Se la solidarietà diventa reato…

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«Spesso si sente dire che, di fronte al relativismo e ai limiti del mondo attuale, sarebbe un tema marginale, per esempio, la situazione dei migranti. Alcuni cattolici affermano che è un tema secondario rispetto ai temi “seri” della bioetica. Che dica cose simili un politico preoccupato per i suoi successi si può comprendere, ma non un cristiano, a cui si addice solo l’atteggiamento di mettersi nei panni di quel fratello che rischia la vita per dare un futuro ai suoi figli. Possiamo riconoscere che è precisamente quello che ci chiede Gesù quando ci dice che accogliamo Lui stesso in ogni forestiero (cf. Mt 25,35)? San Benedetto lo aveva accettato senza riserve e, anche se ciò avrebbe potuto “complicare” la vita dei monaci, stabilì che tutti gli ospiti che si presentassero al monastero li si accogliesse “come Cristo”, esprimendolo perfino con gesti di adorazione, e che i poveri pellegrini li si trattasse «con la massima cura e sollecitudine». (Francesco, Gaudete et exultate n. 102)

Da un po’ di tempo a questa parte anche in Italia si fa un gran parlare di “reati di solidarietà” o “reati umanitari” in relazione alle attività di soccorso svolte da ONG di varia natura o da privati cittadini impegnati, nei territori maggiormente interessati all’arrivo, al transito o alla presenza di migranti, nell’alleviare le sofferenze dei più vulnerabili.

Come fa giustamente rilevare Maurizio Ambrosini,[1] «la sete di nuova sovranità nazionale che domina la scena politica, anche a costo della vita di chi bussa alle porte, tollera sempre meno chi difende i diritti umani rifiutando di sacralizzare i confini. Tra i principi morali e le leggi statali si sta riaprendo una pericolosa divaricazione».

Il più recente episodio che sta a dimostrare che qualcosa di inquietante sta prendendo forma anche in Italia è il sequestro, disposto dalla Procura della Repubblica di Catania, della nave Open Arms, della ONG spagnola ProActiva, che ha tratto in salvo 218 migranti, tra cui donne e bambini, rifiutandosi di consegnarli alla guardia costiera libica. Associazione a delinquere per traffico internazionale dei migranti[2] è il reato ipotizzato dal procuratore Carmelo Zuccaro, lo stesso che nella primavera ed estate dello scorso anno si era distinto per numerosi annunci sulla stampa nazionale ed internazionale in relazione al presunto ruolo opaco delle organizzazioni umanitarie che operano nel campo del soccorso dei migranti nel mare Mediterraneo.[3]

A fronte degli obblighi derivanti dal diritto internazionale sul soccorso in mare di persone in difficoltà e in materia di “principio di non respingimento” di persone a rischio di trattamenti inumani e degradanti, l’accusa è ben presto caduta e sostituita da quella di favoreggiamento dell’immigrazione clandestina.

La nave, rimasta ancorata nel porto di Pozzallo fino al 16 aprile, è stata dissequestrata dal Gip di Ragusa il quale ha accertato che il rifiuto di consegnare i profughi alla guardia costiera libica era stato determinato da motivi di necessità, in quanto oggi rimandare in Libia i migranti significherebbe metterne a repentaglio la vita.

Un’ inquietante escalation

Che colpire gli atti di solidarietà compiuti nei confronti dei migranti e di potenziali richiedenti protezione internazionale stia diventando prassi sempre più diffusa, è dimostrato da una lunga serie di episodi che hanno preceduto il citato caso della nave Open Arms e che sono stati resi noti dagli organi di informazione.

Lesbo (Isole Egee), 14-17 gennaio 2016. Cinque volontari vengono arrestati per aver soccorso una barca in avaria proveniente dalle coste turche, carica di migranti.

Danimarca, 11 mar 2016. L’attivista danese per i diritti umani Lisbeth Zorning, e suo marito, il giornalista Mikael Rauno Lindholm, sono inquisiti per il reato di traffico di esseri umani. La colpa è aver dato un passaggio a una famiglia di siriani in viaggio verso la Svezia.

Udine, 16 giugno 2016. Due responsabili e un interprete della onlus Ospiti in arrivo ricevono un avviso di garanzia per favoreggiamento dell’immigrazione clandestina per aver fornito pasti caldi e coperte ai migranti nei luoghi dove si trovavano abbandonati a se stessi.

Imperia, estate 2016. Decine di attivisti che forniscono assistenza ai migranti ricevono fogli di via emessi dalla Questura, con il divieto di mettere piede nella città al confine con la Francia.

Ventimiglia, 22 luglio del 2016. Félix Croft, cittadino francese, viene arrestato dai Carabinieri al casello di Ventimiglia per aver tentato di passare la frontiera: a bordo della sua auto, i 5 componenti di una famiglia sudanese (una donna incinta con il marito, il fratello e due bimbi piccoli), provenienti dalle zone di guerra del Darfur, che fino a quel momento avevano trovato un riparo di fortuna in una chiesa.

Como, ottobre 2016. A 15 attivisti della rete No borders, che distribuiscono volantini a sostegno dei migranti accampati davanti alla stazione ferroviaria di Como con il sogno di raggiungere la Svizzera, viene proibito di mettere piede in città per 12 mesi, in base a quanto disposto dai fogli di via notificati dalla Questura di Como.

Aix-en-Provence (Francia), dicembre 2016. La Corte d’appello conferma la multa da 1.500 euro inflitta a Claire Marsol, una professoressa universitaria di 73 anni in pensione, attivista dell’associazione Habitat et citoyenneté, per aver facilitato il transito di due ragazzi eritrei dalla stazione di Nizza a quella di Antibes.

Nizza, 17 ottobre 2016-7 gennaio 2017. Pierre Alain Mannoni, professore all’Università di Nizza, è imputato di favoreggiamento di immigrazione clandestina, per aver dato un passaggio in auto e aver cercato di aiutare tre ragazze eritree incontrate casualmente, spaesate e mezze morte di freddo, lungo la strada che dalle Alpi Marittime scende verso la Costa Azzurra.

Menton (Francia), 8 novembre 2016. Francesca Peirotti, 29 anni, originaria della provincia di Cuneo, è processata in Francia per aver facilitato l’ingresso, il soggiorno e la circolazione di migranti irregolari tra Ventimiglia e il paese transalpino.

Bruxelles, 15 dicembre 2016. L’Agenzia europea per le frontiere esterne (FRONTEX) accusa di collusione con i trafficanti di esseri umani le ONG impegnate con le loro navi nel Mediterraneo per operazioni di soccorso ai battelli di rifugiati.

Val Roya (Francia), 18 gennaio-10 febbraio 2017. Viene arrestato per l’ennesima volta un agricoltore di 37 anni, Cedric Herrou, sostenuto dall’associazione Roya Citoyenne, più volte finito sotto accusa per aver accolto e aiutato nel tempo oltre 300 migranti provenienti dell’Italia ed entrati in Francia dalla Valle Roya, sulle Alpi Marittime.

Londra, marzo 2017. La Corte inglese condanna a 14 mesi di reclusione una ragazza inglese di 25 anni, volontaria in un gruppo di supporto per rifugiati, che ha accompagnato in macchina una madre albanese (con i suoi due figli) in Gran Bretagna per ricongiungersi con il marito.

Ventimiglia, 5-20 marzo 2017. Il sindaco vieta di fornire cibo e bevande «su area pubblica» ai migranti, con l’obiettivo di boicottare il programma di assistenza realizzato dai volontari francesi dell’associazione Roya Citoyenne.

Svizzera, 13 aprile 2017. Luisa Bosia Mirra – deputata del Gran Consiglio del Canton Ticino, già premiata per l’attività svolta a favore dei profughi diretti verso il Nord Europa – viene condannata a 80 franchi di ammenda al giorno (esecuzione sospesa per un periodo di prova di due anni) per «ripetuta incitazione all’entrata, alla partenza e al soggiorno illegale» di migranti nel territorio svizzero.

Menton (Francia), 28 luglio 2017. La polizia italiana rimanda in Francia, a piedi, due minori della Guinea non accompagnati. Martine Landry, 72 anni, che dal 2002 aiuta i richiedenti asilo che si trovano al confine tra Francia e Italia, li accoglie sul lato francese della frontiera tra Menton e Ventimiglia. Martine Landry è denunciata per favoreggiamento di immigrazione clandestina.

Italia, luglio-settembre 2017. Padre Mussie Zerai, presidente dell’agenzia Habeshia, candidato al premio Nobel per la pace nel 2015 per la sua attività in favore dei migranti, è incriminato dalla Procura di Trapani con l’ipotesi di complicità con i trafficanti e di favoreggiamento di immigrazione clandestina.

Marocco, 5-27 dicembre 2017. Helena Maleno, attivista per i diritti umani, esponente della Ong Frontera Sur, che opera sia in Spagna che in Marocco, viene incriminata perché la sua attività favorirebbe «la rete dei trafficanti». Alla base delle imputazioni sono, in particolare, le segnalazioni inviate al Salvamento Maritimo spagnolo, per sollecitare interventi di soccorso alle barche cariche di migranti in difficoltà nello stretto di Gibilterra, dopo essere partite dalla costa marocchina per raggiungere quella andalusa.

Briançon (Francia), 12-13 marzo 2018. Benoit Ducos, una guida alpina del Briançonais, in Francia, denunciato dalla gendarmeria, viene incriminato per aver soccorso e cercato di portare in ospedale, con la sua auto, una donna nigeriana, Marcela, all’ottavo mese di gravidanza ma già in travaglio, incontrata il pomeriggio del 12 marzo poco oltre il confine italo-francese del Monginevro, a 1.900 metri di altitudine, in mezzo alla neve.

Bardonecchia, 31 marzo 2018. Un gruppo di gendarmi francesi ritiene di avere il diritto di fare irruzione, con modi sgarbati e incivili, nella sede di un centro migranti di Bardonecchia per intimare ad un migrante di sottoporsi all’esame delle urine, in quanto sospettato di spaccio di sostanze stupefacenti.

Reato di solidarietà?

È previsto o non è previsto dal nostro ordinamento il reato di solidarietà? Se esiste, come va inquadrato dal punto di vista normativo?

La questione, decisamente rilevante, si pone non solo in Italia.

Basti pensare che nella vicina Francia, patria del droit de l’homme, il délit de solidarité anima da anni il dibattito pubblico. Molti privati cittadini e molte associazioni denunciano l’uso arbitrario della legge francese per criminalizzare chi si comporta in modo solidale nei confronti dei migranti. Nel 2009 è nata addirittura l’associazione Délinquants solidaires, rete di supporto e di mobilitazione per arginare la criminalizzazione dell’aiuto umanitario.

La legge francese, come quella italiana, si ispira ad una direttiva europea del 2002 che prescrive di punire chi favorisce l’entrata o il transito in Europa di persone prive del permesso di soggiorno.[4]

In Italia chiunque venga sorpreso ad aiutare un migrante la cui posizione giuridica non sia ancora definita può correre il rischio di essere accusato di “favoreggiamento” di immigrazione e permanenza clandestina nel territorio dello Stato, ed essere punito con la reclusione da uno a cinque anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona aiutata.[5] La pena può essere elevata da cinque a quindici anni e con la multa di 15.000 euro per ogni persona aiutata, in presenza di determinate circostanze aggravate.[6]

Tale norma, tuttavia, non è una monade che viva di vita propria nell’ordinamento giuridico italiano. Essa va collocata in un contesto complesso e articolato che, rispettando la gerarchia delle fonti, parte dalla Costituzione, dalle norme di diritto internazionale generalmente riconosciute e dalle Convenzioni internazionali ratificate dall’Italia.

Clausola umanitaria

Mentre nella Direttiva UE manca una clausola umanitaria che tenga conto dello stato di necessità delle persone coinvolte nelle attività solidaristiche, la legge italiana stabilisce che non costituiscono reato le attività di soccorso e di assistenza umanitaria prestate nei confronti dei migranti in condizioni di bisogno comunque presenti nel territorio dello Stato.[7]

La legge italiana, inoltre, prevede che non sia punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo.[8]

Grazie alla «clausola umanitaria» presente nella legge italiana, quasi sempre nel nostro Paese le accuse rivolte ad organizzazioni o a singole persone che prestano assistenza umanitaria ai migranti senza titolo di soggiorno cadono o vengono archiviate dalla magistratura giudicante.

È indubbio, tuttavia, che lo scenario politico e mediatico tendente a creare, in nome della sovranità nazionale, un clima di indifferenza nei confronti non solo dei profughi e di chi li sostiene, ma anche delle leggi e delle convenzioni che sanciscono il dovere civico del soccorso, contribuisce a intimidire e a indebolire ogni iniziativa solidaristica della società civile.

Il clima di indifferenza è facilmente destinato a sfociare nel cinismo securitario e nel sovranismo oltranzista che alimentano la xenofobia populista e finiscono per minare dal fondo la democrazia. Questo è destinato a succedere quando si presenta:

  • la migrazione come una devianza;
  • il migrante come il primo colpevole per essersi mosso per necessità di sopravvivenza e per aver così disturbato l’ordine degli Stati;
  • l’ospitalità come qualcosa che ha a che fare solo con la morale privata o la fede religiosa;
  • la solidarietà come sprovveduto buonismo;
  • la politica dell’accoglienza come politica dell’esclusione e del respingimento, o addirittura come gestione poliziesca dei flussi migratori.

Fortunatamente continuano ad essere molti i cittadini (donne e uomini, giovani e meno giovani) che, in presenza di situazioni disumane, si attengono testardamente al principio di umanità enunciato nel II secolo a.C. dal commediografo latino Publio Terenzio Afro: «homo sum: nihil humani a me alienum puto». Sono un essere umano, e nessun essere umano può essermi estraneo, soprattutto se si trova in stato di bisogno.

«Lo ius migrandi è il diritto umano del nuovo millennio che, sostenuto dall’associazionismo militante, dai movimenti internazionali e dall’opinione pubblica più avvertita e vigile, richiederà una lotta pari a quella per l’abolizione della schiavitù. Ma non c’è diritto di migrare senza l’ospitalità intesa non nel senso riduttivo di semplice diritto di visita, bensì come diritto di residenza».[9]


[1] Da www.aggiornamentisociali.it/idee/tutte-le-idee/

[2] Elevato a carico del comandante della nave Marc Reig Creus, della capo-missione Ana Isabel Montes Mier e del coordinatore generale della ONG Gerard Canals.

[3] È doveroso rilevare che nessuna delle annunciate inchieste del procuratore Zuccaro ha avuto alcun seguito giudiziario di qualche spessore. Sicuramente, però, quelle iniziative hanno contribuito ad alimentare un inquietante clima da caccia alle streghe nei confronti di chi, in presenza di persone particolarmente vulnerabili, agisce secondo il dovere costituzionale di solidarietà.

[4] Direttiva 2002/90/CE del Consiglio, del 28 novembre 2002, volta a definire il favoreggiamento dell’ingresso, del transito e del soggiorno illegali.

[5] È quanto previsto dall’articolo 12, comma 1 del Decreto Legislativo 25 luglio 1998 n. 286.

[6] Articolo 12, comma 3 del citato D.Lgs. n. 286/98.

[7] Articolo 12, comma 2 del citato D.Lgs. n. 286/98.

[8] Articolo 54 del codice penale.

[9] È quanto dichiarato nella “sentenza” del Tribunale permanente dei popoli in occasione della sessione di Palermo – 18/20 dicembre 2017 – dedicata alla “violazione dei diritti delle persone migranti e rifugiate” (2017-2018). È utile ricordare che il Tribunale permanente dei popoli, fondato, su iniziativa di Elio Basso, a Bologna nel 1979 in diretta continuità con i Tribunali Russell sul Vietnam e sull’America Latina, è un tribunale d’opinione, la cui funzione principale è mobilitare l’opinione pubblica contro le violazioni massicce dei diritti dei popoli, facendo assumere consapevolezza del loro carattere criminale.

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