Frammenti sulla Chiesa /10. Focalizzare l’autorità

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parrocchia

Una delle questioni che hanno sempre travagliato il pensiero teologico e il vissuto ecclesiale è quella dell’autorità dei ministri ordinati, in modo particolare del papa e degli altri vescovi. In effetti, talora questa autorità è stata gestita secondo una logica di potere arbitrario e oppressivo, che ha plagiato le coscienze e soffocato la soggettualità dei credenti.

Un ministero necessario

La questione si è acuita ai nostri giorni per il fatto che, nel mondo occidentale, il modello normale di governo è quello democratico, e alcuni non vedono perché nella Chiesa la guida delle comunità debba essere affidata a persone che non sono state elette dalla base ecclesiale e non necessitano di una sua periodica legittimazione.

Anche in passato, però, quando i governanti erano principi, re e imperatori, si sono contestati alcuni aspetti dell’autorità dei pastori, ritenendo che finisse per sostituirsi a quella di Dio e della sua Parola, e per imporre ai credenti delle dottrine derivate da opinioni personali o motivate dall’interesse. In fondo, la reazione dei Riformatori del XVI secolo nei confronti della Chiesa cattolica romana si è giocata sostanzialmente su questo aspetto.

Eppure, con tutte le cautele del caso, l’autorità nelle comunità cristiane fa parte integrante dell’identità ecclesiale. A questo riguardo, così scrive il padre J.-M.R. Tillard:

«Il Nuovo Testamento presenta nettamente due tipi di intervento “ministeriale”. Essi non vanno confusi. Il primo intervento è quello dell’apostolo o del predicatore che annuncia la Parola che provoca l’adesione di fede. […] Il secondo tipo di ministero è diverso. Ha lo scopo di mantenere la Chiesa locale nella fedeltà al proprio essere di comunione, e di farla crescere in esso. Lo abbiamo chiamato ministero di custodia e di mantenimento nella fedeltà, quindi di episkopé. […] [Q]uando si tratta della chiesa come tale, già costituita e fornita di servizi, i ministri si vedono dappertutto dotati di potere (potéstas) e, di conseguenza, di una certa autorità non sulla fede in quanto tale bensì sulla vita-in-conformità-con-la-fede. […] Il ministro è così abilitato a discernere e a decidere – secondo il proprio giudizio, illuminato dallo Spirito, senza posa confrontato con la Parola e con le intuizioni del sensus fidelium – ciò che la comunità deve fare o evitare per essere fedele» (J.-M.R. Tillard, Chiesa di Chiese. L’ecclesiologia di comunione, Queriniana, Brescia 1989, 292-294).

A custodia della fede e della prassi

Il teologo domenicano chiarisce che l’autorità nella Chiesa non ha né il compito né il potere di decostruire la parola di Dio, magari per renderla più sintonica con le istanze di una determinata cultura o per farla collimare con interessi di parte. Del resto, lo stesso Vaticano II insegna che il magistero è sottomesso a questa Parola e ne è al servizio (cf. DV 10).

L’autorità dei ministri ordinati è semplicemente funzionale alla custodia dell’autentica esperienza cristiana, e non solo dal punto di vista della fede professata ma anche sul piano della prassi.

Ovviamente questo servizio non consiste semplicemente nel verificare che quello che è materialmente scritto nella Bibbia venga conosciuto e messo in pratica in modo fondamentalista.

La Scrittura e la più ampia Tradizione vanno interpretate, nel senso che vanno capite a partire dall’orizzonte culturale e teologico nel quale sono state prodotte, e il loro messaggio va poi ulteriormente esplicitato alla luce delle domande antropologiche e delle istanze sociali del momento presente. È in questo modo che si coglie la volontà del Signore sulla sua Chiesa.

Il compito di cogliere la parola di Dio attraverso questa interpretazione delle fonti che la attestano appartiene a tutto il popolo di Dio. Tuttavia, sin dalle origini le comunità cristiane hanno avuto bisogno di figure autorevoli, titolari del carisma apostolico o di quello della sua successione, che garantissero che tale processo ermeneutico non subisse derive fuorvianti.

Oggi questo carisma è conferito nella Chiesa esclusivamente con il sacramento dell’ordine, per cui quest’ultimo diventa indispensabile ad una comunità ecclesiale “completa”, che cioè sia porzione dell’intera Chiesa.

La santità dei suoi membri, il loro senso di fede o le loro competenze teologiche non sono sufficienti per custodirla nell’autentica esperienza cristiana.

Ovviamente un vescovo, un presbitero o un diacono possono esercitare anche altre forme di autorità, relative, ad esempio, al funzionamento organizzativo delle comunità cristiane o di altre istituzioni ecclesiastiche, ma si tratta di compiti che possono essere svolti anche da fedeli non ordinati. Laddove, però, sono in gioco questioni che toccano direttamente l’autenticità dell’esperienza cristiana, il ministero ordinato risulta indispensabile.

Come gli argini di un fiume

I carismi non possono essere delegati, ma solo ricevuti per grazia. Se il carisma della successione apostolica è conferito solamente con il sacramento dell’ordine, non solo la presidenza liturgica, ma anche la specifica autorità pastorale dei ministri ordinati non potrà essere esercitata da chi non ha ricevuto questo sacramento.

Questo ruolo del ministero ordinato, se ben delimitato dal suo scopo originario e quindi non inteso come un’autorità assoluta, non determina affatto un declino clericale della Chiesa, ma consente a tutti i fedeli di reperire nelle comunità cristiane un nutrimento spirituale sano e di poter mettere a servizio del Signore e del suo regno le proprie qualità creaturali e carismatiche.

L’autorevolezza dei ministri è simile agli argini di un fiume, che non impediscono all’acqua di scorrere ma, al contrario, le consentono di non disperdersi nel territorio circostante e di continuare il proprio percorso.

Ovviamente, resta la sfida di comporre il senso di fede dei credenti e le istanze che nascono da esso con il ruolo di guida dei ministri ordinati. L’inevitabile tensione tra queste soggettualità ecclesiali non potrà mai essere risolta, ma va semplicemente accettata e custodita nella logica della comunione e dell’amore.

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3 Commenti

  1. Emanuele Castelli 6 luglio 2025
  2. Chiara 5 luglio 2025
    • Emanuele Castelli 6 luglio 2025

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