Francesco e il Patto educativo globale

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patto educativo

Intervenendo a un convegno (8 ottobre 2020) dell’Associazione dirigenti scuole autonome e libere (DISAL), il segretario della Congregazione per l’educazione cattolica, mons. Vincenzo Zani, ha fatto una presentazione complessiva dei fondamenti, contesto, visione e missione del Patto educativo globale promosso da papa Francesco nel messaggio del 15 ottobre. Riprendiamo il suo intervento (cf. anche l’intervista su SettimanaNews).

Il 15 ottobre 2020, dalle 14,30 alle 16,00, mentre ancora imperversa in varie parti del mondo la grande pandemia da COVID 19, il papa con un nuovo messaggio rilancia la sua proposta di costruire un patto educativo a livello globale e invita tutti a aderire, e in particolare a rinnovare un impegno deciso per attuare i diversi aspetti dell’educazione a vantaggio delle giovani generazioni.

L’iniziativa, registrata alla Lateranense, è stata virtuale, in vista di un evento presenziale che si farà in futuro, in una data che verrà fissata quando le condizioni sanitarie lo consentiranno.

I fondamenti del progetto

In tutti gli interventi del papa si avverte il riflesso di una passione educativa che lo accompagna da sempre e gli fa intravedere nella scuola, nell’università e nei vari luoghi deputati alla formazione di ragazzi e giovani altrettanti mezzi indispensabili per portare/condurre – è questo il senso etimologico del termine latino “e-ducere” a cui egli si rifà spesso – le future generazioni ad acquisire una coscienza morale, a penetrare dentro la realtà per cogliervi i valori che possono rappresentare un’autentica bussola nella complessità del mondo contemporaneo.

Lo sforzo che si sta compiendo è quello di cogliere il filo rosso che lega il messaggio più profondo che papa Francesco intende consegnare alla Chiesa, sollecitandola a svolgere la propria missione soprattutto nel campo dell’educazione, in dialogo con la società. Vorrei tentare di abbozzare l’orizzonte più ampio in cui situare tale insegnamento.

Se, da un lato, esso è profondamente radicato nelle linee tracciate dal concilio Vaticano II e dal magistero dei suoi predecessori, dall’altro, contiene spunti originali nei quali si possono rinvenire risposte concrete anche alle prospettive suggerite dagli esperti dei processi socio-economici e culturali della società di oggi nonché dagli organismi internazionali competenti.

Anzitutto si può notare che il pensiero di papa Francesco è profondamente radicato nello spirito del Concilio e rilancia i principi da esso formulati. In particolare, riflette i contenuti della dichiarazione Gravissimum educationis, dove si legge che l’educazione deve rispondere alle esigenze della persona, ma allo stesso tempo deve essere aperta ad una fraterna convivenza con gli altri popoli per favorire la vera unità e la pace sulla terra. Inoltre, continua il documento conciliare, il processo educativo risulta autentico ed efficace quando riesce a preparare le persone a diventare protagoniste del bene comune e ad assumersi responsabilità pubbliche[1].

Umanesimo cristiano

Negli anni immediatamente successivi al concilio, Paolo VI, nell’enciclica Populorum progressio, sottolineava il ruolo decisivo che deve avere l’educazione «di tutto l’uomo e di tutti gli uomini» per poter promuovere un vero progresso nel mondo. Ma per raggiungere tale obiettivo, papa Montini riteneva indispensabile superare tre ostacoli: la grave carenza di pensiero, la povertà di riferimenti ad un’antropologia che fosse aperta alla trascendenza e la mancanza di fraternità tra le persone e tra i popoli.

Nei decenni successivi, il cospicuo magistero di Giovanni Paolo II sviluppava ampiamente queste tematiche collegando educazione e cultura, come fece nella memorabile allocuzione all’UNESCO del 2 giugno 1980. Egli sottolineava la convergenza fra cristianesimo e umanesimo e, quindi, fra cristianesimo e cultura. Tutto ciò che è umano interessa la cultura, perché l’uomo, via della cultura, è anche la strada sulla quale la Chiesa e la cultura si incontrano.

Per il cristiano “educare” e “fare cultura” significa aiutare l’uomo ad “essere” di più, riportando la verità sull’uomo ai tratti originari del volto di Cristo. Queste considerazioni vengono ribadite sia dall’enciclica Sollicitudo rei socialis con cui papa Wojtyla vent’anni più tardi rilanciava l’enciclica di Paolo VI, denunciando la presenza nel mondo di strutture di peccato che impediscono la crescita ordinata degli uomini e dei popoli, sia dalla Centesimus annus, con il richiamo ai principi dell’umanesimo cristiano.

Benedetto XVI, nell’enciclica Caritas in veritate, come pure in molti altri interventi, riprende questi temi attirando l’attenzione sull’emergenza educativa che costituisce una delle più grandi sfide per l’uomo e per la cultura attuale. Di fronte ad essa, l’intera società e anche la comunità cristiana si devono sentire interpellate. Si supera l’emergenza se attraverso l’educazione si prende coscienza che la carità nella verità pone l’uomo davanti alla stupefacente esperienza del dono; l’essere umano è fatto per il dono, che ne esprime ed attua la dimensione di trascendenza[2].

«Oggi l’umanità appare molto più interattiva di ieri: questa maggiore vicinanza si deve trasformare in vera comunione. Lo sviluppo dei popoli dipende soprattutto dal riconoscimento di essere una sola famiglia, che collabora in vera comunione ed è costituita da soggetti che non vivono semplicemente l’uno accanto all’altro»[3].

Inserito pienamente nel filone del magistero ecclesiale tracciato a partire dal concilio, papa Francesco sintetizza il complesso delle tematiche sopra accennate a diverse riprese lanciando l’impegno di realizzare un patto educativo a livello mondiale. La sua iniziativa, oltre che nell’esperienza vissuta a livello personale, trova fondamento e ragioni forti in particolare nell’esortazione apostolica Evangelii gaudium, nell’enciclica Laudato si’, e ora nella nuova enciclica Fratelli tutti.

Il contesto del progetto

La passione educativa, come già era stata messa a fuoco dall’intervento di papa Francesco a coronamento dei lavori del congresso mondiale “Educare oggi e domani. Una passione che si rinnova” (18-21 novembre 2015), oggi è chiamata a sanare tre fratture profonde – tra le molteplici che esistono – le quali attraversano i processi formativi ai diversi livelli: la frattura tra l’educazione e la trascendenza, la frattura con le tante differenze legate al volto dell’“altro”, la drammatica incrinatura tra la natura e la società, fonte di disuguaglianze e nuove povertà.

Quando papa Francesco invita a ricostruire il patto educativo, propone una scelta inderogabile che vorrebbe indurre tutti ad un impegno comune per gli anni a venire.

Le tre fratture

La prima frattura da sanare è quella che separa la realtà dalla trascendenza. La crisi più grande dell’educazione in generale nasce dalla divisione profonda che l’uomo sperimenta in sé stesso. Nella Gaudium et spes si legge che proprio da questa divisione interiore provengono anche tante e così gravi discordie nella società[4]; dal punto di vista della visione cristiana questa frattura è intesa come la conseguenza della chiusura alla trascendenza.

Se è vero che l’uomo non è limitato al solo orizzonte temporale ma, vivendo nella storia, conserva integralmente la sua vocazione eterna, allora l’educazione è introdurre i ragazzi e i giovani nella realtà totale, di cui una dimensione fondamentale è l’apertura al trascendente, apertura che rende possibile dischiudersi alla speranza. Per sanare questa frattura verticale tra l’uomo e l’assoluto, è necessario avere come punto di riferimento un’antropologia “integrale” e allo stesso tempo “concreta” che permetta alla persona umana di guardare oltre, di dilatare gli orizzonti della ragione e del cuore.

Una ragione ristretta corrisponde ad una visione astratta dell’uomo, mentre la ragione allargata corrisponde ad una antropologia concreta, cioè adeguata alla totalità del reale.

La seconda frattura è la conseguenza della crisi della dimensione orizzontale; riguarda cioè la relazione tra generazioni e tra soggetti differenti, tra culture, religioni e appartenenze diverse. In altre parole, si tratta di ricomporre un patto educativo con la famiglia, con le persone che portano visioni socio-culturali e religiose differenti, con chi si trova in difficoltà economiche, sociali e morali.

L’educazione raggiunge il suo scopo se riesce a formare persone capaci di camminare insieme sui sentieri dell’incontro, del dialogo, della comprensione e della condivisione, nel rispetto, nella stima e nell’accoglienza reciproca. Occorre, per questo, uscire da sé stessi per raggiungere le varie “periferie” dove chi è svantaggiato ha bisogno di essere aiutato a crescere in umanità, in intelligenza, in valori, in abitudini per diventare protagonisti della propria vita e, a sua volta, portare agli altri esperienze che non conoscono.

È necessario, a tale scopo, introdurre un cambiamento di paradigma nella consueta progettazione formativa, mirando a fare sì che la trasmissione dei saperi non debba essere considerata come un bene “posizionale” o “selettivo” in vista solo di un’autopromozione, ma un bene “relazionale”, che sviluppi nella persona le sue potenzialità emotive e sensibili per stabilire rapporti con gli altri in senso solidale e costruttivo.

La terza frattura da comporre è quella tra l’uomo, la società, la natura e l’ambiente. La persona, educata secondo una sana antropologia, è un soggetto che ama il mondo, la storia, che fa cultura, che si assume la responsabilità della vita pubblica; sarà, pertanto, una persona che non coltiverà solo la dimensione soggettiva e personale, ma anche quella politica, sociale ed economica, il bene della natura, dell’ambiente, in una parola che sa costruire il bene comune.

“Educare all’alleanza tra umanità e ambiente” – secondo il mandato esposto nella lettera enciclica Laudato si’ – è una delle più importanti priorità educative tanto che «la coscienza della gravità della crisi culturale ed ecologica deve tradursi in nuove abitudini»[5]. Appare, per questo, urgente creare le condizioni per una “cittadinanza ecologica” da sviluppare nei diversi contesti educativi al fine di formare «ad una austerità responsabile, alla contemplazione riconoscente del mondo, alla cura per la fragilità dei poveri e dell’ambiente»[6].

Oltre alla Laudato si’, la recente enciclica Fratelli tutti sulla fraternità e l’amore sociale, indica un quadro ricco di riferimenti che attingono alla Gaudium et spes il concetto del mondo come spatium verae fraternitatis.

La visione

Dinanzi all’urgente necessità di sanare queste profonde fratture, papa Francesco avverte un problema di fondo, e cioè «che non disponiamo ancora della cultura necessaria per affrontare questa crisi e c’è bisogno di costruire leadership che indichino strade»[7]. Allo stesso tempo occorre un cambio di paradigma, anzi, sottolinea Bergoglio, è necessario l’impegno generoso e convergente verso «una coraggiosa rivoluzione culturale»[8].

Un primo segnale è l’adozione di una “educazione in uscita” e sempre dinamica, la quale aiuti l’educatore a non avere timore di compiere un’opera di inclusione, ma lo incoraggi ad innovare pazientemente il proprio lavoro scoprendo ogni giorno nuove prospettive. Questo perché – sottolinea il papa – «l’educazione formale si è impoverita a causa dell’eredità del positivismo. Concepisce soltanto un tecnicismo intellettualista e il linguaggio della testa e per questo si è impoverita. Bisogna rompere questo schema. […] Bisogna aprirsi a nuovi orizzonti, creare nuovi modelli. […] Ci sono tre linguaggi: il linguaggio della testa, il linguaggio del cuore, il linguaggio delle mani. L’educazione deve muoversi su queste tre strade. Insegnare a pensare, aiutare a sentire bene e accompagnare nel fare, occorre cioè che i tre linguaggi siano in armonia; che il bambino, il ragazzo pensi quello che sente e che fa, senta quello che pensa e che fa, faccia quello che pensa e sente»[9].

Questi principi esprimono il fondamento antropologico che trova la sua radice nella rivelazione cristiana.

In uscita

Con questa visione, si deve avere il coraggio di andare verso le periferie per portare la luce della speranza cristiana non solo nei luoghi di violenza, di povertà e di ingiustizia ma anche in quelle situazioni di disagio esistenziale e morale che tanto segnano la vita di molte persone. Si tratta, dunque, di una “educazione in uscita” e sempre aperta, dove – ispirandosi alle opere di misericordia[10] – l’impegno deve essere finalizzato ad abbattere i muri dell’egoismo e dell’indifferenza per favorire una cultura dell’incontro e dell’ascolto.

In tale prospettiva, ci si confronta anche con le nuove tecnologie applicate ai processi formativi. L’attuale evoluzione della realtà virtuale ha dilatato gli spazi della relazione non solo rendendoli liquidi ma – per usare una metafora – fino quasi a “liquidarli” in un rivolo di frammenti contingenti.

I processi educativi devono necessariamente misurarsi con questa “dilatazione”, che è evidente anche nello spatium clausum delle classi e dei luoghi – tradizionalmente deputati all’istruzione – i quali, oltre che a non essere affatto impermeabili a tale evoluzione, devono trovare i modi ed i criteri per utilizzarli a fini costruttivi.

La missione

Dopo il messaggio iniziale, papa Francesco ha ripreso in vari discorsi questi concetti, arricchendoli ulteriormente ed offrendo spunti preziosi che tracciano aspetti e sfumature da approfondire. Richiamo alcuni dei passaggi più significativi.

Anzitutto viene in evidenza che la proposta del patto si colloca in un contesto di “cambiamento epocale”, dove si può notare «una metamorfosi non solo culturale ma anche antropologica che genera nuovi linguaggi e scarta, senza discernimento, i paradigmi consegnati dalla storia».

Perciò l’educazione è indispensabile per impedire la disintegrazione dell’identità della persona la quale, per crescere e maturare, ha bisogno di avere un “villaggio”, cioè di poter contare su una comunità di persone, di più soggetti ed istituzioni a cui riferirsi. Nell’esperienza comune che si vive dentro un villaggio si devono bonificare le discriminazioni che inquinano i rapporti ed immettere relazioni improntate alla fraternità.

Il tempo vissuto nel villaggio diventa educativo e si snoda come un cammino di maturazione se si rispettano almeno tre obiettivi: mettere al centro la persona da formare secondo una sana visione antropologica; investire con qualità professionale, creatività e responsabilità le migliori energie, mettendo in atto una progettualità di lunga durata; formare persone che siano disponibili a mettersi al servizio della comunità secondo lo spirito evangelico. Si tratta di tre obiettivi grazie ai quali si può «comporre un nuovo umanesimo» ispirato al messaggio cristiano, ma teso a rinnovare l’intera società.

Nel discorso pronunciato alla Pontificia Università Lateranense (31 ottobre 2019), alla quale il papa aveva chiesto di istituire corsi di educazione alla pace, egli si è intrattenuto su tale argomento, considerandolo una tappa importante in preparazione all’evento del patto educativo globale. Gli educatori e gli studenti, insieme a tutti, sono chiamati a costruire e proteggere quotidianamente la pace – che è dono di Dio – «per dare sollievo e risposta a coloro che i conflitti e le guerre condannano a morte o costringono ad abbandonare gli affetti, le abitazioni, i paesi d’origine»[11].

Dialogo e verità

In questo senso c’è una grave responsabilità verso le giovani generazioni che vanno formate a rispondere alle nuove sfide dei nostri tempi, «senza negare l’immutabile valore della verità», ma comunicandola «con un linguaggio comprensibile e attuale». Per tale ragione è necessario un «patto educativo ampio e in grado di trasmettere non solo la conoscenza di contenuti tecnici, ma anche e soprattutto una sapienza umana e spirituale, fatta di giustizia e… comportamenti virtuosi e in grado di realizzarsi in concreto».

Si possono raggiungere risultati efficaci soltanto seguendo un metodo «capace di guardare i fatti nelle loro cause e di fornire gli strumenti per superare conflitti e contrapposizioni». Una sottolineatura significativa, sempre in questo discorso, consiste nel richiamo al compito che soprattutto le religioni hanno di testimoniare e proporre «un metodo alternativo a quello materiale e meramente orizzontale». Non solo i credenti, ma tutte le persone di buona volontà sanno quanto sia necessario il dialogo in tutte le sue forme. Il dialogo, dunque, assurge a criterio educativo.

Tale concetto è poi spiegato ricordando l’esempio dato dalla figura del cardinale Jean-Louis Tauran, nella cui esperienza vengono in luce tre livelli di dialogo: il dialogo con Dio, il dialogo tra popoli, giovani ed istituzioni internazionali, il dialogo tra le religioni.

Nel discorso tenuto ad un altro convegno preparatorio, quello promosso dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, papa Francesco ha richiamato la dimensione globale del patto educativo, poiché «l’educazione integrale e di qualità e i livelli d’istruzione continuano ad essere una sfida mondiale». Tuttavia, occorre interrogarsi sul “come” una generazione trasmette le sue conoscenze ed i suoi valori a quella seguente.

Ma questo processo di trasmissione coinvolge la responsabilità di tutti e deve raggiungere tutte le dimensioni della persona. Purtroppo, questo non avviene e perciò è necessario creare un patto «tra la famiglia, la scuola, la patria e il mondo, la cultura e le culture» per un «rinnovato sforzo di generosità e di accordo universale». Si tratta si superare le “piccolezze” che ci rinchiudono nel nostro mondo angusto per andare nel mare aperto globale ed affrontare le diversità ed i cambiamenti culturali con un’educazione capace «d’individuare i veri valori umani in una prospettiva interculturale e interreligiosa».

Includendo ed integrando le conoscenze, la cultura, lo sport, la scienza, il divertimento e lo svago, con l’aiuto di docenti qualificati, si devono affrontare le nuove sfide, tra le quali: la nuova scienza della mente, il cervello e l’educazione, la promessa della tecnologia di arrivare a tutti, l’educazione dei giovani rifugiati e immigrati di tutto il mondo. E’ significativo il tocco finale del discorso che fa riferimento alla bellezza: «non si può educare senza indurre il cuore alla bellezza. Un’educazione non è efficace se non sa creare poeti»[12].

Ecologico, inclusivo e pacificatore

Ma un intervento indubbiamente più completo e articolato, e che sintetizza quelli pronunciati in precedenza, è quello indirizzato ai membri della Congregazione per l’educazione cattolica, riuniti in assemblea plenaria (20 febbraio 2020). Ad essi il papa presenta l’educazione come l’arte della crescita, della maturazione.

L’educazione è una realtà dinamica, è un movimento che orienta le persone al pieno sviluppo. A partire da questa affermazione, Francesco indica una serie di caratteristiche e proprietà che possono essere assunte come i tratti di una progettualità che interpellano educatori ed istituzioni. Anzitutto l’educazione va vista come un movimento ecologico, in quanto contribuisce al recupero dei diversi livelli di equilibrio: quello interiore con sé stessi, quello solidale con gli altri, quello naturale con tutti gli esseri viventi, quello spirituale con Dio.

Per raggiungere questo equilibrio integrale sono richiesti educatori capaci di reimpostare gli itinerari pedagogici di un’etica ecologica che aiuti a crescere nella solidarietà e nella responsabilità. In secondo luogo, l’educazione è un movimento inclusivo. Si tratta di una proprietà ma anche di un metodo dell’educazione che forma a farsi aperti ed accoglienti verso tutti gli esclusi, a causa della povertà, delle guerre, delle carestie e catastrofi naturali, della selettività sociale, delle difficoltà familiari. Si tratta delle emarginazioni provocate da distinzioni di sesso, di religione o di etnia. L’inclusione «è parte integrante del messaggio salvifico cristiano».

Inoltre, l’educazione si caratterizza come un movimento pacificatore, che porta armonia e pace. Questo aspetto, già sottolineato in molti altri discorsi, qui viene considerato come una forza da alimentare contro la “egolatria” che genera non-pace, le fratture tra le generazioni, tra i popoli, tra le culture, tra il maschile e il femminile. L’educazione è una forza pacificatrice che rende capaci di comprendere che le diversità non ostacolano l’unità, ma sono indispensabili alla ricchezza della propria identità e di quella di tutti.

Un ultimo elemento tipico dell’educazione è quello di essere un movimento di squadra: esso cioè non è mai l’azione di una singola persona o istituzione. Papa Francesco chiarisce tale concetto citando la dichiarazione Gravissimum educationis, e le costituzioni apostoliche Ex corde Ecclesiae e Veritatis gaudium, rispettivamente per le università cattoliche e le facoltà ecclesiastiche. E’ il richiamo alla comunità educativa a cui sono chiamati i diversi soggetti a livello di scuole e di università, per formare la comunità autenticamente umana e animata dallo spirito cristiano, dove si viene aiutati a crescere e a maturare attraverso lo studio, la ricerca e tutte le altre attività e linguaggi formativi.

In sintesi, dinanzi alle molteplici sfide dell’educazione va riconosciuto il ruolo importante e indispensabile dei docenti, quali “artigiani” delle future generazioni. «Con il loro sapere, pazienza e dedizione trasmettono un modo di essere che si trasforma in ricchezza, non materiale, ma immateriale, creano l’uomo e la donna di domani. È una grande responsabilità». E per questo, nel nuovo patto educativo, «la funzione dei docenti, come agenti dell’educazione, deve essere riconosciuta e sostenuta con tutti i mezzi possibili»[13].


[1] Cf. Concilio Vaticano II, Dichiarazione Gravissimum educationis, Proemio e n.1.

[2] Cf. Benedetto XVI, Lettera enciclica Caritas in veritate n. 34.

[3] Ibid., n. 53.

[4] Concilio Vaticano II, Costituzione pastorale Gaudium et spes, n. 9.

[5] Papa Francesco, Lettera enciclica Laudato si’, 209.

[6] Ibid., 214.

[7] Ibid., 139.

[8] Ibid., 114. Questa espressione è ripresa anche nella Costituzione Apostolica Veritatis gaudium di Papa Francesco, circa le Università e le Facoltà ecclesiastiche, al Proemio n. 3.

[9] Papa Francesco, Ai partecipanti al Congresso Mondiale promosso dalla Congregazione per l’Educazione Cattolica, 21 novembre 2015.

[10] Si veda C. Bissoli- C. Nanni, Misericordiosi Educando. Sussidio per la riflessione e l’azione, Libreria Editrice Vaticana, Città del Vaticano 2016.

[11] Papa Francesco, Discorso alla Pontificia Università Lateranense, 31 ottobre 2019.

[12] Papa Francesco, Discorso ai partecipanti al Convegno sul tema “Education. The Global Compact”, organizzato dalla Pontificia Accademia delle Scienze Sociali, 7 febbraio 2020.

[13] Ibid.

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