Così si colpisce la «disobbedienza civile»

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Lo scrittore Paolo Cognetti, noto per l’impegno in difesa della montagna e dell’ambiente, reagisce alla norma del recente disegno di legge governativo (cosiddetto pacchetto sicurezza) che prevede la trasformazione dell’illecito amministrativo in reato, punito sino a due anni di reclusione, per chi impedisce la libera circolazione su strada in maniera organizzata (includendo di fatto anche le manifestazioni di protesta). A cura di Giordano Cavallari.

paolo cognetti

Io penso che chi protesta lo fa contro il potere, e il potere stabilisce le sue regole.

Mi arrabbio quando sento dire, a proposito di Ultima Generazione: «Questi ragazzi hanno ragione però ci sono delle regole da rispettare».

Le regole, infatti, non sono volute da noi tutti, sono stabilite da chi comanda. Quella che chiamiamo democrazia è la dittatura di una maggioranza assai relativa, ossia il 51% di chi va a votare − cioè il 60% degli aventi diritto − che fa un misero 30%: neppure dell’intera cittadinanza, posto che dal voto sono esclusi minorenni e stranieri. In altre parole, queste regole sono volute da un 20-25% della popolazione.

Da quando esistono i movimenti di protesta, chi protesta ha due strade: mantenersi nella legalità, con manifestazioni e scioperi autorizzati; oppure, sconfinare nell’illegalità, praticando quella che Henry David Thoreau chiamava «disobbedienza civile».

Thoreau andò in carcere per non aver voluto pagare le tasse di guerra, non attenendosi alle regole. Quest’idea piacque molto a Gandhi che la praticò in maniera non violenta. Fu Gandhi a scrivere la famosa frase: «Prima ti ignorano, poi ti deridono, poi vinci».

Penso sia quello che può accadere a Greta Thunberg, ai Fridays for Future, a Ultima Generazione e al movimento ambientalista di cui faccio parte. Insomma, magari il prossimo libro lo scriverò dal carcere, per essermi seduto davanti a una ruspa in montagna! E andrà bene così.

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Un commento

  1. Christian 20 novembre 2023

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