La famiglia, le famiglie… l’amore!

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Il fatto che papa Francesco incentri il testo dell’esortazione post-sinodale non sulla famiglia ma sull’amore (fin dal titolo), e che lo faccia con la connotazione della letizia/gioia, la dice lunga.

Intanto ci mette tutti in guardia da un atteggiamento di giudizio verso chi famiglia non è ma vorrebbe esserlo. E proprio quei cristiani che hanno la grazia di vivere in pienezza la dimensione dell’amore sponsale, genitoriale e familiare sono i meglio attrezzati a comunicare e contagiare con quella letizia (bellezza, novità e faticosa gioia) che è per loro pane quotidiano.

Consapevoli che – al di là di tante belle e platoniche affermazioni, tra cui quelle di noi preti che, in materia, siamo tutt’al più “credenti non praticanti” – fare ed essere famiglia è sempre più ardua impresa, a cominciare dai tempi strapieni imposti dal lavoro e tante altre cose (vere o fittizie che siano) di cui “non si può fare a meno”, incluse le forche caudine dell’avere a che fare con le pubbliche amministrazioni (scuole, comuni, aziende USL, Equitalia e simili).

A misura di famiglia

Altra considerazione aggiuntiva sul versante ecclesiale: molti dei luoghi e programmi/orari non sono a misura di famiglia (come non sono a misura di giovani), inclusi l’apertura delle chiese e lo svolgimento delle celebrazioni.

Però le famiglie – almeno una parte – hanno voglia di tornare a incontrarsi, ne sentono il bisogno a partire dalle fatiche educative. Anche se nessuno possiede la panacea per i problemi e i guai della relazione con i figli, tuttavia i tentativi di risposte non possono non passare dall’incontro e dal confronto.

E anche noi preti abbiamo bisogno di “trovare famiglia”, di non fare i burocrati o gli zitelloni, di avere una visione più quotidiana e feriale delle nostre comunità, di condividere le fatiche e commuoverci alle gioie delle famiglie che ci sono, come sono…

Vorrei applicare a me e ai miei colleghi questi versi de “Il borgo”di Umberto Saba: “soffersi il desiderio dolce / e vano / d’immettere la mia dentro la calda / vita di tutti, / d’essere come tutti / gli uomini di tutti / i giorni. // La fede avere / di tutti, dire / parole, fare / cose che poi ciascuno intende, e sono, / come il vino ed il pane, / come i bimbi e le donne, / valori / di tutti.” Nella speranza che il desiderio dolce non resti vano!

Riprogrammare

In sostanza, si tratta di metterci all’opera per riprogrammare un po’ di cose con le famiglie oltre che per le famiglie, portandoci dietro la zavorra di chi chiede i sacramenti perché li deve ricevere, ma valorizzando chi li vuole celebrare ed è disponibile a farsi coinvolgere. Penso a quei genitori che non hanno battezzato i figli alla nascita e però si “riavvicinano” per la messa di prima comunione che gli stessi figli hanno chiesto; a quei fidanzati che hanno salutato la chiesa subito dopo la cresima (o anche prima) e però sono disponibili a mettersi in gioco per la preparazione al matrimonio. E tra questi un sempre maggior numero di conviventi, di conviventi con figli, di già sposati col rito civile.

È chiaro che non esistono più “autostrade pastorali su cui viaggiare col pilota automatico”: bisogna essere all’altezza delle richieste (distinguendole dalla pretese), flessibili, in qualche modo una “Chiesa liquida” per una società liquida (Bauman) e, proprio perché liquidi, tali da introdurci in spazi umani altrimenti soltanto fronteggiabili (per contrapposizione o giustapposizione, ma sempre restando estranei).

Naturalmente, la “liquidità” ha senso soltanto nella logica dell’incarnazione e mai come tattica, consapevoli che, per incarnarsi, bisogna abbassarsi e spogliarsi (è l’inno cristologico dei Filippesi, su cui Francesco tanto ha insistito a Firenze), convinti per fede che per questo Dio ci tirerà su…

Attenzioni pastorali

Intanto, un primo atteggiamento che possiamo/dobbiamo assumere in materia di famiglia è il discernimento comunitario sulla linea della conversione gioiosa consona a questi tempi giubilari ispirati alla misericordia. Butto giù un provvisorio elenco di attenzioni pastorali in proposito:

  • se la famiglia non è il fortino da difendere ma la buona notizia da annunciare, ne consegue – in linea con Evangelii gaudium e di nuovo col discorso di Francesco al convegno ecclesiale di Firenze – la necessità di sviluppare un’autentica sinodalità, che non può non passare attraverso la parola data ai laici (in primo luogo agli sposi) sul tema famiglia, che è loro specifica competenza e missione;
  • dare spessore (tempo e qualità) alle occasioni d’incontro con le famiglie, partire dal bisogno che molte di esse manifestano in tema di educazione dei figli, inclusi i sempre più frequenti SOS di adolescenti scoppiati, sballati, incasinati… e anche dal desiderio di confronto tra coppie nella quotidianità, dalla ricerca di momenti di preghiera e di celebrazioni liturgiche “a misura di famiglia”, come pure di una riscoperta del “fare festa”;
  • mostrare accoglienza e gratuità, unite a chiarezza e attenzione alle persone, in occasione dei percorsi legati ai sacramenti dell’iniziazione cristiana, in particolare battesimo e prima eucaristia; sapendo che continuiamo ad avere di fronte un certo numero di genitori con aspettative maldestre, soprattutto di stampo festaiolo, ma valorizzando sia la tensione educativa che l’approfondimento o la riscoperta della fede presente in molti di loro (a questo proposito c’è davvero bisogno di discernimento comunitario circa l’ammissione all’eucaristia di un numero sempre maggiore di genitori che ci è stato autorevolmente chiesto di non chiamare più “irregolari”);
  • a partire dai dati che riguardano la povertà di famiglie e minori in Europa (Rapporto Save the children, gennaio 2016), l’Italia risulta uno dei paesi in cui il 34% dei minori sono a rischio povertà ed esclusione sociale; il crollo degli standard di vita riguarda i consumi, la nutrizione, la salute e l’ambiente in cui i bambini si trovano a vivere; aspetto complementare è la carenza educativa, con lo scarso accesso a servizi di istruzione, sport, tempo libero ecc. (anche perché sono sempre di più quelli a pagamento). Sarà interessante confrontare questi aspetti di emarginazione/esclusione sociale con il grado di inserimento nei percorsi educativi e aggregativi delle parrocchie e associazioni cattoliche.
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