Bosnia ed Erzegovina: I cattolici rischiano di scomparire

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La Repubblica federale della  Bosnia ed Erzegovina continua a soffrire le conseguenze della guerra dei Balcani del 1992-95. La convivenza tra le religioni – musulmani (45%), ortodossi (36%), cattolici (10%) – rimane difficile. I vescovi temono che, se continua così, nel Paese nel giro di poco tempo di cattolici non rimarrà più nessuno.

A lanciare l’allarme – come riferisce la Fondazione austriaca Pro Oriente – è stato il cardinale bosniaco Vinko Puljic a conclusione, della 70ma conferenza episcopale dei vescovi cattolici che si è tenuta a Banja Luka dal 13 al 16 luglio scorso. Al card. Puljic ha fatto eco anche il vescovo di Banja Luka, Franjo Komarica, secondo cui senza un «serio impegno internazionale» i cattolici scompariranno del tutto dalla Bosnia.

Il card. Puljic, presidente della conferenza episcopale, ha osservato che attualmente nel Paese «esiste una perversa strategia che ha come scopo di fomentare l’odio e soprattutto di giungere a mettere a tacere la Chiesa, muovendo contro di essa e contro i suoi vescovi false accuse». Ha parlato in particolare di “alcuni poteri” che vogliono fermare mons. Franjo Komarica, difensore della giustizia e degli ultimi; è attualmente oggetto di calunnie in relazione alla ricostruzione delle case dei pochi cattolici che sono tornati. «È una cosa inaccettabile», ha sottolineato.

Oltre alle tensioni religiose, sociali ed etniche, un grave problema è rappresentato nel Paese dalla situazione economica. La disoccupazione tocca il 40%. Molte famiglie e soprattutto i giovani vivono in situazioni precarie. Per questo la Chiesa cattolica intende rafforzare ancora maggiormente l’impegno della Caritas. Tuttavia, il rischio che molti abbiano ad emigrare rimane molto alto. Questo miscuglio di tensioni è la ragione per cui, soprattutto i cattolici, se ne vanno.

Matteo Tacconi, giornalista esperto di questa area, intervistato da Cecilia Seppia per la Radio Vaticana, ha descritto così l’attuale situazione: «La Bosnia ed Erzegovina è sicuramente il Paese che insieme al Kosovo ha i problemi maggiori: la disoccupazione giovanile arriva al 60%, molte fabbriche hanno chiuso, i processi di privatizzazione sono stati viziati da fenomeni e dinamiche di arricchimento personale da parte della classe politica … C’è un clima di paura, e i politici, giocando sulle paure, alla fine riescono a ottenere che la gente voti sempre le stesse persone, per paura appunto della novità. Il quadro quindi è veramente statico ed essendo statico da ormai 25 anni, è sempre più pesante, sempre più frustrante … È difficile recuperare la Bosnia ed Erzegovina, anche perché oggi l’azione della comunità internazionale è molto più debole rispetto agli anni addietro; l’Europa ha una crisi interna, quindi è meno proiettata sulla regione balcanica e sulla Bosnia ed Erzegovina; gli Stati Uniti hanno dimenticato quasi del tutto la regione…».

Per cercare a far fronte all’attuale difficile situazione dei cattolici, i vescovi già nella precedente assemblea congiunta, tenuta a Zagabria, nel gennaio scorso, avevano messo in agenda tutta una serie di suggerimenti programmatici:

  1. Esortare i fedeli originari della Bosnia ed Erzegovina a non dimenticare la loro patria e a dare una coraggiosa testimonianza di fede in Dio e di fedeltà alla Chiesa cattolica là dove hanno costruito una nuova casa.
  2. Sostenere le comunità che si trovano in maggiori difficoltà soprattutto attraverso la Caritas.
  3. Rafforzare i legami spirituali: i vescovi hanno esortato i fedeli a provvedere il sostentamento dei più deboli e bisognosi, come era già avvenuto in tempo di guerra, e a perseverare in questo atteggiamento anche in tempo di pace, in modo che i legami reciproci divengano una vera benedizione per chi dà e chi riceve.
  4. Avviare la beatificazione dei martiri dei sistemi totalitari, di coloro che hanno donato la vita per amore della fede e per i quali dovrebbe essere possibile promuovere la causa di beatificazione.
  5. Favorire «una fruttuosa collaborazione, in ambito missionario, nel settore scolastico educativo» e in una possibile «campagna congiunta nell’area dell’ecumenismo e del dialogo».

E nell’assemblea di Banja Luka dei giorni scorsi, i vescovi hanno messo nuovamente a tema l’urgenza di una convivenza pacifica tra le varie etnie, la promozione dei diritti umani e delle libertà fondamentali, l’operato della Caritas a sostegno dei più bisognosi.

Ma, come ha affermato Matteo Tacconi nell’intervista sopra citata: se si vuole che questi due paesi abbiano a riprendersi, «occorre rimettere in piedi un tessuto “sano” nel quale siano possibili l’attivismo, la partecipazione giovanile, le opportunità lavorative, l’incontro con il diverso, ed è importante anche rivedere gli Accordi di Dayton che se un tempo posero fine al più cruento conflitto in Europa dopo la Seconda guerra mondiale, rappresentano ormai una soluzione ingiusta e insostenibile che ha spinto il Paese in una crisi sempre più profonda».

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