Macedonia del Nord-UE: punto di stallo

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Tra il 5 e il 6 ottobre a Granada, in Spagna, si è tenuto il vertice della Comunità politica europea a cui hanno partecipato i 47 leader nazionali, ovvero i 27 leader degli Stati membri e i leader dei restanti 20 paesi non membri.

Tra i tanti temi al centro dell’attenzione c’era anche quello di un possibile futuro allargamento dell’Unione, tema discusso principalmente in virtù di un’eventuale entrata dell’Ucraina, ma che riporta all’attenzione tutte quelle domande di adesione che sono rimaste a volteggiare nel nulla negli ultimi anni, come quella della Macedonia del Nord, la quale rappresenta un caso particolare.

Una delle strategie adottate in politica estera dall’UE è sempre stata quella dell’allargamento, che ha avuto il suo picco nel 2004 con l’entrata di ben dieci paesi: Ungheria, Polonia, Slovenia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Lettonia, Lituania, Estonia, Cipro e Malta. Dopo quell’anno il processo di allargamento ha avuto un brusco rallentamento, tanto che negli anni successivi hanno aderito solamente altri tre Stati: Romania e Bulgaria nel 2007 e Croazia nel 2013.

Ingresso nell’Unione

Dopo la Croazia non ci sono più state adesioni, nonostante molti altri paesi abbiano presentato la richiesta, prima e dopo quell’anno.

Il 22 marzo 2004 la Macedonia del Nord ha presentato la propria domanda di adesione all’Unione europea e nel dicembre del 2005 ha ottenuto lo status di paese candidato.

Il 18 febbraio 2008 il Consiglio europeo ha adottato il partenariato per l’adesione, riveduto con la Macedonia del Nord, con cui sono state individuate delle priorità d’azione in linea con le esigenze specifiche dello Stato e al suo livello di preparazione all’entrata nell’UE, in modo tale da arrivare a soddisfare tutti i criteri richiesti.

Tali criteri sono: la presenza di istituzioni stabili che garantiscano la democrazia, lo Stato di diritto, il rispetto dei diritti umani ed il rispetto e la tutela delle minoranze; un’economia di mercato capace di far fronte alla concorrenza e alle forze di mercato; e la capacità di applicare l’insieme di diritti e obblighi giuridici e politici che accomunano tutti gli stati membri.

Da quel momento, nonostante si siano tenuti diversi incontri per valutare l’andamento della situazione, notevolmente migliorato nell’ultimo decennio, e diversi tentativi per avviare le trattative, non sono stati fatti grandi passi avanti. Il processo di adesione si è arenato e questo è stato causato in particolare dall’intromissione di due stati membri, Bulgaria e Grecia, i quali hanno creato non pochi problemi durante i negoziati.

Resistenze all’ingresso della Macedonia del Nord

Il problema con la Bulgaria risiede nel fatto che essa non riconosce l’esistenza di una Nazione macedone indipendente da quella bulgara, tanto da: non ammettere l’esistenza di una lingua macedone, considerata invece un dialetto bulgaro; non riconoscere un’identità storica macedone, rivendicando come bulgari tutti gli eroi nazionali macedoni e non accettando che la Macedonia del Nord consideri i bulgari negativamente a seguito dell’appoggio dato da questi ultimi al regime nazista; e non riconoscere nemmeno una distinzione tra la popolazione macedone e quella bulgara, percepite come un tutt’uno, tanto da portare Sofia a volere che la Costituzione macedone riconosca la minoranza bulgara del paese.

Ciò che invece ha incendiato i rapporti con la Grecia è stata la disputa su tre argomenti, sempre riguardanti l’identità del giovane stato: il primo argomento riguardava la bandiera originariamente adottata dalla neo-nata Repubblica macedone, la quale riportava la Stella di Verghina, simbolo della dinastia di Alessandro Magno, uno dei personaggi cardine della storia greca, elemento che ha portato Atene ad accusare Skopje di “appropriazione storico-culturale”; il secondo argomento riguardava alcune clausole della Costituzione macedone, le quali secondo Atene potevano presagire possibili pretese territoriali sulle regioni settentrionali della Grecia e quindi un possibile conflitto. Il terzo argomento, invece, riguardava il termine “Macedonia”, lo stesso nome della storica regione greca.

Nel 2019, dopo numerose minacce e rivendicazioni, il nome fu ufficialmente cambiato in “Repubblica di Macedonia del Nord” sulla base di un accordo raggiunto con Atene il 20 giugno 2018 e questo sembra aver posto un punto agli scontri tra i due paesi.

Questi contrasti con la Bulgaria e con la Grecia hanno portato a un malcontento generale tra la popolazione macedone, che si sente smarrita e privata della propria identità nazionale, oltre al fatto che vive con disincanto il sogno europeo, visto ormai come irrealizzabile. Ciò ha portato a due fenomeni: lo spopolamento, testimoniato dal fatto che molti cittadini macedoni decidono di lasciare il proprio paese a causa dell’alto tasso di disoccupazione e a un rafforzamento delle posizioni nazionaliste, elemento che si riflette anche sull’aspetto della città di Skopje.

Identità e nazionalismo

Recentemente, infatti, mi sono recata a Skopje, capitale della Macedonia del Nord, e non ho potuto fare a meno di notare l’enorme quantità di statue di cui è ricoperta la città: fontane con sculture alte quattro o cinque metri; ponti decorati con decine e decine di sculture affiancate da lampioni dorati; e statue di guerrieri a cavallo, come quella nata per raffigurare Alessandro Magno, ma che a causa degli scontri con la Grecia citati in precedenza, ora rappresenta un guerriero generico.

Queste sculture non risalgono a tempi lontani, ma sono il frutto di un progetto governativo di restyling chiamato “Skopje 2014”, nato con l’obiettivo di mostrare e affermare il passato, la storia e le origini del paese, una sorta di rivendicazione della propria identità spinta dallo spirito nazionalistico, elemento che mette in luce come la questione macedone sia ancora lontana dal risolversi.

È vero che una fetta di Governo e di popolazione vorrebbe scendere a compromessi con la Bulgaria, tanto che nel 2022 il Parlamento ha votato “sì” al riconoscimento della minoranza bulgara nella Costituzione. Questo per poter finalmente entrare a far parte dell’Unione europea e per ricevere aiuti che risolleverebbero la situazione economica del paese che, nonostante abbia fatto notevoli passi avanti negli ultimi anni, rimane comunque molto critica.

Infatti, il paese è caratterizzato da un elevato tasso di povertà, tanto che camminando per la città, si possono incontrare decine e decine di mendicanti, tanti dei quali sono bambini, che cercano di racimolare qualcosa improvvisando coreografie, suonando qualche strumento o mettendo della musica con le casse.

Nonostante ciò, è altrettanto vero che esiste una consistente fetta di cittadini e di Governo che si oppone ad ogni compromesso e che vuole preservare la propria identità, considerata più importante di ogni altra cosa, non cedendo alle pressioni di Sofia.

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