La famiglia dopo il dibattito sinodale

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«La famiglia “africana”, che porta con sé poligamia, fertilità e miseria, guerra e persecuzione, la famiglia “dell’ex blocco sovietico”, con la ripresa del valore del matrimonio-sacramento, la famiglia “asiatica”, e il valore missionario dell’identità e dell’etica familiare, accanto alle situazioni occidentali, più note ma non prevalenti, raccontate al recente Sinodo, ci insegnano che le famiglie hanno un volto e una storia, un’esistenza concreta».

Il volto plurale delle famiglie

Così Enrico Solmi, vescovo di Parma e delegato al Sinodo sulla famiglia, intervenendo alla giornata di studio promossa dal biennio di licenza della Facoltà teologica del Triveneto (“Verso il matrimonio cristiano. In ascolto del Sinodo dei vescovi”, Padova – 6 dicembre 2016), ha tratteggiato l’immagine della famiglia emersa nel lungo percorso di ascolto e dibattito sinodale e nell’esortazione Amoris laetitia.

«Questa ricchezza e pluralità di volti non è definita sotto una particolare cultura – ha proseguito –. La famiglia si presenta ricca di elementi e di sottolineature diverse, che bisogna saper ascoltare perché capaci di fornirci elementi importanti a partire dall’esperienza: la famiglia ci propone e ci chiede un linguaggio che tocca la vita». La famiglia è un insieme di «relazioni in cammino», ha al suo interno la dinamica della crescita ma anche la fatica degli strappi, delle ferite. Emerge quindi l’importanza di una Chiesa che sappia accompagnare, discernere, essere misericordiosa, che abbia la capacità di accostarsi alle persone nella situazione concreta che stanno vivendo, che sappia vedere un percorso di fede e di vita buona concreta.

«Quello che il papa ci propone per la famiglia – ha affermato Solmi – non è una strada che si inerpica in linea retta sopra quella montagna che è la verità. È piuttosto un percorso, più lungo ma sempre in ascesa, nel quale la famiglia giorno per giorno compie dei passi, attratta da quel bene che è il sacramento del matrimonio, che essa già vive ma che, passo dopo passo, è chiamata a perseguire sempre di più in pienezza, con una gradualità che non sminuisce ma, al contrario, coglie l’ideale come un vangelo che stimola e attrae. Il Sinodo e l’esortazione prospettano un metodo oltre che richiamare e rilanciare un contenuto».

Riscrivere la pastorale della famiglia

L’intervento di mons. Solmi è stato preceduto da un excursus sul magistero postconciliare, in particolare per l’aspetto della preparazione al matrimonio, offerto da p. Oliviero Svanera, docente di morale sessuale e familiare presso la Facoltà teologica del Triveneto. Cercando di colmare la lacuna del Vaticano II, che non aveva curato molto questo tema, il magistero successivo ha dedicato vari passaggi nei diversi documenti redatti dal 1969 fino al 2012.

Tra i punti principali, Svanera ha evidenziato fin dal 1969 la consapevolezza dei vescovi sulla necessità di una concezione nuova del fidanzamento, tempo di grazia e di preparazione enunciato come «catecumenato»; un concetto, quest’ultimo, che tornerà negli anni successivi cercando di definirsi meglio e che papa Francesco oggi ha riportato all’attenzione. «L’analogia tra catecumenato e fidanzamento – chiosa Svanera – va compresa non in termini stretti, ma come principio di ispirazione: si tratta cioè di lasciarsi ammaestrare dall’esperienza fondamentale di iniziazione del catecumenato battesimale per modellare ogni altro cammino di iniziazione. In termini più precisi, il vantaggio principale del catecumenato è quello di strutturarsi secondo alcune tappe, segnate da alcuni riti. Significherebbe dare a ciascuno ciò di cui ha bisogno, assieme alla possibilità di una verifica e di una maturazione progressiva della persona e della coppia».

Per navigare nel mare magnum dei documenti magisteriali e fare rotta verso il porto di una prassi ecclesiale diffusa, occorre innanzitutto una mentalità nuova e una proposta flessibile e graduale, con itinerari diversificati e concreti. «Si tratta di un vero e proprio tirocinio alla vita cristiana e al discepolato che non può prescindere da un inserimento nella vita ecclesiale».

L’obiettivo di fondo per i fidanzati sarà «di discernere la propria vocazione di sposi, vivere l’amore reciproco come discepoli del Signore, testimoniare il vangelo della salvezza agli altri da coniugi e genitori». Il percorso sarà scandito dai tempi del discernimento, del fidanzamento, della celebrazione del rito del matrimonio, della mistagogia nuziale (cioè dell’accompagnamento oltre la celebrazione del sacramento, nei primi anni di vita della coppia) e ciascuna di queste tappe potrà essere opportunamente segnata da celebrazioni di passaggio che richiameranno la comunità a partecipare al cammino dei fidanzati e ad accompagnare le tappe dell’amore.

«La famiglia – ha concluso Svanera – deve diventare veramente il soggetto principale e unificatore delle azioni ecclesiali in una parrocchia. Occorre riscrivere da capo una pastorale che pone al centro la famiglia, rendendola capace di evangelizzazione (non solo di preparazione ai sacramenti), di iniziazione cristiana dei ragazzi (non solo mandandoli al catechismo), di accompagnamento unitario e di itinerari di fede distesi nel tempo».

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