Oppositori di Putin: chi sono?

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L’incursione di «partigiani russi» nella regione di Belgorod, al confine con l’Ucraina, ha portato all’attenzione generale un fenomeno in realtà esistente da tempo. Sin dall’inizio dell’invasione dell’Ucraina, in Russia si sono verificati numerosi atti di resistenza, che vanno dai ripetuti sabotaggi di tratti ferroviari ad attacchi a colpi di molotov contro commissariati e centri di reclutamento. La maggior parte di queste azioni sono riconducibili a formazioni di ispirazione anarchica e anarco-comunista, come il BOAK, «Organizzazione di Combattimento Anarco-Comunista».

Sin dall’inizio della guerra, il BOAK collabora attivamente con analoghe formazioni in Ucraina e in Bielorussia. Le sue azioni sono sempre state dirette contro strutture e simboli del regime di Putin, evitando accuratamente il coinvolgimento di persone. L’operazione di Belgorod sembra rappresentare un salto di qualità da parte dell’opposizione armata russa, anche se non si hanno notizie attendibili né sulla dinamica, né sulle vittime.

Russia: verso una guerra civile?

Secondo l’esperto militare David Rossi, l’attacco rappresenta sia una sfida a Vladimir Putin e al suo ministro Shoigu, nonché l’inizio di una possibile guerra civile russa ed è interessante notare che concetti simili siano stati espressi dal leader della compagnia di mercenari «Wagner», Ilya Prighozyn, che è arrivato ad evocare lo spettro di una nuova Rivoluzione d’Ottobre.

Le parole di Prighozyn − accompagnate da durissime accuse contro la leadership militare russa − possono collocarsi nel quadro dello scontro sotterraneo − ma neanche tanto − che da alcuni mesi si manifesta fra la cerchia del Presidente russo ed esponenti della destra estrema, come Igor Girkin, i soli che possano continuare ad esprimere qualche opinione, visto che tutte le forme di opposizione democratica e di sinistra in Russia sono state soffocate dalla repressione del regime.

L’incursione di Belgorod parrebbe dare ragione a Prighozyn, anche se la sua portata militare è stata modesta, non più di qualche decina di chilometri di territorio e qualche piccolo villaggio “liberati” per poche ore. Tuttavia, sempre David Rossi, osserva che l’azione degli incursori ha dimostrato la debolezza e la fragilità delle linee difensive approntate dai Russi in vista della ripetutamente annunciata controffensiva ucraina.

Rossi mette in luce la facilità con cui gli incursori hanno travolto la linea di difesa russa in pochissimo tempo:

«Dallo scorso ottobre i russi si sono dedicati alla costruzione della così detta “linea Wagner” binari infiniti di blocchi di cemento di forma piramidale installati in Crimea, nel Donbass, parecchi chilometri alle spalle della prima linea, implicitamente anticipando lo sfondamento del fronte da parte delle truppe di Kiev, oltre che nelle regioni russe attorno all’Ucraina nord-orientale, a una distanza che fino a pochi giorni fa avremmo ritenuto fin troppo prudenziale. Questo sistema di difesa, secondo le testimonianze, ha retto per meno di un minuto all’attacco a sorpresa di un contingente ben organizzato ma numericamente piccolo: meno di sessanta secondi, ossia il tempo necessario ai veicoli pesanti − attrezzati come dei rudimentali bulldozer − a spingere da parte i “denti di drago”. Nelle ore successive alcuni video occidentali hanno dimostrato come un carro armato Challenger 2 può togliere di mezzo tali blocchi di cemento quasi senza sforzo».

L’operazione, inoltre, avrebbe confermato come il Cremlino sia a corto di soldati, dato che sarebbe stato sufficiente qualche migliaio di uomini bene armati e addestrati per sterminare gli incursori, che, invece, avrebbero potuto spingersi ancora più in profondità nel territorio russo. Insomma, l’incursione dei ribelli anti-Putin potrebbe essere vista come una sorta di prova generale della controffensiva vera e propria da parte dell’esercito regolare ucraino[1].

Oscure trame

In attesa di vedere quali saranno gli sviluppi sul terreno, mentre continuano incessantemente i bombardamenti russi sulle città ucraine, si cerca di capire quali siano la natura e la reale consistenza dell’opposizione armata russa. A dirci qualcosa in proposito è l’ex parlamentare russo Ilya Ponomarev − l’unico membro della Duma a votare contro l’annessione della Crimea − in esilio dal 2016 e dal 2019 rifugiato a Kiev.

Il nome di Ponomarev acquistò una certa rilevanza la scorsa estate, quando rivendicò al cosiddetto Esercito Nazionale Repubblicano l’attentato costato la vita a Darja Dugina, propagandista ultranazionalista russa, figlia di Alexander Dugin, il vero obiettivo dell’attentato. All’epoca, Ponomarev non venne preso molto sul serio, ma ora è lui che parla a nome dei gruppi armati che hanno condotto l’incursione a Belgorod e che sarebbero la Legione per la Libertà della Russia (guidata da lui stesso) e il Corpo dei Volontari Russi, il cui leader è Denis Kapustin, conosciuto come «Nikitin», personaggio ben noto alle polizie ed ai servizi segreti occidentali come estremista dichiaratamente neonazista.

Ponomarev non appare per nulla imbarazzato da questa ingombrante compagnia, anzi: pur dichiarandosi un liberal-democratico, afferma che i combattenti del Corpo dei Volontari russi sono «fratelli in armi» e che, in futuro, sarà il popolo russo a decidere da chi essere governato, attraverso libere elezioni.

Difficile distinguere quanto nelle parole di Ponomarev ci sia di vero e quanto di propagandistico. Gli stessi oppositori russi di Ponomarev in Italia, con le formazioni armate, non parlano, almeno pubblicamente, e i governi occidentali − nonostante le dichiarazioni del Cremlino − non sembrano affatto ben disposti verso il personaggio, da molti ritenuto un millantatore.

In questa guerra − come in tutte − diradare le nebbie dell’informazione è molto arduo. Per avere le idee più chiare, non resta che seguire gli eventi, sul campo di battaglia e nei corridoi della diplomazia.


[1] Cf. «Attacco a Belgorod, l’esperto: “Sfida a Putin, segnale di una guerra civile russa?”» (qui dal sito della Adnkronos, 26 maggio 2023).

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