“Mettersi in mezzo”: il Giubileo della speranza in Ucraina

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Saremo in 110 a partire per l’Ucraina mercoledì prossimo 1 ottobre per il Giubileo della speranza con il Movimento Europeo di Azione Nonviolenta (sostenuto da Azione Cattolica, Mo-Vi, Agesci, Masci, Acli, Anci, New Humanity, Gariwo, Sale della Terra, Progetto Sud e Base) che agisce sempre in collaborazione con la società civile ucraina.

Ci troveremo a Cracovia da dove partiremo insieme per la frontiera con l’Ucraina,  per raggiungere Kyiv la mattina successiva. A Kyiv incontreremo il Nunzio Apostolico mons. Visvaldas Kulbokas (ambasciatore della Santa Sede in Ucraina), incontreremo poi il vescovo di Kyiv e celebreremo (chi del Movimento è credente) il giubileo con lui e con la sua diocesi.

Partiremo poi di nuovo per Kharkhiv, dove faremo visita al cimitero e alle cattedrali giubilari, incontreremo (divisi in tre gruppi) esponenti delle amministrazioni locali, associazioni di studenti universitari, associazioni ecclesiali, artistiche e sportive e di imprenditori. Questo programma, naturalmente, potrà subire variazioni in qualunque momento, in relazione alle condizioni di sicurezza imposte dalla legge marziale vigente sul territorio.

Il Comitato Olimpico ucraino ci renderà partecipi delle attività sportive dei suoi atleti (che si svolgono per lo più, ormai, negli spazi della metroolitana), gli studenti hanno allestito per noi uno spettacolo teatrale in università e il maestro Juri Yanko, direttore artistico e musicale della filarmonica nazionale di Kharkhiv, ha pensato a un concerto in nostro onore, con cui vorrebbe riaprire il Tearo  dell’Opéra di Kharkhiv (ma pronto anche a servirsi di ambienti sotterranei autorizzati per la sicurezza).

Il 5 ottobre rientreremo in Italia, sempre attraverso la Polonia.

Ponti di speranza

Questa accoglienza così calorosa ci fa sentire attesi, ci fa capire che, più ancora di quel che possiamo (o non possiamo) fare per la popolazione in guerra, è per loro importante che ci siamo, che ci rendiamo vicini, che costruiamo e percorriamo insieme ponti di speranza.

Le parole di Angelo Moretti, portavoce di MEAN, riassumono i tre obiettivi del Giubileo della Speranza, religioso, culturale e politico:

Crediamo che la speranza non sia una vana attesa dei tempi migliori, ma uno sforzo fisico che si fonda sulle gambe dei pacificatori e che al tempo stesso le supera. Andiamo perché o si è fratelli o non si è comunità internazionale, preghiamo perché, pur non conoscendo le risposte, non ci sottraiamo alle domande che sentiamo essere rivolte anche a noi, che siamo ipoteticamente al di fuori del perimetro delle guerre in corso.

(…) Insieme alla società civile ucraina, ai suoi uomini e donne di fede, alle sue università, pregheremo, discuteremo, negozieremo e, soprattutto, uniremo lo sguardo verso l’altro e verso l’alto, con una semplice convinzione: la violenza non prevarrà. Può vincere per un po’, ma non può cambiare il destino dei popoli per sempre. Sono la cooperazione e l’amicizia dei popoli che hanno fatto progredire il mondo, e noi vogliamo esserci ora in questo progresso, non domani.

Insieme chiederemo ancora una volta che l’Europa convochi una seconda Conferenza europea dei cittadini sulla “pace e la sicurezza nel mondo” (la prima fu convocata per iniziativa del Presidente del Parlamento Europeo David Sassoli nel 2021) e istituisca i suoi Corpi civili di pace (già previsti nel Patto civile PSDC, Politica di Sicurezza e Difesa Comune, dell’Unione Europea), perché non debba mai più accadere che resti ferma di fronte alle ingiustizie o che si limiti a erogare sanzioni economiche e inviare armi.

Il sogno europeo è fatto di popoli che resistono e che si incontrano per far avanzare la pace, e quel sogno oggi va difeso più di ieri, con più convinzione, con più società civile presente dove soffia la guerra.

Perché abbiamo deciso di partecipare

Perché sentiamo con forza che è tempo di “mettersi in mezzo”, che è il contrario di “starne fuori”, e crediamo di poterlo fare anche per chi non lo può fare.

Mettersi in mezzo ha un significato insieme religioso, civile e politico: il card. Martini usava il termine latino inter-cedere, don Milani diceva I care, e oggi, in un tempo di debolezza della politica e delle istituzioni, spetta anche alla società civile di essere forza di interposizione pacifica nelle situazioni di conflitto.

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Un commento

  1. Giuseppe 30 settembre 2025

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