«Esprimo delusione per la scelta del Governo di modificare in modo unilaterale le finalità e le modalità di attribuzione dell’8×1000 di pertinenza dello Stato. È una scelta che va contro la realtà pattizia dell’accordo stesso, che ne sfalsa oggettivamente la logica e il funzionamento, creando una disparità che danneggia sia la Chiesa cattolica che le altre confessioni religiose firmatarie delle intese con lo Stato».
Lo ha affermato il card. Matteo Maria Zuppi, arcivescovo di Bologna e presidente della CEI, intervenendo il 3 giugno nella città felsinea al convegno nazionale «1985-2025 – Quarant’anni di sostentamento del clero: ieri, oggi e domani», promosso dall’Istituto centrale per il Sostentamento del clero a quarant’anni dalla Legge n. 222/1985 che ha riformato i rapporti tra Stato e Chiesa, superando il sistema della congrua e dei benefici ecclesiastici.
Il porporato ha ricordato che questa fonte di risorse «ci permette di essere vicini alle esigenze delle persone e a coloro che sentiamo più vicini alle nostre preoccupazioni: la lotta alla povertà, l’educazione, le tante emergenze in Italia e nel mondo». Queste – ha sottolineato – «sono una parte importante del nostro sforzo, per tutti». «Restiamo comunque fiduciosi – non è soltanto perché è il Giubileo della speranza, ma ne siamo convinti – nella composizione del contenzioso, nel rispetto delle finalità proprie per le quali il meccanismo dell’8×1000 è stato istituito e che non possono essere modificate, se non di comune accordo», ha proseguito Zuppi, ribadendo «la delusione della scelta del Governo».
«Non ci interessano i soldi – ha precisato –, ci interessano i poveri»; e il venir meno di certe risorse «oggettivamente vuole dire probabilmente poter fare meno cose; poi la Chiesa è una madre e come certe madri sono capaci di tirar fuori qualunque cosa pur di dare ciò che serve ai propri figli, faremo anche noi così».
«Non vogliamo privilegi», ha aggiunto, specificando che «i diritti sono diritti e se si cambiano» lo si deve fare «in una scelta di diritti». In gioco, ha continuato, c’è «la nostra libertà per continuare ad essere una madre che non fa mancare le risposte spirituali, attraverso la presenza della Chiesa, e materiali, con tante attività, con quel di più che è il volontariato e la gratuità che è un valore aggiunto che la Chiesa ha».
Il presidente della CEI ha invitato a «non metterci nella difficoltà», per esempio, sul fronte della lotta alle dipendenze: «Costiamo poco», ha scandito.
Evidentemente lo stato è entrato in competizione con attività tipicamente legate alla attività della chiesa.
Mentre la Chiesa e’ entrata in competizione per attivita’ che non le competono . Come l’ aiuto alle Ong di persone losche tipo Casarini .
Come al solito si salta di palo in frasca. Ma è il suo stile.
Dai quotidiani nazionali si apprende che la modifica all’art. 47 della legge 222/85 fu introdotta dalla maggioranza parlamentare che sosteneva il governo Conte 2, introducendo la possibilità per il contribuente di poter scegliere, in caso di devoluzione dell’8×1000 allo Stato, a quale tra cinque tipologie destinare il proprio contributo. Nel 2023 il governo Meloni ha inserito una sesta finalità a sostegno delle comunità di recupero da dipendenze. Mi chiedo: perché uscire nel 2025 con una dichiarazione del genere? Dove sta il danno per la Chiesa (o per qualsiasi altro soggetto), se chi ha già scelto di dare il proprio 8×1000 allo Stato lo può destinare a una tipologia in più?
Sono pienamente d’accordo.