
Chissà se esiste ancora qualcuno che nega la crisi climatica? Questa era la domanda che mi frullava in testa qualche notte fa mentre cercavo di prendere sonno in una stanza, peraltro relativamente fresca ma priva di sistemi di condizionamento, nella quale vivo da oltre 75 anni.
Gli scienziati del clima ci informano che stiamo inanellando, mese dopo mese, una serie infinita di nuovi record di temperatura. Sono molti giorni che in pianura Padana stiamo vivendo notti più che tropicali – sopra i 25°C –, mentre le città si spopolano nelle ore diurne. Domenica pomeriggio, nelle vie della periferia di Bologna, sembrava di essere tornati al tempo del Covid. Intanto, in 13 Regioni sono state emanate ordinanze per bloccare o limitare i lavori all’aperto nelle ore più calde: non ho memoria di simili interventi in anni passati!
Poi, questa mattina, alla televisione, l’ennesima immagine di eventi estremi: il torrente Frejus che travolge i ponti a Bardonecchia portando pure lutti, oltre a devastazioni, crolli e frane su in montagna. Il commento giornalistico ipotizza il fenomeno della fusione del permafrost. Temperature da record sono registrate in tutta Europa (a Siviglia, 45°C). Sempre in TV le notizie – sembrerebbero episodiche! – di morti improvvise per il gran caldo, presentate come eventi nefasti, circoscritti. Ma quando si faranno calcoli statistici sull’eccesso di mortalità in tutto il nostro Paese in questo periodo, si scoprirà che sono tante le persone fragili che se ne sono andate!
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Ho pensato, dunque: finalmente tutti avranno capito che il tempo sta scadendo, che si deve smettere di bruciare combustibili fossili e bisogna correre con le energie rinnovabili. Nel mondo c’è chi lo sta facendo: in Cina, nel solo mese di maggio 2025, sono stati installati 93 GW di fotovoltaico.
Ora, facciamo pure differenze in termini di popolazione. Per chi non è abituato a leggere con queste unità di misura, ricordo che in Italia, in tutto l’anno 2024, sono stati installati 6,8 GW di potenza fotovoltaica; i 93 GW installati in Cina in un solo mese significano, all’incirca, un nuovo pannello fotovoltaico installato ogni secondo.
Forse anche in Italia staranno scomparendo i negazionisti ed anche coloro che, pur ammettendo la crisi climatica, si rifiutano di collegarla alle origini antropiche! Certamente restano i professionisti del «ma», i più pericolosi ed i più difficili da convincere: sono spesso gli «ambientalisti più duri e puri», coloro che contemplano la crisi climatica la necessità del cambiamento, «ma» non vogliono l’installazione delle nuove tecnologie, magari accusando – anche le persone di scienza e i tecnici della transizione – di esserne promotori per interessi e ideologia.
Certo: chi non preferisce ammirare, specie in questa stagione, un colorato campo di girasoli rispetto ad un impianto fotovoltaico a terra? Consideriamo le ragioni paesaggistiche. Consideriamo che c’è chi preferisce coltivare lo stesso terreno a girasoli per farne biocarburanti. Ma ragioniamo: il campo coltivato per i biocarburanti produce un’inezia di energia rispetto a quella che può derivare da un impianto fotovoltaico che «insegue» i raggi solari. Siamo a differenze dell’ordine di oltre 100 volte.
In Olanda mi è capitato di vedere una torre eolica a fianco ad un mulino a vento, a dimostrazione della intelligenza di una popolazione che ha capito che è bene prendere il meglio della scienza e della tecnologia per migliorare le condizioni di vita. E in Italia?
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«Duri e puri» sono coloro che si ostinano a mantenere le centrali a carbone in Sardegna pur di non vedere torri eoliche a 13 miglia e più dalla costa o sulle montagne dell’interno, perché «non possiamo deturpare il paesaggio».
Le energie rinnovabili potrebbero fare della Sardegna la prima regione italiana carbon free, e invece gli «obiettori» condannano la Sardegna all’ultimo posto tra le Regioni Italiane virtuose nel ridurre la produzione di gas climalteranti. In un’Italia in cui, nel 2022, ogni abitante ha prodotto, in media, circa 7 tonnellate di CO2eq, la Campania guida la classifica dei virtuosi davanti a Lazio e Marche con valori inferiori a 4 tCO2eq, mentre la Sardegna è maglia nera con quasi 12 tCO2eq, dopo la Basilicata, altra regione petrolifera.
Ma, evidentemente, la colpa non è solo dei cittadini. La politica – ed in questo caso anche quella di sinistra – fa a gara nel rincorrere il consenso negando la realtà e assecondando la pancia dei promotori delle obiezioni. Così in Sardegna è stata approvata la costruzione di due grandi rigassificatori, dando soddisfazione a Trump che vuole venderci il suo gas a prezzi insostenibili, con la creazione di una dorsale di grossi tubi per portare il gas in giro per tutta la Regione.
Sono opere che costano miliardi – si stimano almeno 2,5 miliardi di euro, destinati certamente a crescere – proprio nel momento in cui il gas dovrebbe essere dismesso: difficile trovare nei fatti un senso che non sia quello di favorire l’interesse di pochi ricchi che traggono profitti dagli investimenti nelle grandi compagnie energetiche, mentre ci sono tanti normali cittadini che potrebbero trovare lavoro nell’implementazione diffusa di energie rinnovabili, oltre che risparmio sulle bollette.

Ora – dopo le notizie sulle sciagure climatiche – il TG passa alle tragedie della guerra, delle guerre, ponendo enfasi sulle dichiarazioni dei vari potenti del mondo che letteralmente giocano sulla pelle dei poveretti: centinaia di migliaia, milioni di bambini, donne, uomini.
È quasi impossibile calcolare l’impatto di una guerra sulla produzione di CO2 e sul cambiamento climatico. È, peraltro, poca cosa rispetto alla perdita delle vite umane. Va colto, tuttavia, il nesso e la propagazione tra le tragedie.
Occorrerebbe stimare il costo ecologico della produzione e utilizzo delle armi e del consumo di carburanti, quindi sommarlo al costo delle ricostruzioni, se e quando saranno. Ma sarebbe necessaria anche una stima della riduzione di CO2 per il crollo di tante attività economiche, del sistema di welfare, dell’agricoltura dei territori.
Quanto costerebbe ricostruire una Ucraina o una Striscia di Gaza abitabili? Chiudiamo per un attimo gli occhi e proviamo ad immaginare di vivere in quegli scenari? Non è ciò che vogliamo. Non abbiamo ancora capito che stiamo vivendo gli ultimi bagliori di una civiltà al tramonto?
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Siamo di gran lunga più coinvolti in queste guerre di quanto la politica voglia farci immaginare. Ne siamo immersi fino al collo. Finiremo per distruggere un sistema di welfare del quale tutto il mondo occidentale ha goduto, per produrre e comprare armi, ma per farne cosa? La deterrenza? Perché lo facciamo, se non pensando ad un futuro nel quale potremmo essere chiamati ad usarle? Pensiamo ai nostri figli o nipoti che debbono partire per un fronte, quale che sia?
Dove è il fronte, se non sulla nostra testa – vista la guerra dall’alto con i droni – o dentro la nostra testa? Continuiamo pure ad armarci, per la «deterrenza», ma prima o poi a qualcuno verrà in mente di usare quelle armi!
Intanto saltano convenzioni che erano state faticosamente raggiunte: è di pochi giorni la notizia che l’Ucraina si è ritirata dalla convenzione per la messa al bando delle mine antiuomo, una delle armi più micidiali ed aberranti che il genere umano abbia concepito. Ci prepariamo a mettere in pista altri ordigni di morte!
La spesa militare globale ha raggiunto la cifra astronomica di 2.718 miliardi di dollari nel 2024, in aumento del 9% rispetto all’anno precedente, come avviene da ormai 10 anni dalla fine della guerra fredda (Fonte SIPRI). L’aumento della spesa va di pari passo con l’aumento dei conflitti (da Uppsala Conflict Data program), delle vittime (dati ONU) e dei rifugiati (dati UNCR), espressioni di una crisi globale della quale la crisi climatica è un aspetto integrato. Mentre la transizione energetica verso le energie rinnovabili nella cooperazione tra i popoli e gli Stati sarebbe l’unica alternativa sensata per sopravvivere.
Ci sentiamo oggi più sicuri sapendo che l’Europa investirà, in 10 anni, una cifra inimmaginabile per riarmarsi? Abbiamo mai pensato se e quanto ci sentissimo protetti dall’ombrello NATO?
Il Governo spergiura che per fare questo investimento non un solo euro verrà tolto al welfare: mente sapendo di mentire! Occorrerà trasferire almeno 100 miliardi da altri capitoli di spesa agli armamenti per raggiungere il risultato di una spesa militare al 5% entro il 2035. Verranno presi dalle tasche dei nostri figli, aumentando un debito che sta diventando tanto grande da non dover più essere considerato, perché a breve cadrà come un castello di carta, insieme alle nostre pensioni di anzianità ed ai progetti di futuro dei giovani.
Atro che riproporre il detto latino si vis pacem, para bellum come affermato con grande enfasi dalla nostra Presidente del Consiglio! «Si vis pacem, para pacem» o, meglio, come affermava padre Ernesto Balducci, «l’uomo del futuro o sarà uomo di pace [e di cooperazione, aggiungo io], o semplicemente non sarà».
Siamo nel pieno della crisi globale di cui ci ha ammonito Francesco nella Laudato si’ 10 anni fa: ci ha esortato a darci una mossa, qualche anno dopo, con la esortazione apostolica Laudate Deum; e poi con la Fratelli tutti.
Mentre il mondo che conosciamo è reso rovente dal fuoco della temperatura – di cui siamo tutti responsabili – e dalle guerre, ricordiamoci sempre che questa Terra continuerà a volteggiare sublime attorno al Sole, senza alcuna differenza per il fatto che sopra vi sia o non vi sia quanto noi chiamiamo genere umano.






Oggi fa caldo, domani fa freddo, dopodomani chissà. Non è questione di “negare” è questione di ammettere che non c’è nulla di davvero “dimostrato”. L’umanità, polvere nel firmamento, potrà essere causa dell’inquinamento ma nel (cosiddetto) “cambiamento climatico” resta quello che è sempre stata: irrilevante.
Lei dice che non si sa niente, però è sicuro che il contributo umano sia irrilevante.
Vedo un po’ di contraddizioni (e molta ignoranza su quello che molti scienziati stanno vedendo e stanno dimostrando)
Ho semplicemente detto che non vi è nulla di dimostrato. Dunque nessuna contraddizione. Lei dice che gli scienziati “stanno dimostrando” ma sono solo due parole vuote. Almeno senza una dimostrazione. A tal proposito ricordo bene che, al secondo anno di Ingegneria, fui costretto ad imparare passo-passo 29 dimostrazioni matematiche per l’esame di Analisi due. Ciascuna dimostrazione riempiva dalle 2 alle 4 facciate di un foglio protocollo. Ebbene quelle erano (e sono) “dimostrazioni” inoppugnabili. La vera ignoranza, mi permetta, è credere che chi ha i finanziamenti (cosiddetti green) proporzionali agli allarmi sul clima che egli stesso lancia non possa far dire ai dati quello che più gli conviene.
Scusi, ma pensa veramente che chi so occupa della scienze del clima (e di tutte le discipline annesse) non cerchi di dimostrare le cose in modo logico e rigoroso, provandolo anche con i dati raccolti e costruendo modelli solidi? E migliorando costantemente i modelli esistenti?
Letteralmente la gran parte dei rapporti IPCC sono costituiti da modelli che mostrano vari futuri possibili e sono costantemente migliorati.
Comunque vedo che lei è ingegnere, e capisco tanto…
Dopo la tragedia in Texas avete forse sentito Trump parlare di cambiamento climatico? Si parla solo di tragedia come se una cosa così potesse capitare per caso. Trump è un dramma spaventoso. Distruggerà gli USA e distruggerà noi.
Al contrario Trump sta attaccando i meteorologi, da lui sguarniti di personale e dati, per dimostrare che è colpa loro. La zona del Texas colpita è molto bella perché ricca di verde e di acque, ma nota per la sua pericolosità in caso di piogge forti a monte. Quel che è mancato non è affatto l’allerta meteo ma uno straccio di organizzazione a valle dell’allerta a carico delle autorità locali, tutti Maga, e degli organizzatori del campeggio femminile.
Quindi mi pare di capire che anche lei la reputa una cosa normale avvenuta in un contesto di scarso controllo. Ascoltando i texani intervistati in TV nessuno a memoria ricordava una cosa simile. Evidentemente non è stata una cosa comune.