Carta dell’islam di Francia: il rifiuto delle associazioni turche

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Tre delle otto associazioni che compongono il Consiglio francese del culto musulmano (CFCM), hanno rifiutato, ad oggi, di firmare la Carta dei principi dell’islam di Francia presentata lunedì 18  gennaio all’Eliseo. Tra queste, due sono vicine alla Turchia. Samim Akgönül, direttore del dipartimento di studi turchi all’università di Strasburgo, analizza questo rifiuto.

  • Come comprendere il rifiuto del Comitato di coordinamento dei musulmani turchi di Francia (CCMTF) e di Milli Görus, due associazioni vicine alla Turchia facenti parte del  Consiglio Francese del culto musulmano (CFCM), di firmare la Carta dei principi dell’islam di Francia?

Uno dei dieci articoli di questa carta (il sesto per precisione) fa problema a certe federazioni: esso chiede ai firmatari di non fare promozione dell’islam politico, di non diffondere discorsi nazionalisti a difesa dei regimi stranieri e di finanziare i luoghi di culto senza ricorrere ai fondi stranieri.

Ora, una  delle tre associazioni che hanno rifiutato di firmare (Fede e pratica) è emanazione del movimento islamico del Tabligh, che la carta designa esplicitamente come una corrente dell’islam politico. Le altre due associazioni, turche, rivendicano anche loro un islam politico come presupposto. Sembra loro assurdo non fare politica o tagliare corto riguardo ai finanziamenti stranieri, perché questo fa parte della loro identità.

  • In cosa queste due federazioni sono le promotrici dell’islam politico e del nazionalismo turco?

Il CCMTF è un’associazione musulmana francese, ma fa parte della sezione francese del Ministero turco degli affari religiosi (Diyanet). Questa associazione sostiene la politica nazionalista e musulmana conservatrice del presidente Erdogan e dedica una grande parte delle sue attività all’educazione e alla politica. Parte dei suoi membri sono cittadini francesi ma il governo turco paga i suoi imam e i suoi locali.

Quanto a Milli Görus, si tratta pure di una rete islamica europea vicina al governo turco, in quanto il regime attuale proviene da questo movimento religioso, fondato nel 1969, molto conservatore e nazionalista. Riceve finanziamenti turchi indiretti, provenienti da fonti statali, e ha sviluppato scuole e gruppi di militanti politici in Francia.

Queste due federazioni hanno spiegato che avrebbero ‘’consultato la loro base’’ prima di prendere una decisione  definitiva a proposito della carta. Ma per ‘’base’’, bisogna soprattutto intendere ‘’Ankara’’.

  • Cosa rischiano il CCMTF e Milli Görus rifiutando di firmare questa carta?

Queste associazioni rischiano soprattutto una perdita di influenza. Ora Ankara usa l’islam per fare propaganda in Francia. Il governo chiede alle associazioni religiose di essere visibili davanti allo stato per diffondere un discorso nazionalista.

Da una decina di anni le associaizioni turche partecipano più attivamente al CFCM, prima questa istituzione era percepita prevalentemente come un qualcosa che riguardava la Francia e le sue vecchie colonie (in particolare Algeria e Marocco). Con l’arrivo al potere di Erdogan, e l’estensione della sfera di influenza della Turchia in Europa, Ankara ha totalmente cambiato strategia.

Anche se le persone di origine turca rappresentano una piccola parte dei musulmani in Francia (circa 500.000 persone), le associazioni turche sono molto rappresentate presso il CFMC; e dal 2013 fanno parte della presidenza di turno di questo ente. Esse sono ancora più presenti nei consigli regionali del culto musulmano (CRCM), ben inserite nella vita quotidiana dei musulmani, per esempio su questioni riguardanti i pellegrinaggi o le carni halal.

  • Queste due associazioni possono tornare sulle loro decisioni?

Penso di sì perché a mio avviso questo gesto di rifiuto è una presa di posizione simbolica, destinata a distinguerle dalle associazioni legate alle colonie del passato e considerate come più legate alla Francia.

L’articolo 6 della Carta fa temere la perdita di un legame, finanziario e politico, con l’amministrazione turca. Ma la Carta lascia posto all’interpretazione, poiché essa incoraggia il blocco dei finanziamenti stranieri, senza una vera proibizione.

La questione della formazione francese degli imam è ancora agli inizi e la Carta alza tropo l’asticella perché i suoi principi siano seguiti da effetti immediati. Si sa anche che è difficile non fare politica in materia di religione: per me è soprattutto il discorso nazionalista di queste federazioni che lo stato francese dovrebbe temere.

  • Ripreso da La Croix (20 gennaio). Traduzione di p. Giovanni Pross.
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