Africa: cosa significa indipendenza?

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È importante che i nostri Paesi africani siano politicamente indipendenti piuttosto che economicamente indipendenti? Come potrebbe essere possibile l’uno senza l’altro? Perché l’indipendenza non è assoluta. E non è una conquista permanente. È una lotta continua.

Non va intesa nel senso di autarchia, ma piuttosto nel senso di autonomia; e l’autonomia di un Paese si giudica in tutti gli ambiti contemporaneamente.

L’indipendenza politica di un Paese presuppone che abbia una propria politica di governo, che usi la sovranità nazionale per ristabilire la pace e la stabilità all’interno dei propri confini. La ricerca della pace dovrebbe essere la principale preoccupazione di tutti coloro che vogliono essere cittadini di un Paese, e non dovrebbe essere lasciata in mano solo al potere esecutivo. Ciò consentirebbe a tutti di prendersi cura di sé stessi, di chi li circonda e degli affari pubblici.

Ogni Paese dovrebbe organizzare la gestione e il mantenimento del proprio esercito in modo da evitare di dipendere da eserciti vicini o stranieri in caso di problemi di sicurezza interna. Per raggiungere l’indipendenza politica, ogni Paese deve lavorare per non essere più totalmente dipendente dall’economia di altri Paesi. Come disse Charles de Gaulle: “Senza indipendenza economica non c’è indipendenza”. Vediamo ora l’aspetto economico dell’indipendenza di un Paese africano.

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Un Paese è economicamente indipendente quando ha un margine di manovra sufficiente per disporre liberamente dei mezzi di sua scelta per raggiungere i propri obiettivi di sviluppo. Questo non è ancora il caso della maggior parte dei Paesi africani, in particolare della Repubblica Democratica del Congo, uno dei Paesi più poveri del pianeta, con un’economia estroversa, interamente rivolta verso l’esterno e fortemente dipendente dal settore minerario.

Per essere utile agli altri Paesi, è necessario aver raggiunto un certo livello di progresso economico promuovendo l’industria all’interno del Paese. Questa industria, una volta ben organizzata, porta all’espansione economica del Paese: un aumento della produzione interna che favorisce le esportazioni; una diminuzione del tasso di disoccupazione; una diminuzione del prezzo dei beni sul territorio nazionale.

Affinché le industrie locali funzionino correttamente, devono essere protette: applicare una politica protezionistica significa proteggere le nascenti industrie locali dall’influenza delle industrie straniere.

L’indipendenza economica di un Paese dipende essenzialmente, in primo luogo, dall’accesso ai mercati dei capitali esteri o internazionali, che può essere finanziato sia dal governo (fondi propri), sia dal ricorso a prestiti o debiti esterni (contratti dallo Stato), sia dalla sovranità monetaria.

In secondo luogo, dipende dall’industrializzazione basata sulle risorse naturali (risorse minerarie ed energetiche, acqua, foreste e terreni fertili); in terzo luogo, dal miglioramento del capitale umano e dal trasferimento di tecnologia. Prendiamo il caso della RDC, considerata uno scandalo geologico con un potenziale che, se adeguatamente sfruttato, aumenterebbe la sua industrializzazione e le permetterebbe di diversificare la sua economia.

Il settore agricolo rappresenta la maggior parte della forza lavoro del Paese, che soffre anche di un livello di istruzione molto basso, che spinge alcuni laureati a lasciare il Paese: c’è quindi una carenza di personale qualificato e specializzato in diversi settori della vita economica del Paese.

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Per raggiungere l’indipendenza politica ed economica, i Paesi meno sviluppati hanno bisogno di nuove pratiche e metodi diversi per il loro sviluppo. Hanno bisogno di una leadership molto forte e competente, capace di definire gli obiettivi e di intraprendere le azioni concrete necessarie per raggiungerli; hanno bisogno di una buona governance sia nel settore pubblico che in quello privato.

La loro politica industriale deve mirare a risalire la catena del valore e ciò richiede una politica di investimenti integrata e coerente che tenga conto della questione del trasferimento tecnologico.

Questi Paesi devono anche conoscere i loro punti di forza e di debolezza, le opportunità e le minacce che devono affrontare: è a questo livello che devono individuare le aree da sfruttare e organizzare una formazione specializzata. In breve, devono essere in grado di assorbire e sfruttare i trasferimenti tecnologici di cui beneficiano.

  • Furaha Apipawe è studentessa in economia presso l’Université Catholique du Graben/Butembo. Articolo pubblicato nel quadro della cooperazione con la rivista africana J’écris, je crie.

Est-il important, pour nos pays d’Afrique, d’être indépendant plus au plan politique qu’économique ? Comment déjà l’un serait-il possible sans l’autre ? Car l’indépendance n’est pas absolue. Et elle n’est pas un acquis permanent.

C’est un combat perpétuel. Elle n’est pas à prendre au sens d’une autarcie, mais plutôt à celui d’une autonomie ; et l’autonomie d’un pays se juge dans tous les domaines à la fois.

L’indépendance politique d’un pays suppose que ce dernier dispose de sa propre politique de gouvernance, qu’il use de la souveraineté nationale afin de restaurer la paix et la stabilité à son sein. La recherche de la paix devrait être la préoccupation majeure de toute personne se voulant citoyen d’un pays, cette question ne devrait pas être abandonnée uniquement au cadre dirigeant.

Ceci permettrait à chacun de veiller sur lui-même, son entourage et sur la chose publique. Chaque pays devrait s’organiser pour l’encadrement et l’entretien de son armée afin d’éviter de dépendre d’armées voisines, d’armées étrangères, en cas de problèmes sécuritaires intérieurs. Pour accéder à son indépendance politique, chaque pays doit travailler à ce qu’il ne soit plus totalement dépendant de l’économie d’autres pays. Charles De Gaulle le déclare : « Sans indépendance économique, il n’y a plus d’indépendance tout court ». Abordons maintenant l’aspect économique de l’indépendance d’un pays.

Un pays est économiquement indépendant lorsqu’il dispose d’une marge de manoeuvre suffisante lui permettant de disposer librement des moyens de son choix pour atteindre ses objectifs de développement. Ce n’est pas encore le cas pour la plupart des pays africains, particulièrement la République Démocratique du Congo, l’un des pays les plus pauvres de la planète avec une économie extravertie, entièrement tournée vers l’extérieur et dépendant fortement de son secteur minier.

Pour être utile aux autres pays, il faut avoir atteint un certain niveau de progrès économique en promouvant l’industrie sur le territoire national. Cette industrie, une fois bien organisée, conduit à l’expansion économique du pays : augmentation de la production intérieure favorisant les exportations ; diminution du taux de chômage ; diminution des prix des biens sur le territoire national. Les industries locales, pour bien fonctionner, doivent être protégées : application de la politique protectionniste qui consiste à protéger les industries locales naissantes contre l’influence des industries étrangères.

L’indépendance économique du pays passe essentiellement d’abord par l’accès aux marchés étrangers ou internationaux des capitaux, marchés pouvant être financés soit par le gouvernement (fonds propres), soit par recours à des emprunts ou dettes extérieures (contactées par l’Etat) soit encore par la souveraineté monétaire ; ensuite par l’industrialisation basée sur les ressources naturelles (ressources minières, énergétiques, dotation en eaux, forêts et terres fertiles) ; et par l’amélioration du capital humain ainsi que le transfert des technologies.

Prenons le cas de la RDC considérée comme un scandale géologique avec un potentiel qui, bien exploité, accroîtrait son industrialisation et lui permettrait une grande diversification de son économie. Son secteur agricole occupe la grande portion de la maind’oeuvre nationale, le pays souffre également d’une éducation à très faible rendement poussant ainsi certains diplômés à se diriger vers l’extérieur ; l’insuffisance du personnel qualifié et spécialisé dans plusieurs domaines de la vie économique du pays.

Pour atteindre leur indépendance politique et économique, les pays moins avancés ont besoin de nouvelles pratiques, des méthodes différentes nécessaires pour leur développement. Il faut un leadership très fort et compétent, capable de se définir des objectifs et de poser des actions concrètes et nécessaires pour leur réalisation ; la pratique d’une bonne gouvernance tant dans le secteur public que dans le secteur privé.

Leur politique industrielle doit viser à monter plus haut sur la chaîne de valeur et elle nécessite une politique d’investissement intégrée et cohérente prenant en compte la question du transfert de technologie. Ces pays sont également appelés à connaitre leurs forces et faiblesses, les opportunités ainsi que les menaces auxquelles ils font face : c’est à ce niveau qu’ils doivent cibler les domaines à exploiter, y organiser des formations spécialisées. Bref, ils doivent être capables d’absorber et d’exploiter les transferts de technologie dont ils bénéficient.

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