Dopo lunga malattia è morto, il Sabato Santo, Werner Tzscheetzsch – ordinario di pedagogia della religione e catechetica alla Facoltà cattolica di teologia dell’Università di Freiburg dal 1995 al 2009 – anno in cui ha rimesso la sua venia legendi ecclesiastica nelle mani dell’arcivescovo R. Zollitsch perché sentiva di “non poter e voler più corrispondere alle attese della Chiesa da parte di un docente accademico”.
Un gesto di schietta onestà, come era nelle sue affabili corde – e anche di fedeltà al Vangelo e alla missione accademica così come è venuto a interpretarla nel corso degli anni. Nella sua disciplina ha lasciato sicuramente una traccia significativa nel mondo accademico di lingua tedesca, “che perde un collega altamente stimato che fu capace, con estrema competenza, di motivare e portare avanti la ricerca a diversi livelli linguistici e nel quadro complesso dei sistemi di comunicazione” (A. Biesinger).
Non particolarmente noto nel mondo italiano della catechesi, era invece estremamente interessato sia al movimento catechetico italiano del post-concilio sia alle forme di insegnamento della religione nelle scuole pubbliche in Italia. I suoi primi anni di presenza in Facoltà a Freiburg hanno coinciso con il tempo del mio lavoro di dottorato con il prof. Verweyen. Anni in cui ho avuto l’occasione di conoscere Werner Tzscheetzsch sia come docente curioso, mai banale, appassionato per la generazioni più giovani e per il loro rapporto con la fede cristiana e la Chiesa; sia come persona estremamente amabile, sincera, mai paga di assestarsi su posizioni di comodo.
Una di quelle figure belle che rendono umanamente più ricco il mondo dell’accademia, che trasmettono passione critica nell’impresa teologica e pastorale. Figure come queste sono abbastanza rare, soprattutto negli eteri corridoi di una facoltà teologica tedesca – averlo conosciuto è stato un piacere, essermi confrontato con lui più volte (anche in sede di esame finale di dottorato) uno stimolo. La sua morte risveglia una gratitudine che la routine della vita e i diversi percorsi personali avevano indebitamente affievolito.
Accanto alla famiglia, agli amici e ai suoi allievi e allieve, sarebbe la Chiesa tedesca tutta che dovrebbe essere oggi capace di una parola di sincero e affettuoso ricordo verso di lui.
Grazie, prof. Neri, per questo efficace ritratto dell’amico Werner. Ho avuto la fortuna di incontrarlo più volte, durante gli anni ’90, nei periodici incontri di studio del Forum europeo dell’insegnamento della religione. Affabile, disponibile, lucido. Un animo quasi latino, e molto meno teutonico di altri suoi colleghi. Eppure sempre preciso e incisivo nei suoi interventi come professionista della disciplina pedagogia della religione. Ignoravo le ragioni delle sue dimissioni, ma non sono lontano dal credere che volesse continuare a “pensare a mente lucida e a schiena dritta”, anche di fronte alle opacità delle istituzioni. Quelle ecclesiastiche comprese. Riposa in pace, caro Werner.