Eutanasia a un minore: e poi?

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Già due anni fa la legge sull’eutanasia è stata allargata. Benché in prima istanza, anni fa, quando si approvava la legge per gli adulti, si fosse promesso che non si sarebbe dilatata la legge, ma, sotto la pressione di certi partiti politici, è quanto accaduto.

Questo lo rimproveriamo come Chiesa al governo. Sia chiaro che noi come cristiani ci preoccupiamo della sofferenza di tutti e la teniamo al centro della nostra attenzione. In questo caso la sofferenza del giovane e dei suoi genitori. Ma questo non vuol dire che possiamo varcare ogni limite. Questo è accaduto adesso, il limite è stato rimosso. Non possiamo approvare, né come vescovi né come cristiani, che si ceda su tutto sotto pressione politica. Il tutto è riconducibile all’ossessione di eliminare ogni argomento di tipo religioso, perché la religione deve essere “respinta nell’ambito privato” senza riconoscere il suo posto nellìambito sociale e pubblico come per esempio nelle scuole e ospedali.

Come conferenza episcopale non abbiamo reagito a questo fatto nuovo, perché la posizione della Chiesa è stato espressa più volte. La legge dice unicamente che «chi pratica eutanasia, alle dovute condizioni e attesi i permessi medici, non cade sotto la legge penale». Ma nell’opinione pubblica e nei media il dettato di legge viene presentato come legalizzazione dell’eutanasia, la quale è possibile, e perfino raccomandabile in certi casi.

Sì alimenta così la mentalità che chi non produce non è utile, costa molto e soffre inutilmente. Si sceglie dunque per il metodo rapido, dolce e non ci si preoccupa del trauma che molti soffrono dopo.

Il fatto dell’eutanasia su minori è un caso serio; è il primo dopo due anni dell’approvazione della legge. Ora si andrà scivolando. È stato superato un limite e tutto lascia prevedere che si vada verso un ampliamento  della mentalità permissiva. È piuttosto questo che fa soffrire la gente onesta e dal cuore retto. Non meraviglia che anche internazionalmente si sia registrata una forte reazione a questo episodio. Peccato che il Belgio diventi campione nella prassi di morte anziché investire sul dolore delle persone. La Chiesa si pone al fianco del sofferente, lo accompagna con affetto e tenerezza fino all’ultimo respiro, cosciente che chi soffre ha piuttosto bisogno di sentirsi amato.

* Luc Van Looy, salesiano, è vescovo di Gent.

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