La speranza dopo la cristianità

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Gilbert Claes: A Ray of Hope

Gilbert Claes: A Ray of Hope

Al termine dell’Anno dedicato a san Gottardo, il vescovo di Hildesheim, Heiner Wilmer scj, ha rivolto ai fedeli e alle comunità cristiane della diocesi una lettera pastorale sulla speranza.

Care sorelle e cari fratelli,

“Il fico infatti non germoglierà, nessun prodotto daranno le viti, cesserà il raccolto dell’olivo, i campi non daranno più cibo, le greggi spariranno dagli ovili e le stalle rimarranno senza buoi” (Ab 3,17). È così che il profeta Abacuc descrive in modo deprimente la situazione di Israele nella Bibbia. Guardando lo stato della nostra Chiesa oggi in Germania, ci si può certamente sentire trasportati indietro ai tempi di Abacuc. Anche noi ci troviamo in una situazione difficile con sfide enormi.

Purtroppo, noi stessi siamo in gran parte responsabili della situazione odierna: nella nostra Chiesa, non solo abbiamo permesso per decenni innumerevoli crimini contro giovani e persone bisognose di protezione, ma li abbiamo anche coperti. Abbiamo lasciato le vittime sole con le loro sofferenze per troppo tempo. Nella diocesi di Hildesheim stiamo imparando da questo e stiamo facendo passi avanti nella prevenzione, nell’intervento e nel trattamento della violenza sessualizzata. Tuttavia, questo non può impedire che il fallimento della nostra Chiesa nell’affrontare questo problema per molti anni si rifletta ora in un’enorme perdita di fiducia nella nostra istituzione.

Inoltre, per molti gli sforzi di riforma all’interno della nostra Chiesa non sono abbastanza rapidi. Abbiamo un alto tasso di uscite dalla Chiesa e una crescente alienazione di molte persone dalle tradizioni della nostra fede: tutto questo sta mettendo a dura prova una forma familiare di fede e di Chiesa, che in futuro dovrà gestire con meno soldi e un numero sempre minore di donne e uomini impegnati nella pastorale. Siamo quindi una realtà senza speranza?

Autunno – l’ultima generazione di cristiani in Germania? No! Possiamo sperare!

È la nostra speranza che conta…

Maria è una donna incredibilmente forte che ci dà speranza. In questi giorni celebriamo l’Assunzione di Maria. Celebriamo una donna che veniva dal popolo, che è diventata madre in età molto giovane, una donna che non ha avuto sempre vita facile con suo figlio e che lo ha visto morire. Maria condivide questo destino con molte donne – allora, oggi e anche domani.

Ma cosa rende Maria così straordinaria per noi? La risposta la troviamo nel primo capitolo del vangelo di Luca, nel Magnificat (Lc 1,46b-55). In questa preghiera, Maria ci fa capire che, nonostante tutte le nostre difficoltà e sfide, possiamo essere ricolmi di speranza e fiducia.

Maria ci dice che Dio guarda l’umiltà. Dio è colui che guarda il piccolo, l’insignificante. Dio sceglie coloro che, a prima vista, sono figure improbabili – poco appariscenti. Oggi fa lo stesso: sta con le comunità che diventano più piccole. Così come le comunità liturgiche rimangono fedeli le une alle altre, così anche Dio rimane fedele.

Dove due o tre sono insieme nel suo nome, Dio è con loro. Non c’è motivo di disperare: Dio rimane con noi e quindi anche noi possiamo rimanere insieme.

Maria ci dice che Dio ci dona la sua misericordia. Dio è colui che tiene amorevolmente in considerazione ognuno di noi – quando siamo malati, in conflitto con noi stessi e con gli altri, o quando il nostro coraggio ci ha abbandonato. Non siamo lasciati soli in questo mondo, né come individui né come Chiesa. Dio ci tiene tra le sue braccia.

Maria ci dice che Dio compie opere potenti con il suo braccio. Maria ha sperimentato nel proprio corpo che ogni parola è possibile a Dio. La vergine diventa madre. Dovremmo prendere in parola Maria e fidarci davvero di Dio in tutto, soprattutto quando le cose si fanno più buie. Maria ci mostra tutto questo in maniera nitida.

Maria ci dice che Dio è dalla parte degli ultimi. Nella logica di Dio, non è il forte che vince. Nella logica di Dio, le forze sono del debole. Nella logica di Dio, attraverso una donna di popolo che vive a Nazareth, il Verbo di Dio diventa uomo. E nella logica di Dio, questo essere umano vince per sempre la morte e ci dona la vita che non si consuma.

Maria ci dice che Dio dà agli affamati e lascia i ricchi a mani vuote. La giustizia di Dio segue la sua misura, che mette sempre sottosopra il pensiero umano. Lasciamoci mettere anche noi sottosopra: così che cuore e testa possano incontrarsi. Teniamo gli occhi puntati su coloro che non se la passano bene: nei nostri quartieri, nelle nostre comunità, nelle tante aree di crisi del mondo. Per amore di Dio, diamo agli affamati di questo tempo.

Maria ci dice che Dio ci ha promesso la sua misericordia per sempre. Non c’è motivo di essere senza speranza con Dio come compagno. La promessa è rivolta ad Abramo e alla sua discendenza per sempre.

Se pensiamo a Maria in particolare in questi giorni, è perché ci ha dato l’esempio che possiamo affidarci completamente a Dio.

La speranza ci fa vedere…

Con questa fiducia possiamo plasmare il futuro della nostra Chiesa. Il teologo Karl Rahner ci ha lasciato una splendida immagine di cosa questo voglia dire: “La virtù della vita quotidiana è la speranza, in cui si fa il possibile e si affida a Dio l’impossibile”.

Affidiamo a Dio l’impossibile. Egli rimane con noi – in tutte le sfide. E fidiamoci anche del possibile: penso agli sviluppi che hanno acquisito forza e slancio, anche grazie all’Anno dedicato a san Gottardo.

Davanti a me vedo i lunghi tavoli dove persone con background e domande molto diverse mangiano e condividono la vita insieme. Penso ai tanti educatori ed educatrici delle scuole per l’infanzia che, all’indomani della pandemia, si adoperano affinché i piccoli possano crescere e abitare la vita.

Nel processo pastorale degli spazi del futuro, faccio esperienza di molte parrocchie che si stanno riorientando, che stanno plasmando il loro futuro pastorale con una visione realistica con molta creatività.

È sempre più chiaro che come cristiani abbiamo un buon futuro quando riscopriamo e condividiamo il Vangelo e la nostra fede. Iniziative come “L’altro giovedì”, ma anche le tante piccole e grandi esperienze di pellegrinaggio, lo dimostrano e mi colpiscono.

Mi commuove la forza e lo spirito con cui i cristiani e le cristiane delle nostre parrocchie e comunità – spesso insieme ai nostri fratelli e sorelle protestanti e a molti altri – parlano in modo credibile del Vangelo attraverso le loro attività sociali.

E mi commuove la passione e l’energia di molti che  operano nelle nostre scuole, nella Caritas, nei numerosi consultori e nelle attività pastorali, negli ospedali e nei centri di assistenza sanitaria, in altri luoghi particolari, testimoniando il Vangelo. Tutto questo deve essere ulteriormente rafforzato.

In futuro, forse non saremo più dappertutto, ma saremo convincenti e credibili in tutti quei luoghi in cui le persone vivono la loro speranza e la loro fede e danno forma alla società e alla Chiesa.

La speranza continua…

Alla fine dell’Anno dedicato a san Gottardo abbiamo raccolto ciò che è stato seminato e forse già raccolto. Non abbiamo fissato un punto, ma un doppio punto: vogliamo promuovere ciò che è stato avviato e si è mostrato essere significativo. Iniziative come i tavoli di convivialità possono esprimere meravigliosamente la forza della solidarietà cristiana e della comunità.

Rafforzeremo le numerose iniziative di pellegrinaggio perché rendono visibile che siamo in cammino verso un nuovo futuro. E faremo in modo che le persone non siano sole con la loro fame di spiritualità e profondità di fede, ma crescano in una comunità con le loro energie e i loro doni.

In tanti luoghi le persone stanno insieme, nella visita alle sorelle e fratelli, nei cori, nella preghiera comune, nelle celebrazioni eucaristiche. Non smettiamo di sperimentare nuove forme e modi di essere cristiani, comprese altre forme di celebrazione della fede che permettono nuovi approcci alle vecchie tradizioni.

Nuovi luoghi di benedizione emergono quando li vogliamo e li accettiamo. Siamo impegnati a promuovere questi approcci positivi e a sostenere coloro che nella nostra diocesi li hanno immaginati e creati.

La nostra Chiesa sta cambiando. A volte questo significa anche dire addio a cose che abbiamo imparato ad amare. Allo stesso tempo, stanno emergendo cose nuove e inaspettate. Entrambi sono veri. Il lutto doloroso e lo stupore incredulo, la morte e il primo nuovo inizio: entrambi ci commuovono.

Come cristiani e cristiane, questo non deve spaventarci. Maria ci ha dato l’esempio che Dio ci ha promesso la sua misericordia “per sempre”. Possiamo vivere di questa speranza. Vorrei incoraggiarvi a farlo! Andiamo avanti con energia, creatività e senza paura. Proprio come Maria, che ha detto: “Grandi cose ha fatto l’Onnipotente per me e il suo nome è santo… Egli ha spiegato la potenza del suo braccio”. (Lc 1,49. 51)

Care sorelle e cari fratelli, Dio vi benedica e vi dia speranza.

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