
Il Vertice sul Clima dell’ONU in Brasile (COP30) si è concluso con il prevedibile «quasi, ma non del tutto». Tuttavia, nonostante l’assenza di accordi concreti e significativi, c’è un segnale da cui trarre speranza: a differenza delle edizioni precedenti, questa volta il processo negoziale non è stato guidato da un Paese ospitante il cui motore economico sono i petrodollari (la COP28 si era svolta a Dubai…), bensì da molti che, da Belém, nel cuore dell’Amazzonia devastata dalla rapina dei più potenti, hanno elevato un sincero appello alla giustizia climatica.
Alla fine è accaduto ciò che sapevamo in anticipo: le grandi potenze, alleate di lusso delle grandi multinazionali, hanno imposto il loro blocco e si è tornati a distogliere lo sguardo dal problema, mentre l’evidenza scientifica continua a ricordare che il «tic tac» è reale. È ormai qui. Rimane sempre meno tempo. Sì, stiamo devastando il pianeta. Stiamo spingendo la vita verso un abisso senza ritorno.
Eppure, finalmente, esiste una via d’uscita per sottrarci a questa spirale suicida. Ad aprile, infatti, è convocata la Conferenza di Santa Marta, in Colombia. Se non ci saranno defezioni, si prevede che almeno 80 Paesi (tra cui la Spagna), consapevoli che «il tempo sta finendo», firmeranno la costituzione di un gruppo unito per agire tutti nella stessa direzione.
Potremmo essere testimoni di un gesto senza precedenti: l’impegno ad avanzare, comunque e ad ogni costo, verso un Trattato di non proliferazione dei combustibili fossili. Un passo che non potrà essere bloccato da Russia, Cina, Stati Uniti o Emirati Arabi. Ogni Paese, al di fuori di una ONU che si è auto-sabotata permettendo che il veto di pochi condizioni tutti, è libero di sviluppare la politica economica e di consumo che ritiene opportuna.
Così, se si parte da 80 Paesi determinati a procedere senza tentennamenti in questa direzione (utopia o morte), non è affatto irragionevole pensare che, poco a poco, un numero crescente di Stati salirà a bordo della nave della dignità umana, della giustizia sociale e — se si vuole ridurre tutto al minimo — della semplice sopravvivenza.
Sì, si possono sconfiggere i potenti, le multinazionali, i negazionisti, i populisti, gli xenofobi…
Serve solo che chi non vuole essere inghiottito da loro scelga di agire insieme.
versión española
Sí, se puede vencer a los poderosos
La Cumbre del Clima de la ONU en Brasil (COP30) se ha cerrado con el esperado “casi, pero no”. Con todo, pese a la ausencia de acuerdos concretos significativos, hay que quedarse con un síntoma para la esperanza: a diferencia de anteriores ediciones, esta vez no ha dirigido todo el proceso negociador un anfitrión cuyo motor económico son los petrodólares (la COP28 la albergó Dubái…), sino que han sido muchos los que han elevado al cielo un sincero clamor por la justicia climática desde Bélem, en la propia Amazonía tan devastada por la rapiña de los más poderosos.
Pero al final ha ocurrido lo que sabíamos de antemano: las grandes potencias, aliadas de lujo de las grandes multinacionales, han impuesto su bloqueo y se ha vuelto a mirar hacia otro lado mientras la evidencia científica insiste en que el “tic-tac” es real. Está aquí. Cada vez queda menos tiempo. Estamos, sí, arrasando el planeta. Abocando la vida a un abismo son retorno.
Pero, ¡al fin!, hay salida para escapar de esta espiral suicida. Y es que, para abril, está convocada la Conferencia de Santa Marta, en Colombia. Si no hay deserciones, se espera que hasta 80 países (incluida España) que sí son conscientes de que “esto se acaba” firmarán la constitución de un bloque unido para actuar todos en la misma dirección.
De hecho, podemos ser testigos de un gesto sin parangón: el compromiso para avanzar, sí o sí, hacia un Tratado de No Proliferación de Combustibles Fósiles. Y eso sí que no lo podrán bloquear desde Rusia, China, Estados Unidos o los Emiratos Árabes. Cada país, fuera de una ONU que se autoinmola al permitir que el bloqueo de unos pocos condicione a todos, es libre de desarrollar la política económica y de consumo que considere.
Así que, si empezamos por 80 países que vayan en esta línea sin fisuras (utopía o muerte), no es descabellado pensar que, poco a poco, sean cada vez más las naciones que se suban al barco de la dignidad humana, la justicia social y, si quieren reducirlo al mínimo, la elemental supervivencia.
Sí, se puede vencer a los poderosos, a las multinacionales, a los negacionistas, a los populistas, a los xenófobos…
Solo hace falta que, quienes no queramos ser engullidos por ellos, actuemos juntos.





