia è fondamentale per arricchire le fronde, così ogni famiglia, cellula essenziale della società, va valorizzata”.

“Per questo – ha aggiunto –  esprimo vergogna e dolore e, insieme ai Vescovi di questo Paese, rinnovo la mia richiesta di perdono per il male commesso da tanti cristiani contro le popolazioni indigene. Per tutto questo chiedo perdono. È tragico quando dei credenti, come accaduto in quel periodo storico, si adeguano alle convenienze del mondo piuttosto che al Vangelo”.

Politiche creative

Alle riflessioni sul passato delle popolazioni indigene, il Papa ha affiancato uno sguardo sul presente e sull’“insensata follia della guerra”, di fronte alla quale c’è “bisogno di lenire gli estremismi della contrapposizione e di curare le ferite dell’odio”.

Cita Edith Bruck – “la pace ha un suo segreto: non odiare mai nessuno. Se si vuole vivere non si deve mai odiare”. “Non c’è bisogno di chiedersi come proseguire le guerre, ma come fermarle. E di impedire che i popoli siano tenuti nuovamente in ostaggio dalla morsa di spaventose guerre fredde allargate. C’è bisogno di politiche creative e lungimiranti, che sappiano uscire dagli schemi delle parti per dare risposte alle sfide globali”.

E soprattutto occorre “valorizzare i desideri di fraternità, giustizia e pace” dei giovani. “Essi meritano un futuro migliore di quello che stiamo loro preparando, meritano di essere coinvolti nelle scelte per la costruzione dell’oggi e del domani, in particolare per la salvaguardia della casa comune, per la quale sono preziosi i valori e gli insegnamenti delle popolazioni indigene”.

Casa accogliente per tutti

Infine è importante citare la “dedica” scritta da Papa Francesco sul “Libro d’onore” a Quebec City: “Pellegrino in Canada, terra che va da mare a mare, chiedo a Dio che questo grande Paese sia sempre d’esempio nel costruire il futuro custodendo e valorizzando le radici, in particolare le popolazioni indigene, e nell’essere casa accogliente per tutti”.

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