Lo scorso martedì 14 gennaio, l’Ufficio per l’ecumenismo e il dialogo della diocesi di Bologna e la Comunità ebraica della città hanno proposto un incontro di approfondimento nell’ambito della giornata per l’approfondimento e lo sviluppo del dialogo tra cattolici ed ebrei. Il versetto di riferimento era tratto dal libro del Levitico: «È un Giubileo. Esso sarà per voi santo» (25,12), e la riflessione si è soffermata sulla parte che riguarda il riposo della terra, il rapporto con il Creato e la necessità per l’uomo e la donna di prendersi cura della Casa comune. Vi hanno preso parte Anita Prati, docente di Lettere classiche e redattrice di Settimana News, e Marco del Monte, ministro di culto ebraico di Bologna, che ha proposto il testo di seguito pubblicato.
L’anno del «Yovel» nella Torah è un anno sacro che si svolge una volta ogni cinquant’anni. A questo numero ci si arriva attraverso un calcolo singolare prodotto dal conteggio di sette cicli di sette anni:
«Conterai per te sette anni sabbatici, cioè sette volte sette anni; il periodo di sette settimane di anni farà un totale di quarantanove anni. Poi suonerai forte il corno; nel settimo mese, il decimo giorno del mese, il giorno dell’espiazione, farai suonare il corno in tutto il tuo paese. E santificherete il cinquantesimo anno. Proclamerete la liberazione in tutto il paese per tutti i suoi abitanti. Sarà un giubileo per voi: ognuno di voi tornerà alla sua proprietà e ognuno di voi tornerà alla sua famiglia. Quel cinquantesimo anno sarà per voi un giubileo; non seminerete, non mieterete ciò che sarà germogliato da sé, né farete la vendemmia delle vigne non potate, perché è un giubileo. Sarà sacro per voi: potrete mangiare solo la crescita diretta dal campo. In quest’anno del giubileo, ciascuno di voi tornerà padrone della sua proprietà» (Lev 25,8-13).
Nell’anno del Giubileo, quindi, ci si arriva dopo un cammino, un percorso di 7 cicli di sette. La mèta di questo percorso è un passaggio che porta dalla schiavitù alla libertà: viene affrancata ogni forma di servitù umana e naturale, nessuno se non D.o ha diritto di possesso eterno su di un altro uomo e/o sulla terra/natura.
Questo evento è chiamato in ebraico Yovel; la sua etimologia si riferisce al corno del Montone che veniva suonato per annunciarne l’inizio: ancora una volta un oggetto che rappresenta una forma di «passaggio», del passaggio del suono, che tende verso l’alto; il fiato non viene trattenuto, imprigionato, schiavizzato, ma transita dall’interno dell’essere umano verso l’Alto.
I Saggi ci danno una metafora molto bella di questo corno chiamato anche Shofar: esso rappresenta l’uomo, quell’essere formato dall’argilla, dalla terra in cui D.o stesso insuffla il Suo soffio, quel suono Divino che darà la vita all’umanità. Il termine Shofar ha anche la sua radice nel verbo «Leshapper», migliorare: questo passaggio da un’imboccatura stretta dal basso, verso la parte più grande del corno quella che tende verso l’Alto rappresenta proprio nella sua struttura quel percorso di miglioramento che l’uomo dovrebbe compiere.
Dunque l’uomo e la Terra rappresentano un unico elemento. Non solo, nel libro del Deuteronomio, l’uomo è chiamato: «L’albero del campo» (Deu 20,19):
«Tra le opinioni dei maestri sul rapporto uomo-albero, degno di rilievo è quanto scrive il Maharal (Netzach Israel cap.7), che mette in rilievo l’antiteticità della somiglianza tra uomo e albero: “In verità l’uomo è chiamato albero del campo, ma è un albero capovolto, perché l’albero ha la radice in basso, infissa per terra, mentre l’uomo ha la radice in alto perché la sua radice è l’anima che è di origine celeste; le mani sono i rami dell’albero, le gambe sono rami sovrapposti ai rami e il corpo è il tronco dell’albero”» (Seder di Tu Bishvat, a cura di Rav S. Bahbout, p. 14).
Adamo ed Eva peccarono perché abusarono del loro dominio sulla natura, violarono l’albero e violando l’albero violarono loro stessi. La loro punizione? Lavorare la terra, cioè, lavorare su loro stessi.
Terra, Natura e Uomo, quindi, rappresentano la stessa identità.
In questo contesto mi sembra molto interessante questa metafora, in particolare nel mondo moderno: il Mondo, l’integrità del nostro pianeta viene sempre più abusata dal totale delirio di onnipotenza umano, che crede di poter agire senza regole sull’equilibrio naturale, inquinando il nostro habitat in varie forme.
Purtroppo, questo abuso e «inquinamento» sta avvenendo anche nell’uomo e sull’uomo: ritmi incessanti di lavoro, sovrabbondanza di informazioni da gestire, multimedialità che imprigiona la mente di chi la gestisce. Mi sembra di vedere il dipinto moderno della dialettica hegeliana servo-padrone, dove chi dovrebbe mantenere il controllo su di un oggetto, gestendolo secondo un uso deontologico, purtroppo finisce per abusarne e non riesce più a farne a meno, diventandone il totale schiavo. In questo senso si vede la necessità del concetto di Giubileo: «In quest’anno del giubileo, ciascuno di voi tornerà padrone della sua proprietà», inteso come la necessità impellente e urgente di ritornare ognuno padrone di se stesso, riacquisire il nostro vero «io», e così anche nei confronti della natura si dovrebbe necessariamente togliere quel diritto indiscriminato di possesso eterno, lasciando il giusto riposo e rispetto del mondo.
Il ciclo di sette rappresenta proprio il numero dei giorni della creazione del mondo, dell’uomo, della natura, ma attenzione, D.o ci avverte: «Sei giorni lavorerai ma il settimo giorno sarà Shabbat, giorno di sacra cessazione dal lavoro». Non a caso la proclamazione del Yovel avveniva proprio nel giorno del Yom Kippur, uno tra i giorni più solenni del calendario ebraico, un giorno chiamato Shabbat Shabbaton, il Sabato dei Sabati. Il giorno in cui si proclamava il Giubileo era il giorno in cui si veniva purificati da ogni peccato, perché si era compiuto un percorso di digiuno, di astensione, un passaggio di purificazione.
Da un punto di vista mistico, non semplice da comprendere, l’Albero della Vita, l’Etz Chaym, è l’emanazione Divina in dieci livelli (Sefirot) proiettati sulla struttura umana in termini di parti del corpo e di qualità (Middot). Secondo le leggi della cosmogonia mistica, i primi tre livelli furono mantenuti intatti, mentre gli ultimi sette si rovinarono, ciò portò la necessità di ripararli. Secondo la legge mistica ogni livello conteneva tutti gli altri, ecco così che sette livelli, contenenti altrettanti sette, creano un percorso di riparazione, di miglioramento, di quarantanove livelli dove il cinquantesimo rappresenta lo stato del Tikkun, della rettificazione. Questo percorso rappresenta il processo del Yovel come Macrocosmo ma, in realtà, è presente ogni anno, come un microcosmo, nel conteggio dell’Omer.
Nell’uscita dall’Egitto il Signore comanda di contare sette settimane, cioè quarantanove giorni: questo percorso attraverso il deserto dovrà liberare il popolo d’Israel dai residui di schiavitù che avevano nel corpo e nella mente, il cinquantesimo giorno sarà la festa di Shavuot, cioè la festa delle settimane, ovvero la Pentecoste: dopo il percorso dalla schiavitù Egiziana, risalendo 49 livelli, si arriverà al 50 esimo, a Shavuot, alla festa della Donazione della Torà, alla liberazione.
Shavuot, settimane, può essere letto anche come Shevuot, giuramenti, ovvero il giuramento dell’uomo di rispettare D.o e, se così si può dire, il giuramento di D.o di rispettare l’uomo.
La strada, il percorso quindi è già il raggiungimento della Mèta. Non a caso nell’Ebraismo per definire la legge Divina si usa il termine Halachà, cioè «Cammino». Cammino verso una Mèta chiamata Speranza.