
Il Dicastero per la dottrina della fede ha reso pubblico il 4 novembre 2025 la Nota dottrinale «Mater Populi Fidelis» (cf. qui su SettimanaNews), dedicata ad alcuni titoli mariani legati alla cooperazione di Maria nell’opera della salvezza. Il testo, firmato dal papa, ha valore magisteriale e conclude un lungo percorso di studio, sviluppato per decenni all’interno del Dicastero fin dai tempi del card. Ratzinger.
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Il documento affronta in particolare il tema delicato dei titoli mariani, in particolare quelli che hanno generato discussioni e confusione nei fedeli, come ad esempio «Corredentrice» e «Comediatrice». Negli ultimi decenni, infatti, sono sorti diversi gruppi, movimenti e pubblicazioni che, spinti da un autentico amore per Maria, hanno proposto nuovi titoli o hanno amplificato quelli già esistenti, soprattutto attraverso il web. Tali iniziative, però, pur animate da buona fede, rischiano talvolta di alterare l’equilibrio dei misteri cristiani o di introdurre un linguaggio non sufficientemente radicato nella Scrittura e nella Tradizione. Per questo la Nota dottrinale ritiene necessario un chiarimento autorevole.
Il Dicastero sottolinea che l’uso di questi titoli deve sempre essere interpretato alla luce della Parola di Dio, che afferma con forza l’unicità assoluta della mediazione salvifica di Cristo. Due testi biblici, indicati come imprescindibili e da leggersi “sine glossa” (cioè senza attenuarli o reinterpretarli in modo da svuotarli), sono posti come fondamento di ogni riflessione: «In nessun altro c’è salvezza; non vi è infatti, sotto il cielo, altro nome dato agli uomini nel quale è stabilito che noi siamo salvati» (At 4,12), e «Uno solo è il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù, che ha dato sé stesso in riscatto per tutti» (1Tm 2,5-6). La Chiesa custodisce con assoluta fermezza questa verità centrale: solo Cristo salva, solo Cristo è mediatore in senso proprio e pieno, perché solo in Lui l’umanità è unita ipostaticamente al Figlio eterno. La sua posizione è unica e irripetibile, e le conseguenze che derivano da questo mistero non possono essere attribuite ad alcun’altra creatura, nemmeno a Maria.
Allo stesso tempo, la Nota chiarisce che l’unicità della mediazione di Cristo non impedisce che ci siano forme subordinate e partecipate di cooperazione: Cristo stesso, nella libertà del suo amore, coinvolge Maria in modo del tutto singolare e coinvolge anche la Chiesa e i credenti. Tuttavia, la partecipazione di Maria non va intesa come una mediazione parallela, autonoma o aggiuntiva, ma come una collaborazione che dipende totalmente da Cristo e rimanda sempre a Lui. In questo senso il documento invita a usare con prudenza titoli come «Corredentrice», che in alcuni contesti sono stati caricati di significati impropri o ambigui; tali titoli, se non spiegati con cura, rischiano infatti di offuscare la centralità di Cristo o di disorientare i fedeli.
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L’attuale discussione teologica sui titoli mariani di co-redentrice e co-mediatrice — spesso ridotta al dicotomico «sì o no» — costituisce un ambito di riflessione complesso, che merita di essere ricondotto entro una prospettiva più ampia e sistematicamente fondata.In genere, il dibattito rischia di rimanere intrappolato in un confronto terminologico, senza interrogarsi sul quadro teologico che rende possibile o problematico tale titolo.
Se, invece, si adottasse una visione più estesa, nella quale l’unico Dio abilita le sue creature a partecipare in modo reale, sebbene derivato e analogico, alla sua azione salvifica, il problema stesso apparirebbe sotto una luce diversa: non si tratterebbe più di decidere se Maria “toglie qualcosa” a Cristo, bensì di comprendere come Cristo stesso renda possibili forme partecipate di cooperazione.
La rivelazione cristiana afferma senza equivoci che «in nessun altro c’è salvezza» (At 4,12) e che vi è «un solo mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù» (1Tm 2,5–6). La Chiesa confessa come verità di fede che l’unico evento salvifico — l’incarnazione, la morte e la risurrezione del Figlio — è compiuto una volta per tutte e costituisce l’asse portante dell’intera economia salvifica.
Chiediamoci. Chi è il soggetto della redenzione e della mediazione. La risposta è unica. Il Cristo, cioè il Verbo, quindi Dio.
Con quale strumento avviene questa redenzione e mediazione? La risposta è unica: l’umanità di Cristo, l’umanità del Verbo (il Verbo incarnato), l’umanità di Dio. Dunque, è attraverso l’umanità del Verbo che avviene la redenzione. Non è solo l’umanità di Gesù di Nazaret, ma in virtù del fatto che nessuna creatura è isolata dalle altre, l’umanità di Gesù è indissolubilmente correlata a quella di tutte le creature.
Come ben esprime Massimo il Confessore, i logoi delle creature sono tutt’uno con il Logos di Dio. È un’identità ontologica. Ne consegue che la redenzione avviene attraverso l’umanità di tutti, attraverso i logoi delle creature che sussistono nel Verbo incarnato. La redenzione avviene attraverso la logica incarnata (cosmo) del Verbo.
L’unicità di Cristo (o Verbo) non è esclusiva. Come ricorda il Concilio Vaticano II, l’unica mediazione del Redentore «non esclude, ma suscita nelle creature una varia cooperazione» (Lumen gentium 62). Questa cooperazione deriva dalla stessa intenzione creatrice di Dio, che la Scrittura descrive così: «Egli ha creato tutte le cose perché esistano; le creature del mondo sono portatrici di salvezza» (Sap 1,14). In questa luce, la mediazione partecipata non è un’aggiunta posteriore, ma un tratto inscritto nel progetto originario della creazione.
Analogamente, il Concilio insegna che lo Spirito Santo offre a tutti la possibilità di essere associati, «nel modo che Dio conosce», al mistero pasquale (Gaudium et spes, 22).
La tradizione teologica ha sempre riconosciuto la possibilità di mediazioni subordinate, strumentali e partecipate, purché radicate e normate dalla mediazione di Cristo, e non intese come «parallele» o «complementari», come precisa Giovanni Paolo II (Redemptoris missio, n. 5). Il rifiuto riguarda, piuttosto, ogni teoria che ipotizzasse canali salvifici autonomi rispetto all’unico Mistero di Cristo (Dominus Iesus, n. 14).
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Dentro questo quadro emerge il senso del titolo mariano di corredentrice: non un’aggiunta all’opera di Cristo, ma la rivelazione che la cooperazione di Maria è intimamente connessa con la mediazione del Figlio. Maria è allora l’icona e il paradigma di ciò che ogni creatura è chiamata a vivere: accogliere, partecipare e trasmettere l’opera salvifica di Dio. Proprio perché «portatrici di salvezza» (cf. Sap 1,14) secondo il disegno originario, le creature trovano in Maria la realizzazione più alta della loro vocazione relazionale.
Questa visione teologica si armonizza con una prospettiva filosofica che interpreta la redenzione non come una sequenza di causa (il Mediatore, il Redentore) ed effetti (i salvati), ma come un processo unitario di liberazione. Redenzione è lo scioglimento di ciò che rende la creatura ripiegata su sé stessa (in se ipsa incurvata).
In questa lettura, si è redenti quando si è liberati dall’ego e restituiti alla relazione. Il soggetto della redenzione è Dio, il Dio «uni-cum» che attiva la propria divinità nel rendere le creature partecipi dell’azione creatrice. Gesù, Maria e tutte le creature sperimentano, in modi diversi, questa dinamica di «s-legamento»: ciò che avviene in Maria per pienezza di accoglienza, avviene in ogni creatura come partecipazione graduale e sempre sostenuta dalla grazia.
In tale orizzonte, ogni atto autenticamente orientato al bene — anche il semplice offrire un bicchiere d’acqua — diventa una forma di mediazione salvifica: non nel senso di sostituire Cristo, ma come partecipazione all’unica opera di riconciliazione. L’essere umano diviene redentore dell’altro quando rompe la chiusura del proprio io e si dispone nel «con»: con Dio, con l’altro, con il creato. Analogamente, ciascuno sperimenta la redenzione quando si lascia amare, aiutare o trasformare dal bene ricevuto. In questo senso, la redenzione non è un atto esclusivo, ma una dinamica cooperativa che coinvolge la totalità del cosmo, e che si radica precisamente nel progetto creatore in cui «le creature del mondo sono portatrici di salvezza».
Ne deriva un principio teologico fondamentale: Dio ha reso le creature incoraggiate, abilitate e persino strutturate per essere mediatrici della sua salvezza. Per questo si può dire — senza contraddire la fede nella mediazione unica di Cristo — che anche figure di altre tradizioni religiose, come Gautama Siddhārtha o Lao-Tzu, possano contenere elementi autenticamente positivi, suscettibili di essere compresi, nel modo che Dio conosce, come pedagogie interiori capaci di preparare il cuore umano alla verità definitiva. Tali elementi non costituiscono vie parallele indipendenti, ma frammenti di bene che trovano senso pieno solo in riferimento all’unico Mistero di Cristo.
Alla luce di tutto ciò, affermare «viva la corredentrice» significa riconoscere in Maria la forma più alta e trasparente della cooperazione umana all’opera di Dio; ma si può dire anche «viva ognuno di noi corredentore», nella misura in cui ciascuno partecipa all’unico mistero cristico (cf. il “cristico” di Teilhard de Chardin) che abbraccia cose, uomini e ogni manifestazione dell’anelito religioso umano. Non per equiparare tutto, ma per riconoscere che la grazia di Dio, unica nella fonte, è multiforme nella partecipazione, e che la creazione stessa, secondo la Scrittura, è stata voluta come realtà portatrice di salvezza.






Avrei gradito trovare anche ricordata l’azione mediatrice (e corredentrice) della Chiesa, nella quale si rispecchia quella di Maria Santissima e si realizza quella di ogni discepolo del Signore.
Mi sembra che il dibattito sia legittimo. Finché non si elabora il dogma ( cfr il dibattito precedente ai dogmi dell’Immacolata e dell’Assunta, durato secoli… ). Poi, dopo il dogma, si approfondirà lo stesso, ma non potendo più discutere sulla sussistenza dello stesso. Oggi per Corredentrice e Mediatrice siamo ancora al dibattito, anche se portato a un livello più elevato. Lo Spirito illuminerà la Chiesa anche su questo nel prossimo futuro, ne sono certo😃🌝!
E poi arriva il Martin Bucero* di turno che, in reazione agli eccessi e alle accrezioni, fa piazza pulita di tutto quello che non c’è espressamente nella Bibbia.
E per riparare i danni ci vogliono secoli…
* il riformatore di Strasburgo, che ha influenzato tutti i gruppi protestanti e anche i cattolici con le sue idee. Autentico ‘fondatore nascosto’ del cristianesimo moderno
Caro Don Paolo,
alcuni Dogmi hanno reso un servizio alla cristianità, altri forse meno. Occorrerà tempo, ma credo che la Chiesa nei secoli futuri rivedrà il nostro attuale concetto di Dogma. Non è funzionale e non è evangelico. Gesù non prendeva la gente per il collo dicendogli: se non credi esattamente in questo, in questa esatta formulazione fai peccato mortale e non sei cristiano. Il simbolo apostolico e le Scritture mi paiono sufficienti, perché imporre e tutta questa necessità di definire in modo definitivo verità senza le quali x secoli i cristiani hanno potuto sopravvivere e perfino diventare santi? Siamo sicuri che è un approfondimento del deposito della fede e non una inutile complicazione? Pensiamo per esempio all’autogol della “dottrina da tenersi come definitiva” del sacerdozio da non dare alle donne… un atto di profonda autoreferenzialità del Papa che lo ha fatto, pensando con un atto autoritario di chiudere una discussione teologica, per di più convinto di essere interprete definitivo della volontà di Dio per i secoli futuri della Chiesa: follia!!! SI potrebbe continuare con il dogma dell’Infallibilità… assolutamente ridondante ed inopportuna la sua proclamazione. Il suo stesso commento è una immagine lampante di quanto il cattolicesimo pretenda di mettere le menti in un cassetto e buttare via la chiave… “Di questo si può discutere, e di questo non si può discutere…” e mentre discuti di una cosa attento a riflettere entro i limiti imposti dal magistero sennò sei out. Ricordo in proposito un documento, alquanto grottesco, sui rapporti tra teologia e magistero, in cui si spiegava dettagliatamente quello che i teologi potevano o non potevano fare o dire, tipo manuale di morale alla S Alfonso dei Liguori, un cm più su è peccato, 1 cm più giù no :)))
Maria Cristina, mi scuso per essermi espressa evidentemente in modo poco comprensibile. Quando parlavo di Amore mi riferivo a quello che è l’essenza di Dio stesso, cioè a un Amore che può donare solo salute e gioia e di sicuro non può essere “senza verità e carità”, anzi ne ha in sovrabbondanza. Dunque non mi riferivo al nostro modo di amare quando non è ispirato dalla piena fiducia e adesione a Lui. Certamente l’amore per Satana e del pedofilo per la sua vittima non rappresentano quello di Dio, che sicuramente, nella sua infinita misericordia, prova dolore anche per Satana e per il pedofilo, come per ciascuno di noi proprio perché respingiamo il Suo Amore. Solo la fede in Lui intesa come piena disponibilità a collaborare con Lui, Sommo Bene, rendono anche a noi possibile- sia pure tra inciampi, cadute e riprese- amare come Lui, cioè con verità e carità. Lui ci ha creato per essere felici e nemmeno Lui è felice se non lo siamo anche noi. Un abbraccio
Carissimi tutti, a che giova tutto questo disquisire sul ruolo di Maria, corredentrice o meno, senza la fede ? Pensiamo veramente che Dio ci ami o ci condanni se crediamo o meno alla ” corredenzione” di Maria: ben altro ci chiede. Da tempo ho compreso che ciò che non si “adombra” di sicuro nemmeno se non crediamo in Lui: amandoci senza limiti e condizioni, in un modo che noi non riusciremo mai a comprendere fino in fondo, desidera solo che realizziamo la nostra felicità nell’unico modo da Lui previsto quando ci ha creato: “ama il prossimo tuo come te stesso e come Io amo voi”. Naturalmente Lui sa benissimo che per noi da soli è praticamente impossibile per questo ci chiede solo di desiderare di farlo con tutto il cuore e ci ha mandato il suo Spirito Santo. Ricordiamoci che non è una questione di meriti o sacrifici ma di fede in Lui e, se ci vogliamo bene, affidiamoci serenamente ai suggerimenti del suo Suo Amore.
E se l’ amore e’ l’ unico valore ,senza verita’ e senza carita’ , senza legge ne’ moralita’ , allora anche chi ama Satana e’ salvo. Infatti anche per Satana ci può: essere un “amore” . Amore ci puo’ essere per tutto anche per se stessi e il proprio EGO , per l’ amante con cui si tradisce la propria moglie . E’ amore che salva ? Si ma quale amore ? Anche il.pefofilo ama il bambino che sta corrompendo.
Basta con questa falsa tiritera dell’ amore -senz- alcun- altro- attributo.
Siamo ormai allo sbando : si ama la Pachamama e non la Vergine Mafia , Ma azz om ed tto e non Cristo e co viene insegnato che ca BV e e ,che tutto e’ uguale ,basta amare !
La teologia cattolica è capace di dire tutto e il contrario di tutto. Sono d’accordo con l’impostazione di questo nuovo documento, ma non ditemi che non si tratta di una rottura. Eh no… approfondimento o chiarimento della fede, si dirà, solo che dicono il contrario di prima. Pensate non solo ai santi ed ai dottori della chiesa che hanno inventato titoli e superesaltato Maria in tutte le salse, ma anche al recente magistero di Giovanni Paolo II, a documenti superdevozionali come Rosarium Virginis Mariae. Se la leggi sembra che davvero il rosario è una preghiera più potente delle altre ed insostituibile. I mistici invece dicevano che bisogna lasciarlo se si arriva alla contemplazione… E’ positivo che si introduca un briciolo di moderazione a certi fondamentalismi teologici. E, Monsignori, ascoltate i biblisti, perchè di fondamentalismi teologici non fondati sulla Parola ce ne sono ancora tanti. C’è da rimboccarsi le maniche per recuperare la freschezza, la semplicità, la potenza del messaggio ricevuto da Dio. La Tradizione secolare della chiesa lo ha mantenuto vivo, ma non sempre gli ha reso un buon servizio, non sempre ha avuto le intuizioni migliori, neppure nei secoli più antichi e prossimi al Signore
Non dice il contrario di prima, specifica piuttosto che il termini corredentrice ha assunto nel tempo, a causa di letture più radicali in alcuni ambienti cattolici, un significato che va specificato. Se ogni volta che utilizzi un termini devi spiegarlo bene, perchè può essere frainteso, fai prima ad utilizzarne uno meno scivoloso. Tutto qua. E’ un’operazione politicamente corretta? Possibile, ma non è nulla di particolarmente strano. E’ lo stesso motivo per cui ogni tot anni si rinnova la traduzione della Bibbia.
Cara Angela,
Forse non hai seguito il magistero di Giovanni Paolo II e quante volte lui ha usato il termine Corredentrice, di fatto incoraggiandolo. Poi chiamiamola pure continuità del magistero…premesso che io sono d’accordo con quest’ultimo documento di Papa Leone.
Puoi leggere su questa pagina le volte in cui Giovanni Paolo II ha chiamato pubblicamente Maria Corredentrice nei suoi discorsi, è un interessante approfondimento:
https://www.corrispondenzaromana.it/la-corredentrice-al-tempo-di-papa-giovanni-paolo-ii/
Le letture radicali che vengono corrette adesso, sono perfettamente in linea con il magistero di Giovanni Paolo II e con molta teologia e Magistero cattolico precedenti. A quel tempo si passava per progressisti e protestanti se si fossero dette cose simili non in linea con il devozionalismo di Giovanni Paolo II. Proprio come ora si passa per tradizionalisti a usare quegli stessi concetti. SI può vederla come una puntualizzazione, io invece ci vedo una contraddizione. Sarebbe più onesto ammettere che il magistero ha assunto spesso derive fondamentaliste e bisogna correggerle. Ognuno poi è liberissimo di vederlo come approfondimento della fede nei secoli, la Chiesa guidata nei secoli alla pienezza della Verità, detto meglio: “lo zig zag guidato infallibilmente dallo Spirito Santo” o dai gusti del Papa di turno :))
Si, ma Fernandez corregge un utilizzo del termine che è andato oltre le intenzioni di Giovanni Paolo II stesso. Io lo intendo così.
” Sarebbe più onesto ammettere che il magistero ha assunto spesso derive fondamentaliste e bisogna correggerle.” Ci sono derive fondamentaliste nell’utilizzo del magistero stesso, basate spesso su scelte ben precise di alcuni aspetti del magistero rispetto ad una sua lettura complessiva.
“Come ben esprime Massimo il Confessore, i logoi delle creature sono tutt’uno con il Logos di Dio. È un’identità ontologica. Ne consegue che la redenzione avviene attraverso l’umanità di tutti, attraverso i logoi delle creature che sussistono nel Verbo incarnato. La redenzione avviene attraverso la logica incarnata (cosmo) del Verbo”.
Mi sembra che in questo periodo ci siano alcuni passaggi troppo rapidi, su cui sta o cade molto del ragionamento dell’articolo. soprattutto credo andrebbe chiarito cosa intenda l’autore con l'”identità ontologica” tra i logoi delle creature e il Logos divino.
Identità ontologica tra Logos (x) e logoi (y) è di carattere relazionale. Non è assoluta “x = y” ma “x = x + y” . Risulta che la relazione tra Logos e logoi è “creatrice”. Infatti se risolvi l’equazione comprendi che “y = 0” cioè i logoi sono solamente perché riferiti dal Logos. Identità ontologica, quindi, afferma la differenza tra Logos e logoi in una identità ancora sempre più maggiore. Le creature (logoi) non sono un aggiunta “esterna” al Logos ma l’espressione fenomenica (= incarnazione) del Logos. Come i colori che sono già inclusi tutti nel bianco e vengono distinti tra loro attraverso il prisma. Il prisma scompone la luce bianca (= LOGOS) nei suoi colori costituenti (rosso, arancione, giallo, verde, azzurro, indaco e viola) che sono tutti i logoi, cioè tutte le creature intese come idee della Mente di Dio. La dispersione della identità divina (Logos + logoi) è la manifestazione nel tempo e nello spazio (come afferma Cusano con il termine “explicatio”) dell’eterna “complicatio” dell’identità divina rappresentata dalla luce bianca che è infatti la totalità di tutte le creature (logoi), e il prisma (manifestatio, explicatio, incarnatio) le separa “visivamente” proprio come le goccioline d’acqua creano l’arcobaleno. Da questa prospettiva teologica – che è ben presente nei Padri fino al Cusano (ed anche oltre cfr. V. Gioberti) – il rapporto tra “Gesù e Maria e noi” è intrinseco ed è la manifestazione dell’identità salvifica tra Logos e logoi.
https://paologamberinisj.home.blog/2025/11/18/la-logica-della-redenzione/
Come al solito, indecisione e mezzi detti, mai prese di posizione precise, “Non è corredentrice, ma lo è, coopera ma è corredentrice, corredentrice ma anche o ma forse si…”. Finisce che ognuno crede un po’ quello che gli pare, poi all’improvviso qualcuno si esprime in un modo e zac via divisioni, guerre e litigi… continuiamo così. Poi però non lamentiamoci che la Chiesa è divisa.
La presa di decisione c’è stata. Cristo è redentore ma è uni-cum. La singolarità di Gesù di Nazareth nella redenzione divina deve essere compresa in maniera tale che non escluda le altre creature. Gesù è la primizia della redenzione che attesta che la redenzione non solo è possibile ma ha iniziato a realizzarsi.
Sinceramente, che noia tutto questo vociare che alla fine manifesta solo la sorda e grottesca autoreferenzialità della Chiesa cattolica… fiumi d’inchiostro e di parole, che non interessano a nessuno, e che in fondo riguardano quello che dovrebbe essere un presupposto minimo della fede cristiana, e cioè la convinzione che solo Dio salva (le modalità lasciamole magari decidere e realizzare da Lui…)
Riflettere sulla fede non è autoreferenzialità ma capire il senso della fede.
Ma cosa sta dicendo ! Certo solo Dio salva . Ma noi non siamo musulmani o ebrei ma cattolici ! Crediamo in Cristo Salvatore che non e’ Dio Padre ma la seconda persona della Trinita’ . Crediamo nell’ Incarnazione . Crediamo nella Madre di Dio , la Teotokos, venerata da immemorabili tempi da cattolici ed ortodossi . Ma voi di che Religione siete ?
Non credo neppure Protestante ,forse New Age ?
Bello citare sempre il Concilio Vaticano II e non leggetene i documenti . La cooperazione di Maria alla Redenzione, viene definita “singolare” dalla costituzione Lumen gentium 61 («operi Salvatoris singulari prorsus cooperata est»), «Qual è il significato di questa cooperazione singolare di Maria nel piano della salvezza?», «in unione con Cristo e sottomessa a Lui, Ella ha collaborato per ottenere la grazia della salvezza all’intera umanità».
Quindi si , tutti corredentori , ma Maria diversa da tutti.
Non c’è alcun privilegio mariano. Maria si differenzia da un’altra creatura poiché ha partorito nella carne Gesù. In questo sta la sua singolarità. Ma questo non la fa benedetta “sopra” le creature, ma tra le creature.
Non c’è alcun privilegio mariano. Maria si differenzia da un’altra creatura poiché ha partorito nella carne Gesù. In questo sta la sua singolarità. Ma questo non la fa benedetta “sopra” le creature, ma benedetta “tra” e “con” le creature.