Migrazioni: le responsabilità dell’Africa

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Ogni anno, il 18 dicembre è una giornata dedicata ai migranti, o clandestini, come amano chiamarli giornalisti e politici. Il fenomeno, che non ha età, da qualche anno fa notizia sui media e negli incontri diplomatici tra i leader mondiali, evidenziando un vero e proprio malessere nelle giovani democrazie africane, un’asfissia sociale i cui migranti, per la maggior parte, provengono dall’Africa subsahariana, e una reale necessità di riesaminare la considerazione politica dell’essere umano, del povero, del migrante.

Cosa si intende, infatti, per “fenomeno migratorio”? Con questi concetti intendiamo lo spostamento, a volte su larga scala, di famiglie africane (soprattutto a sud del Sahara) che fuggono dalle condizioni ritenute precarie dei loro Paesi d’origine nel tentativo di trovare benessere sociale altrove. Va detto, e non lo si ripeterà mai abbastanza, che ciò riflette l’irresponsabilità delle politiche di sviluppo africane e il fallimento dei leader dell’era post-indipendenza. È una fuga nello spirito del detto latino: in fuga salus.

Va notato che se il desiderio di una vita migliore rimane un istinto naturale, è necessaria una regolamentazione preventiva tra gli stati per armonizzare questi arrivi in nuovi Paesi che, a volte, temono per la sicurezza dei loro cittadini. Tuttavia, i movimenti delle persone di cui stiamo parlando sono quasi sempre al di fuori del circuito delle relazioni internazionali. Non è raro, quindi, che questo flusso di migranti sia motivo di tensione tra gli stati. È qui che il fenomeno dei migranti costituisce un vero e proprio problema internazionale che richiede la piena attenzione dei leader e dei politici.

Si tratta anche un vero e proprio allarme umanitario. Basta pensare agli assembramenti di migranti in Tunisia e a Lampedusa – e alle condizioni precarie in cui sono ospitati per rendersene conto; tutto questo in un mondo sconvolto dall’ingiustizia e dalla disuguaglianza, un mondo in cui alcuni sono lasciati morire e altri sono saziati come se l’umanità fosse stata inegualmente condivisa.

Infine, riconosciamo che gli stati si stanno già occupando della questione, cercando di trovare modi e mezzi per armonizzare l’accoglienza dei migranti nei loro Paesi di rifugio che hanno sognato a lungo, e nel loro tentativo di integrarsi socialmente. Ma rimane una grande domanda: tutte queste iniziative internazionali per la causa dei migranti sono abbastanza rilevanti per affrontare una sfida così importante?

Noi pensiamo di no. Il motivo è che ai grandi mali corrispondono grandi rimedi, soluzioni fondamentali, terapie che affrontano le cause e non i sintomi. E nel caso in questione, l’afflusso di migranti è la conseguenza della governance traballante, addirittura caotica, della maggior parte dei Paesi africani, delle guerre interne e delle guerre importate per motivi economici per saccheggiare le risorse dei contadini poveri. Questo chiarisce il vero problema. Con esso, due appelli alla responsabilità: il primo ai politici africani; il secondo agli africani stessi.

Ai politici africani e ai loro partner internazionali si deve ricordare l’obbligo di lavorare per il miglioramento sociale dei loro cittadini e di porre fine alle guerre. Non ci si aspetti di porre fine alla tragedia dei migranti lasciando perdere le guerre in Libia, Sudan, Repubblica Democratica del Congo, e così via.

Sarà importante ricordare agli africani che l’Africa ha tutto ciò che possono desiderare e che il “mito del mikili” (il sogno di mettere un giorno piede in Europa, che la maggior parte degli africani abbraccia) deve essere sostituito da un impegno concreto per combattere le politiche ingiuste, contro la fame, contro la sete, contro l’indegnità, nello spirito dell’appello di Antoine de Saint-Exupéry nelle ultime righe de Il piccolo principe: “Coltiviamo il nostro giardino”.


DANS LES OUBLIS DE LA MÈRE, DE LA MER : LE DRAME DES MIGRANTS

Le 18 Décembre de chaque année est une journée consacrée aux migrants, les migrants clandestins comme aiment les appeler les journalistes et les politiques. Le phénomène qui n’est pas assez vieux fait la une des médias et des rencontres diplomatiques entre dirigeants du monde depuis quelques années relevant ainsi un vrai malaise dans les jeunes démocraties africaines, une asphyxie sociale dont les migrants, en grande partie, sont issus de l’Afrique subsaharienne et un réel besoin de réexamen de la considération politique de l’humain, de la personne humaine, du pauvre, du migrant.

Qu’entendre, en fait, par “phénomène-migrant”? A travers ces concepts, il sied d’entendre des déplacements parfois importants des familles africaines (du sud du Sahara surtout) fuyant les conditions jugées précaires de leurs pays d’origine en vue de tenter de voir l’ailleurs du bien-être social. Ce qui, il faut le dire et on ne le dira jamais assez, traduit l’irresponsabilité des politiques africaines de développement et l’échec des dirigeants du lendemain des indépendances. Il s’agit d’une fuite dans l’esprit du dicton latin : “IN FUGA SALUS “.

Il est à noter que si l’aspiration au mieux-être demeure un instinct naturel, une réglementation préalable est requise entre les Etats en vue d’harmoniser ces arrivées des citoyens vers de nouveaux pays qui, eux aussi, craignent parfois pour la sécurité de leurs citoyens. Or, les déplacements des peuples dont il s’agit ici échappent toujours ou presque au circuit des rapports internationaux. D’où, il n’est pas rare de constater que ce flux (des migrants) soit la raison suffisante des désescalades entre États. C’est ici que le phénomène-migrant constitue un réel problème international requérant toute l’attention des dirigeants et politiques. Il constitue aussi une véritable alerte humanitaire. Il suffit de penser aux rassemblements des migrants en Tunisie, au site Lampedusa ( Italie ) et aux conditions précaires qui les hébergent pour s’en rendre compte et tout ceci dans un monde cassé par les injustices et inégalités, un monde au sein duquel on laisse mourrir les uns et on rassasie à satiété d’autres comme si l’humanité était inégalement partagée. N’est-elle, pourtant pas, la chose la mieux partagée, paraphrasant mutatis mutandis Descartes ?

Enfin, reconnaissons que les Etats se penchent déjà sur cette problématique tentant de trouver des voies et moyens d’harmonisation de l’accueil des migrants dans leurs pays de refuge, de rêve ; de leur insertion sociale,…Mais, une question de taille demeure : Toutes ces démarches internationales pour la cause des migrants sont-elles assez pertinentes pour prétendre relever un si grand défi ? Pas assez, estimons-nous ! La raison est qu’aux grands maux, de grands remèdes, des solutions fondamentales, des thérapies qui touchent les causes et non les symptômes. Et dans le cas d’espèce, les afflux des migrants sont la conséquence de la gouvernance boiteuse, voire chaotique de la plupart des pays africains, des guerres internes et importées pour des raisons économiques de pillage des ressources des pauvres paysans. Voilà clarifié le vrai problème. Avec lui, deux appels à la prise de responsabilité : le premier aux politiques africains ; le second aux africains eux-mêmes.

Aux politiques africains et leurs partenaires internationaux sera rappelée l’obligation d’oeuvrer pour l’amélioration du social de leurs citoyens et de mettre fin aux guerres. N’attendez pas mettre fin au drame des migrants en laissant tranquille la guerre en Libye, au Soudan, en République Démocratique du Congo,…

Aux africains, il sera important de rappeler que l’Afrique regorge tout ce qu’on peut désirer et que le “mythe de mikili ” (rêve fort de fouler un jour ses pieds en Europe qui emballe la plupart d’africains) doit être remplacé par un engagement concret contre les politiques injustes, héritières de la colonisation et trop souvent au service des maîtres presents-absents, contre la faim, contre la soif, contre l’indignité dans l’esprit de l’appel d’Antoine de Saint-Exupéry dans les dernières lignes de “Le Petit Prince ” : “CULTIVONS NOTRE JARDIN “.

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