
Gli autori di questo saggio sono un teologo, biblista e filosofo nato in Gabon e addottorato in Teologia fondamentale presso la Pontificia Università Gregoria di Roma e una consacrata dell’Ordo Virginum di San Severo (FG) dal 2001 e professoressa straordinaria di Teologia biblica alla Gregoriana.
La filiazione, grande sogno di Dio Padre
I due studiosi sono convinti che il dato teologico della filiazione divina sia un asse portante della rivelazione redentrice di Dio Padre in Gesù Cristo, pensata fin dall’inizio, prima della creazione del mondo. Il Verbo di Dio si è incarnato nel grembo della vergine Maria per poter rendere partecipi gli uomini della sua relazione filiale col Padre. Ciò che egli possiede per natura, lo dona per partecipazione all’umanità grazie alla potenza dello Spirito Santo.
Prima ancora della creazione del mondo, nel grande sogno di Dio c’era l’universale chiamata a «essere per lui figli adottivi mediante Gesù Cristo» (Ef 1,5).
Questo si è attuato nella «pienezza del tempo» mediante il duplice invio, strettamente collegato, del Figlio e dello Spirito. Scrive Paolo: «Quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio nato da donna […] affinché ricevessimo l’adozione a figli. E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: “Abbà! Padre!”» (Gal 4,4-6; cf. Rm 8,14,15).
Anche il prologo del Vangelo di Giovanni afferma che quanti accolgono nella fede il Figlio ricevono il «potere», ovvero la capacità, «di diventare figli di Dio» (Gv 1,12). La finalità filiale dell’incarnazione del Verbo viene illustrata ulteriormente nel Vangelo di Giovanni presentando la vita del Figlio di Dio sulla terra come un itinerario spirituale verso l’unione col Padre.
Si profila in tal modo la via della “mistica filiale”, che i due autori approfondiscono sulle orme del Vangelo giovanneo, intrecciando abilmente esegesi e teologia spirituale. Essi sono persuasi che è urgente riscoprire la mistica filiale che si radica nel battesimo e che è dono offerto a ogni uomo e donna chiamati a diventare pienamente figli di Dio.
La mistica filiale tra esegesi e teologia spirituale
Ponga e Manes illustrano la loro tesi scorrendo le pagine del Vangelo di Giovanni, alternando nei dieci capitoletti della loro opera l’analisi esegetica e la trattazione tipica della Teologia spirituale, che si avvale del contributo dell’esperienza mistica dei santi dei vari secoli.
Dopo l’introduzione (pp. 9-12) e dopo aver illustrato la via della mistica filiale servendosi di Gv 1 e degli scritti di Tommaso d’Aquino (pp. 13-18), la via della mistica nuziale (pp. 19-28), è illustrata tramite la testimonianza di Giovanni Battista (Gv 3), del profeta Osea e del Cantico dei Cantici, avvalorata dagli stimoli proposti dalla teologia spirituale del Carmelo (con le due correnti dei Carmelitani dell’antica osservanza e quella dei Carmelitani Scalzi). Emergono le opere di Giovanni della Croce e di Teresa d’Avila.
La vita del Figlio sulla terra (pp. 29-34) è illustrata ancora grazie alla testimonianza di Giovanni Battista (Gv 3) e dalla riflessione teologica sul Figlio che viene «dall’alto» e porta con sé le parole e la vita del Padre, comunicando lo Spirito senza misura (Gv 3,34b).
Il Figlio inviato dal Padre (pp. 35-42) proferisce la Verità della volontà del Padre, è cibo di vita, compie la volontà salvifica del Padre verso il mondo che tanto ama. Gesù evangelizza i samaritani (Gv 4). Il Figlio obbedisce alla volontà del Padre perché essi hanno una volontà comune. Per entrare in una vera obbedienza, il figlio o la figlia devono appropriarsi, a immagine del Figlio, della propria identità, in quanto figlio o figlia di un padre o di una madre. Il mondo attuale impedisce – secondo Ponga – di vivere la nostra vera filiazione.
Le opere del Padre attraverso il Figlio (pp. 43-50) sono presentate servendosi di Gv 5. Gesù afferma: «… In verità, in verità io vi dico: il Figlio da sé stesso non può far nulla, se non ciò che vede fare dal Padre; quello che egli fa, anche il Figlio lo fa allo stesso modo» (Gv 5,19).
Tommaso d’Aquino aveva evidenziato come un’opera di Dio, al di fuori della santissima Trinità, è un’opera comune alle Tre Persone. Secondo Ireneo di Lione, quando si interpretano correttamente le sacre Scritture, si può: «… vedere tutto il corpo dell’opera compiuta dal Figlio» (in Adv. Haer, IV, 33,15).
Gv 5 mostra come la guarigione del paralitico alla piscina di Betzatà sia opera del Figlio in imitazione a quello che vede fare dal Padre.
La teologia afferma che le opere del Padre attraverso il Figlio danno gloria al Padre. Il compimento delle opere del Padre da parte del Figlio e dei suoi discepoli, che diventeranno anch’essi figli adottivi, concorrono alla stessa gloria del Padre.
La testimonianza del Padre sul Figlio (pp. 51-60) si compie attraverso la testimonianza di Giovanni Battista (Gv 5) e le opere che il Padre ha dato da compiere al Figlio suo (cf. Gv 5,36). Per il Figlio, la testimonianza che il Padre gli dà è soprattutto una manifestazione della «verità». La testimonianza è vera perché Dio è il «Veritiero» (cf. Ap 19,19,9; 1Gv 5,20).
Il Padre che testimonia del Figlio è colui che sa veramente chi è suo Figlio, sia in cielo che sulla terra. Anche il padre spirituale che ha generato una persona alla vita spirituale trasmette un’eredità spirituale, con un certo patrimonio spirituale “genetico” che è chiamato particolare o specifico.
Nel capitolo “Il Figlio volto del Padre” (pp. 61-68; cf. Col 1,15) si riflette su Gv 14,7-11 e sulla risposta che Gesù dà a Tommaso. Fra il Padre e il Figlio c’è immanenza reciproca. Gv 14,7 afferma: «Se avete conosciuto me, conoscerete anche il Padre mio: fin d’ora lo conoscete e lo avete veduto».
Gesù mostra il Padre perché è in comunione totale e perpetua con lui. Egli dice le parole del Padre e compie le sue opere.
«Essere il volto del Padre, come dice sant’Ireneo di Lione, è passare dall’immagine di Adamo alla somiglianza con il Figlio (Adv Haer. III, 18, 1; V, 17,2) – ricorda Ponga –. L’unione trasformante, che proviene dall’opera attiva dello Spirito Santo, ci fa crescere in questo cammino di conformazione al Figlio di Dio per diventare il volto del Padre sulla terra, come saremo definitivamente in cielo, dove vivremo in pienezza la mistica filiale, l’unione totale ed eterna con il Padre nostro» (p. 68).
La preghiera del Figlio e la mèta della vita filiale
“La preghiera del Figlio” (pp. 69-78) riflette sui numerosi momenti di preghiera vissuti da Gesù alla ricerca dell’intimità con la volontà del Padre. Nella vita pubblica e nell’Ultima Cena (cf. Gv 17), nella preghiera di addio (così Manes titola Gv 17), egli si rivolge al Padre con grande abbandono, cercando di glorificare il nome del Padre, pregando per sé, per i Dodici e per quanti avrebbero creduto nel suo nome. Nella sua preghiera di addio, Il Figlio mostra il suo legame eterno con il Padre, quel Padre che è un Dio glorioso o un Dio di gloria (cf. Gv 17,1c-5).
Gesù prega ringraziando (cf. Gv 11,41-42) e supplicando (cf. Gv 12,27-28a). Egli è sicuro di essere ascoltato.
Ponga ricorda che pregare è un atto di comunione filiale, che si basa sulla fiducia e sull’obbedienza di coloro che sono certi di essere esauditi.
Nell’ultimo stadio dell’unione mistica con il Padre, che è una vita immersa nel soprannaturale, la preghiera è unione delle volontà con il Padre. La mistica filiale è la via verso la gloria dei figli di Dio, riconciliati con il Padre e «coeredi di Cristo» (cf. Rm 8,17). L’unione mistica del Figlio con il Padre fa sì che tutte le preghiere che gli presenta siano esaudite. La vita filiale è una via molto sicura per la preghiera cristiana.
«Salgo al Padre mio e Padre vostro» (Gv 20,17), dice Gesù a Maria Maddalena (pp. 79-90). Il cammino della mistica filiale è una salita, o un’assunzione, verso il Padre, e questo attraverso l’ascensione del Figlio al Padre. È questa ascensione del Figlio che parla della nostra filiazione, perché il Padre suo è anche nostro Padre.
Il compimento della vita terrena del Figlio è il ritorno alla vita nel seno del Padre – annota Ponga –. Questo è culmine della mistica filiale, che può essere vista in tal modo come il compimento della vita cristiana e umana sulla terra.
Ignazio di Antiochia († 107 d.C.) scrive ai fratelli della Chiesa di Roma: «Ogni mio desiderio terreno è crocifisso e non c’è più in me nessun’aspirazione per le realtà materiali, ma un’acqua viva mormora dentro di me e mi dice: “Vieni al Padre”» (Rm 7,2).
Il fine ultimo della mistica filiale è quello di raggiungere il Padre e vivere con lui per tutta l’eternità.
Manes cita vari brani di Gv 13 e di Gv 17, mentre Ponga rammenta varie riflessioni presenti nella Salita al monte Carmelo di san Giovanni della Croce e ne Il castello interiore di santa Teresa d’Avila.
Lo studioso riassume ancora una volta le tappe della vita filiale che è in cammino verso la comunione piena col Padre. Quella che è stata di Gesù lo è anche per i discepoli: il camino spirituale e sacramentale sfocia nell’assunzione di cui gode il cristiano per dono partecipato dal Figlio.
“Il potere (exousia) di diventare figli di Dio” (pp. 91-100) riflette sul Prologo del Vangelo di Giovanni (cf. Gv 1).
Ponga cita p. Raniero Cantalamessa circa i tre stadi attraverso i quali diventiamo figli e figlie di Dio:
1) Grazie al dono dello Spirito Santo inviatoci da Cristo risorto (cf. Gv 16,1-15; 20,22);
2) Grazie allo Spirito che ci unisce a Cristo e che fa di noi un solo Corpo con Lui (cf. Gv 17,21);
3) Grazie a questa unione a Cristo che avviene nella fede e grazie all’opera divina dello Spirito.
Secondo Ponga questa operazione spirituale viene fatta attraverso la mediazione di un padre o di una madre spirituale.
Il teologo elenca infine dieci principi pratici per vivere la filiazione spirituale (pp. 98-99).
Dopo la breve Conclusione (pp. 101-102), il volume si chiude con cinque excursus (pp. 105-132):
1) L’accompagnamento spirituale;
2) La paternità e la maternità spirituale (a p. 113 vengono elencate in otto tappe le caratteristiche di un padre o di una madre spirituale);
3) L’eredità spirituale;
4) La famiglia spirituale;
5) Il prete, figlio nel Figlio.
L’idea di unire riflessioni di esegesi e di teologia spirituale a riguardo di un tema centrale della vita cristiana risulta felice. Il dettato è estremamente chiaro e accessibile a tutti. Immancabili ripetizioni rafforzano l’idea centrale del libro.
Silouane Ponga – Rosalba Manes, La mistica filiale. Un’altra via di unione a Dio (Feritoie teologiche), Àncora Editrice, Milano 2025, pp. 136, € 15,00





