A Trump un “no” deciso e corale

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Alla guida dei popoli servono uomini delicati

Il rustico atto con cui Donald Trump ha operato il suo strappo sull’accordo di Parigi, di portata planetaria, riguardante il clima è di una gravità tale da meritare un coro, a più voci, deciso e fermo da parte di tutti in soggetti che abitano la “tenda planetaria”.

Crescono la preoccupazione e l’irritazione sulle intraprese di Trump mostrate, di mano in mano, con le sue decretazioni che ostenta, compiaciuto, con la sua firma in calce…

Premesso che occorre guardare anzitutto ai fatti di casa propria, non si evita però la domanda circa le ricadute sicure o possibili che atti e decisioni che sanno d’arroganza, d’incompetenza, di avventatezza, di visione miope delle cose riguardante le “cose del mondo” che, nell’interconnessione delle sorti dei popoli simili atti pongono…

Davvero non pare che la saggezza sia sovrabbondante negli atti che il neo-inquilino della Casa Bianca va prendendo in modo autonomo, senza la giusta sintonia con altri soggetti mondiali alla guida dei popoli e delle nazioni.

Tante sono le strade per le quali passa la questione ecologica, ma la più importante (o una delle più importanti) è certamente la via educativa. Su questo, anche in orizzonte teologico, s’intende qui tracciare delle linee educativa circa il dovere ecologico. Tutti i cristiani dovrebbero essere in prima fila nel motivare la cultura “verde”. Riflettiamo sul dovere ecologico che tutti abbiamo. A questo richiama l’impegnata enciclica di papa Bergoglio Laudato si’ (24 maggio 2015).

strappo sull’accordo di Parigi

Educare a salvaguardare il bene della natura

La prima affermazione al riguardo è quella di ampliare il raggio della bellezza educativa. L’educazione alla bellezza non distrae dalle grandi educazioni (religiosa, morale, civile, politica), ma le facilita e in esse si risolve.

Ogni educazione al bello realizza una scuola di libertà, di eticità, di politicità;[1] è questo un buon motivo per augurarsi che le prospettive pedagogiche di oggi vadano nella direzione di un’educazione estetica in grado di animare quella “armonia interiore”, a cui le Lettere sull’educazione estetica dell’uomo di Schiller fanno costante e precisa allusione.[2]

Una cultura estetica è destinata a saldarsi alla cultura pedagogica per un movimento interno: non ha bisogno di dimostrazione che l’opera educativa sia destinata alla rimozione o all’attenuazione del brutto e alla generazione e maturazione del bello.

Così pure, l’idea di bellezza s’avvicina sempre di più al discorso etico e con esso si coniuga in modo sempre più stretto.

L’interno rapporto tra bellezza ed etica va riscoprendo sempre di più la sua naturalezza e la credibilità assicurata dal fatto che, per secoli, è stato considerato inscindibile; cosicché con ragione si può ritenere che solo l’educazione estetica è in grado di mediare il passaggio dall’uomo fisico all’uomo morale.[3]

Educare alla giustizia ambientale

La profonda mutazione in atto che investe i significati e le pratiche dell’i­dea di democrazia tocca da vicino anche la sfera ambien­tale.

Dal versante pratico e operativo, la giustizia ambientale ha acquisto subito un grande merito, nonostante la sua non lunga esistenza: ha di fatto aperto ad una riflessione, sempre più seria e competente, sull’ambiente come il luogo in cui i diritti umani fondamentali trovano e sono destinati a inverare la propria verità o a vedervi accadere la loro rovina.

I singoli, i gruppi umani o le popolazioni che sono state minacciate sono schierati a difesa dell’ambiente, contro lo sfrutta­mento e la distruzione delle risorse nei paesi emergenti: molte tra le più evidenti forme di ingiustizia umana sono colle­gate a problemi ambientali.

Educare alla bellezza ambientale

Sostieni SettimanaNews.itIl tema della bellezza ambientale non è anzitutto questione affidata alle istituzioni, agli uomini d’industria e della finanza, agli scienziati, ai cultori solo politici del problema ecologico e nemmeno agli esperti di etica. Questo tema è in affidamento innanzitutto alla poesia, che è segno della profonda sensibilità per prendersi cura della natura; della filosofia, che offre le ragioni prime per deporre approcci indelicati, errati e distruttori nei confronti della natura; della religione, che sa inquadrare, come il cristianesimo, la natura in un’ottica trascendente, motivando un rispetto ancora più solido per essa.[4]

Educare alla meraviglia e allo stupore (di cui s’è parlato sopra) è anche l’esercizio necessario per creare una coscienza ecologica adatta nelle nuove generazioni. Compito di un insegnamento filosofico ben mirato potrebbe operare un’importante operazione di sgombro, eliminando alcuni pre-orientamenti sbagliati o stereotipi nei confronti della natura.

A quest’opera di decostruzione va sottoposta, ad esempio, quella che viene chiamata l’«epistemologia del dominio»:[5] si tratta di una delle cause tipicamente moderne del guasto ecologico.[6] Questa causa, per la sua natura teoretica e speculativa, potrebbe apparire astratta e la meno grave, invece è proprio nella sua natura teoretica che nasconde la sua insidiosità peggiore.

“Fraternità sociale” e “fraternità ecologica”

La bellezza non è solo una sorpresa di natura e di grazia, ma anche il frutto di un impegno d’amore. La bellezza può essere voluta e praticata amando; perciò può essere oggetto e forma dell’opera educativa: anche la bellezza è assumibile responsabilmente.

In questa maniera la bellezza acquista per i cristiani la natura e la forma della fraternità che, per essere ampia e completa, deve esprimersi nell’amore all’uomo e alla creazione recuperando due grandi appartenenze: quella alla famiglia del “genere umano” e quella all’alleanza creaturale con tutti gli esseri viventi e anche con le cose.

La bellezza prende pertanto la forma della fraternità sociale e della fraternità ecologica.

La prima chiede d’essere solidali con tutti gli uomini con la preferenza legittima e doverosa di dare amore speciale a quelli che hanno più bisogno (poveri, malati, diseredati, deboli, indifesi, bisognosi di ogni genere di beni).

La seconda esige di trattare la natura con responsabilità alta perché i cristiani hanno motivi speciali per trattarla così, cioè con verità, delicatezza e amore: è la loro “sorella minore” che Dio ha affidato agli uomini perché la conducessero alla realizzazione di sé (ossia alla salvezza…): nel rispetto della sua verità protologica (è creatura che ha la sua origine da Dio, è uscita come noi dalla sua stessa mano creatrice), essa deve poter raggiungere la sua verità escatologica (è creatura destinata alla gloria): «La donna, quando partorisce, è afflitta, perché è giunta la sua ora; ma, quando ha dato alla luce il bambino, non si ricorda più dell’afflizione per la gioia che è venuto al mondo un uomo» (Gv 16,21).


[1] Cf. M. Gennari, L’educazione estetica, Bompiani, Milano 1994. F. Schiller, Lettere sull’educazione estetica dell’uomo. Callia o della bellezza, passim.
[3] Cf. L. Pereyson, Estetica. Teoria della formatività, Milano 1954.
[4] Indubbiamente la riflessione etica sul problema ecologico è un germe fecondissimo di cultura ecologica, poiché, la morale sempre, mirando a formare l’homo eticus oltre che a trovare soluzioni “buone” per i vari problemi che si pongono, alla fine non può non contribuire a creare una determinata mentalità, un orizzonte valoriale e perfino una speciale psicologia attenta alla natura e ai suoi diritti.
[5] Cf. M. Tallacchini, Dall’ambiente dei valori all’ambiente della partecipazione, in Aa.Vv., Etica pubblica ed ecologia, a cura di Gian Luigi Brera, Padova 2005, pp. 11-127.
[6] Per guasto ecologico s’intende, per solito, inquinamento, sovrappopolazione, conservazione delle risorse, preservazione delle zo­ne selvagge (cf. J. Passmore, La nostra responsabilità per la natura, Feltrinelli, Milano 1986).

 

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