Il tema della Pace nella “Missa solemnis” di Beethoven

di:

beethoven

Beethoven: spunti biografici

I grandi artisti hanno prodotto contenuti e valori che, dall’espressione del loro passato, comunicano riflessioni per ogni condizione del presente. L’opera di Beethoven è in questo senso esemplare: si colloca nel periodo delle immediate conseguenze della Rivoluzione Francese ed è strettamente connessa con le vicende politiche del tempo. Si confronta col pensiero filosofico di Immanuel Kant e di altri, grandi, autori, quali Goethe e Schiller.

Ecco perché, in questo nostro tempo di relativismi etici, in cui sfuma ogni punto di riferimento, sia personale che politico, mi appare importante recuperare un pensiero in musica così fortemente proteso alla moralità pura, a cui non risulta estranea la fede. Quella di Beethoven è, infatti, una musica che continua a parlare sia a “laici” avulsi da ogni confessione religiosa, sia a credenti e credenti cristiani.

Beethoven rappresenta, infatti, uno dei momenti più alti della congiunzione di arte e moralità della cultura europea: da uomo che nella propria carne ha sperimentato la sofferenza, lottando razionalmente – kantianamente – per raggiungere, al di là della disdetta, valori che trascendono la condizione personale e conferiscono un significato positivo alla collettività.

Nato a Bonn, in Renania – nel dicembre del 1770 – da una famiglia di origine fiamminga, Beethoven compì un primo viaggio a Vienna nel 1787, città in cui si stabilì definitivamente nel 1792. Morì nella capitale asburgica nel 1827. La sua vita fu segnata dalla figura negativa del padre, alcolista, dissipatore dei guadagni familiari e, infine, interdetto. Il giovane musicista maturò quindi tra grosse difficoltà esistenziali che resero il suo carattere molto difficile e piuttosto conflittuale. Soffrì travagli affettivi sia nelle relazioni di amicizia che nel rapporto col femminile. Tormentato fu, in particolare, il rapporto col nipote Karl, di cui volle, in ogni modo, occuparsi, assumendone la tutela.

La disgrazia della sua vita di musicista fu, come noto, la sordità, che si manifestò in maniera grave dai suoi trent’anni o poco più, condizionando pesantemente relazioni e lavoro, soprattutto nella dimensione pubblica dell’esecuzione della sua musica, oltre che il suo stato d’animo più interiore.

La moralità nelle opere di Beethoven

I temi morali facilmente si rintracciano nell’opera beethoveniana. Un esempio ben noto è la Terza Sinfonia, l’Eroica (1802-04), a cui Beethoven aveva apposto la dedica a Napoleone – per lui, allora, genio, condottiero e portatore nel mondo dei nuovi ideali della Francia rivoluzionaria e della Dichiarazione dei diritti dell’uomo e del cittadino del 1789 –, dedica poi cancellata a seguito dell’incoronazione imperiale del soggetto.

Così, l’Eroica è poi divenuta, sino ad oggi, la sinfonia, o la musica, della condizione umana tutta che, dalla sofferenza – “descritta” in maniera straordinaria dal secondo movimento in marcia funebre – si solleva, con immane sforzo di volontà, specie nel quarto, ultimo, movimento. Notiamo che tale straordinaria affermazione di volontà morale è immediatamente successiva – storicamente – alla disperazione confidata nel Testamento di Heiligenstadt.

Un altro grandioso esempio è costituito dall’unica opera teatrale di Beethoven – Fidelio – composta tra il 1804 e il 1805, una sorta di manifesto dell’impegno etico. Nel Fidelio il bene trionfa sul male, la giustizia e la verità sulla violenza e la sopraffazione. La trama narra di un prigioniero politico, Florestan, che viene liberato grazie al coraggio della moglie Leonora, la quale per salvarlo si traveste da uomo (Fidelio) e si fa assumere come aiutante della guardia carceraria. Amore di dedizione e sacrificio di sé, in una straordinaria musica!

Ma l’esempio più celebre di moralità è la Nona Sinfonia (1823-24), in cui, attraverso le parole in poesia di Schiller, chiaramente affiorano le tematiche kantiane. Kantiano, infatti, è il concetto di “persona” della Nona, vista come fine e non come mezzo, in una concezione dell’essere umano che, ancora oggi, dovremmo saper contrapporre all’individualismo imperante.

Ecco, dunque, il tema della gioia: poeta e musicista nella Nona, concordi, celebrano die Freude, raggiungibile condizione dell’esistenza, in cui gli esseri umani sono nel bene, affratellandosi. Gioia, bella scintilla divina. La tua magia ricongiunge ciò che la moda ha rigidamente diviso, tutti gli uomini diventano fratelli. Abbracciatevi, o moltitudini, in questo bacio del creato intero.

In questo abbraccio universale si percepisce anche la presenza di Dio: Fratelli, sopra il cielo stellato deve abitare un padre affettuoso! Vi inginocchiate, o moltitudini? Intuisci il Creatore, o mondo? Cercalo sopra il cielo stellato! Sopra le stelle deve abitare!

L’incontro col Cristo nella Missa solemnis

Beethoven aveva rappresentato la figura del Cristo sofferente nell’oratorio Cristo sul monte degli ulivi (1801): in quell’opera, Cristo è l’essere umano che affronta con coraggio, ma con angoscia, il dolore e la morte, in forza di un ideale superiore. Nella Missa solemnis (1818-22) il genio beethoveniano si misura più compiutamente con Cristo, uomo “divino”.

La grande opera sinfonico-corale fu dedicata all’arciduca Rodolfo d’Asburgo (fratello dell’imperatore Francesco II) in occasione dell’insediamento nella sua sede arcivescovile, ma destinata, da subito, all’esecuzione concertistica piuttosto che all’ambito liturgico, secondo una tradizione che nel periodo Romantico è ormai consolidata, pur conservando riferimenti fermi alla tradizione liturgica occidentale.

Nell’affrontare i testi canonici dell’Ordinarium Missae, si può dire che Beethoven abbia riassunto – in quella che considerò la sua opera più importante – tutta la sua visione dell’uomo e della vita nel mondo.

Perciò, accanto all’aspetto confessionale, emerge nell’opera, ancora una volta, la sua grande tensione etica, nella accorata e sofferta condivisione della condizione umana: una condivisione che Beethoven ha inteso esprimere, non da intellettuale, bensì da uomo che vive con tutte le sue emozioni e la sua spiritualità, come appare dalla intestazione impressa all’opera: Von Herzen – Möge es wieder – zu Herzen gehen”, cioè Dal cuore – deve ritornare – al cuore.

Voglio soffermarmi su due pezzi di questa opera grandiosa.

Il Benedictus (cf. video su YouTube) qui venit in nomine Domini nella liturgia cristiana suggella la figura di Cristo, vero uomo mandato dal Padre – nel Santo Nome del Padre -, quindi vero Dio nella Trinità. I grandi compositori delle Messe del Settecento hanno dato grande rilievo alla meravigliosa frase evangelica di Matteo 21,9, con creazioni spirituali cariche di affetto di Dio per la creatura umana, in Cristo: celeberrimi i Benedictus di Bach e di Mozart.

Beethoven realizza, per il suo Benedictus nella Missa Solemnis, un preludio orchestrale penetrato di misteriosa attesa: la melodia e l’armonia “vagano” come in cerca di qualcosa che ancora non conoscono. Il violino solista si avvicina da lontano e conduce ad una prima entrata dei bassi del coro che enunciano la frase evangelica. Ma subito dopo le voci tacciono e lasciano spazio al violino, che inizia ad esporre una melodia dolcissima, ineffabile, che prosegue per sedici battute; una melodia di calma e di dolcezza, che tuttavia comprende slanci verso la zona più acuta dello strumento, a significare un anelito superiore, di trascendenza.

Il tempo, Andante cantabile e non troppo mosso, si muove su un ritmo che raffigura una sorta di lento procedere, ossia un camminare che non ha nessuna ragione di fretta, di tensione o di ansia; al contrario, avanza con incedere pacifico e rassicurante.

Il violino solista, dunque, esprime la presenza consolante di Cristo, corrisposta dalla fiducia dell’anima credente. Ciò anticipa l’essenza del canto successivo dei soli: dapprima il contralto e il basso, poi il soprano ed il tenore. Mentre il canto si afferma, il violino continua il suo dialogo con ciascuno dei soli, quale intima risonanza nell’anima di ciascuna delle voci.

In questo brano incontriamo, a mio modo di vedere, la più perfetta rappresentazione del dibattersi irrisolto – tipico del Romanticismo e dell’opera stessa di Beethoven – tra parola e musica: ovvero, quanto la musica abbia bisogno della parola per esprimersi compiutamente o viceversa quanto basti a sé stessa, ponendosi in una dimensione ulteriore, che assorbe e supera la stessa parola.

I brevi interventi del coro, in questo Benedictus, sono in “tono di lezione”, basati, cioè, su suoni ripetuti, a ribadire l’affermazione teologica: In nomine Domini! Solo su tale impulso il violino assume un carattere affermativo, con arpeggi discendenti che esprimono l’effetto della forza che viene dall’Alto – da Dio – rivolta alla misera condizione umana.

Dopo questo episodio, la dolcezza ineffabile prosegue con “divina” lunghezza, tanto che, – questo è l’effetto dell’ascolto – non vorremmo che questa musica finisse mai.

La tematica della pace

L’altro pezzo su cui brevemente soffermarmi è l’Agnus Dei col Dona nobis pacem (cf. video su YouTube).

Sulla pagina della partitura, allo stacco del Dona nobis pacem, Beethoven ebbe a scrivere: Bitte um innern und äussern Frieden: Preghiera per la pace interiore ed esterna.

La pace interiore è la pace dai conflitti dentro di sé ma, dal punto di vista teologico, è la pace conseguita per grazia di Cristo, con la fede. La pace esterna, in senso psicologico, è la pace nei rapporti interpersonali, mentre, in senso politico, è la pace tra i popoli e tra le nazioni. Anche in tal caso possiamo riferire il pensiero beethoveniano alla concezione filosofica kantiana: la pace universale è un obiettivo umano che si può effettivamente conseguire se si soddisfano i diversi fini di ogni particolarità; la diplomazia internazionale, secondo Kant, è in grado di conseguirla.

Allora, prestiamo attenzione ad alcune scelte operate da Beethoven. Innanzitutto, notiamo tre perfette ripetizioni – anziché due, secondo la tradizione precedente – del primo versetto Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, miserere nobis, quindi del versetto conclusivo Agnus Dei, qui tollis peccata mundi, dona nobis pacem. Ma la beatitudine di questa pace è, più volte, interrotta da fanfare di guerra. E da quelle fanfare viene il grido – prima sommesso poi sempre più drammatico – della invocazione del perdono e della pace.

Nella sezione del Dona nobis pacem si individuano sei frasi musicali precisamente definite: una prima frase di affermazione “teologica”, una seconda frase “di umana implorazione”, una terza “di esortazione”, una quarta “di contemplazione”, una quinta “veemente”, ed una sesta “affermativa”. Ciò mostra la pluralità di risonanze personali e collettive che, secondo Beethoven, promanano dal concetto di pace.

Senza scendere in dettagli troppo tecnici, spiego in breve.

Il coro espone una frase A che definisco “teologica” perché caratterizzata da un arpeggio discendente che significa un dono che scende dall’Alto.

Il coro espone poi una frase B che definisco “implorante” in quanto caratterizzata da piccole scale progressivamente ascendenti verso l’acuto.

Quindi una frase C, dapprima in piano a cappella, poi ripresa in maniera forte con l’orchestra, che definisco “esortativa” per i suoi battimenti.

La successiva frase D la definisco “contemplativa” perché ha valori larghi, ossia suoni lunghi, sopra il pianissimo dell’orchestra.

La frase E è “veemente” nella sua dinamica di fortissimo, nella impetuosa figurazione dell’orchestra. Ecco che nella frase E entrano i solisti.

Il coro esegue infine la frase F, conclusiva del brano, che definisco “affermativa” per la decisa scansione ritmica, in cui si alternano le voci dei soli.

A tal punto, l’umanissimo canto è interrotto dalla scansione di timpani, sulla quale si sviluppa una figurazione veloce degli archi e quindi la fanfara delle due trombe. Sul tremolo inquietante degli archi e dei timpani, il contralto solista riprende le parole dell’Agnus Dei, su cui Beethoven, in partitura, indica un “timidamente” – ängstlich – cioè, il senso angoscioso dello smarrimento all’udire i suoni minacciosi della guerra.

Dopo una seconda, fanfara, subentra il tenore solista, ansioso per via del crescendo e della triplice ripetizione della parola miserere. Ad una figurazione sospirosa dei legni risponde il coro affermando il suo e il nostro miserere nobis. Alla terza fanfara irrompe il soprano solista con un acuto: è la sua invocazione dell’Agnus Dei che riporta al dona nobis pacem, di tutti.

Sono, dunque, i solisti – o siamo noi stessi – a placare l’impeto del Male e ad affermare, definitivamente, il bisogno di pace che è di tutta l’umanità sofferente: gli ultimi lontani echi dei rulli di guerra vanno soffocati!

Che dire? Ogni possibile sentimento umano – anche di questi nostri tempi – è qui ben rappresentato, in una meravigliosa sintesi tra ideali filosofici illuministici e qualcosa che va al di là di essi, e che io chiamo fiducia o fede.

Propongo l’ascolto della Missa solemnis in due versioni storiche di grande bellezza: quella diretta da Herbert von Karajan e quella diretta da Leonard Bernstein. Nella versione di Karajan del 1966 (cf. YouTube), che dirige Berliner Philarmoniker e Wiener Singverein; i solisti sono Gundula Janowitz, Christa Ludwig, Fritz Wunderlich e Walter Berry. Nella versione di Bernstein del 1978 (cf. YouTube), che dirige Concertgebouworkest Amsterdam e Grosser Rundfunkchor Hilversum, i solisti sono Edda Moser, Hanna Schwarz, René Kollo e Kurt Moll.

Print Friendly, PDF & Email
Tags: , ,

Lascia un commento

Questo sito fa uso di cookies tecnici ed analitici, non di profilazione. Clicca per leggere l'informativa completa.

Questo sito utilizza esclusivamente cookie tecnici ed analitici con mascheratura dell'indirizzo IP del navigatore. L'utilizzo dei cookie è funzionale al fine di permettere i funzionamenti e fonire migliore esperienza di navigazione all'utente, garantendone la privacy. Non sono predisposti sul presente sito cookies di profilazione, nè di prima, né di terza parte. In ottemperanza del Regolamento Europeo 679/2016, altrimenti General Data Protection Regulation (GDPR), nonché delle disposizioni previste dal d. lgs. 196/2003 novellato dal d.lgs 101/2018, altrimenti "Codice privacy", con specifico riferimento all'articolo 122 del medesimo, citando poi il provvedimento dell'authority di garanzia, altrimenti autorità "Garante per la protezione dei dati personali", la quale con il pronunciamento "Linee guida cookie e altri strumenti di tracciamento del 10 giugno 2021 [9677876]" , specifica ulteriormente le modalità, i diritti degli interessati, i doveri dei titolari del trattamento e le best practice in materia, cliccando su "Accetto", in modo del tutto libero e consapevole, si perviene a conoscenza del fatto che su questo sito web è fatto utilizzo di cookie tecnici, strettamente necessari al funzionamento tecnico del sito, e di i cookie analytics, con mascharatura dell'indirizzo IP. Vedasi il succitato provvedimento al 7.2. I cookies hanno, come previsto per legge, una durata di permanenza sui dispositivi dei navigatori di 6 mesi, terminati i quali verrà reiterata segnalazione di utilizzo e richiesta di accettazione. Non sono previsti cookie wall, accettazioni con scrolling o altre modalità considerabili non corrette e non trasparenti.

Ho preso visione ed accetto