Chronicon – 7. Festa di San Giuseppe

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19 Marzo, festa di san Giuseppe. In tanti oggi mi hanno fatto gli auguri. Io però non ho festeggiato più di quel tanto, anche perché come sempre questo giorno cade in quaresima e ho ben altro a cui pensare. Uno mi ha fatto perfino gli auguri per la festa del papà: «Lei non ha figli – mi ha detto – ma è il papà di tutti noi, il padre della comunità». Queste parole in realtà mi mettono un po’ a disagio, amerei sentirmi fratello più che padre! E poi penso sempre a quello che scrive il Vangelo: «E non chiamate nessuno “padre” sulla terra, perché uno solo è il Padre vostro, quello del cielo» (Mt 23,9).

Oggi allora ho pregato ricordando Giuseppe, un uomo, un credente nel quale sono contento di riconoscermi. Pensando al mio ministero non mi dispiacerebbe viverlo secondo il suo stile.

Per il silenzio prima di tutto. Al di là degli spazi di quiete e di pace di cui sento il bisogno, vorrei a volte dovere e potere parlare di meno. Tutti mi chiedono di intervenire, si aspettano il mio parere su ogni cosa, pretendono che io sia competente in tutto. Proprio per questo a volte mi sembra che la miglior risposta sarebbe il silenzio. Penso a Giuseppe: non era una persona colta e capiva ben poco del mistero di cui era testimone, ma era lo stesso capace di custodirlo e di rimanerne stupito e meravigliato. Gli era capitato niente di meno che essere testimone dei primi passi di Dio nell’umana condizione. Non capita forse anche a me? Che Dio prenda dimora nei cuori e nelle storie di uomini e donne, non è questo il mistero che dovrei avere a cuore sopra ogni cosa? Cose di cui non capisco nulla e che mi sono nondimeno affidate.

In mezzo a tanto silenzio, Giuseppe mi insegna anche la forza della distanza e la bellezza del sogno. Ammiro la sua capacità di saper stare al proprio posto, di non rubare la scena a nessuno, senza per questo tirarsi indietro. Onora il proprio compito senza voler ad ogni costo diventare protagonista: una vita “indicativa” che conduce verso il bambino e la madre. E lo fa lasciandosi guidare dai sogni, quelli di Dio! Mi piacerebbe non confondere i miei sogni con quelli di Dio, ma non smettere di avere dei desideri grandi, che aprono al futuro, senza confonderli con le proiezioni dei miei successi. Lo penso anche per la mia parrocchia. A volte ci viene da desiderare grandi realizzazioni, sogniamo di risolvere i problemi del mondo e della chiesa con nuove strategie pastorali, rischiamo perfino di entrare in competizione con le parrocchie vicine giocando a chi è più bravo e fa le cose migliori. Ma i sogni di Dio si nascondono nelle piccole cose della vita nascente, e i semi del vangelo germogliano spesso là dove uno non se lo aspetta.

Mi piace meditare la vita di questo credente, anche perché si raccoglie in poche pagine. Diventa decisivo solo a tratti: quando deve dare un nome al piccolo, e quando lo deve custodire da pericoli imminenti. Penso al mio lavoro per custodire la fede in questa parrocchia. Non è compito mio il miracolo della fede. Forse le cose migliori accadono fuori dal mio controllo: a me è dato il dono e il compito di riconoscerle, di accompagnarle e di renderne grazie. È successo anche oggi nella celebrazione dell’eucaristia. Mi sono distratto durante il silenzio dopo la comunione. Guardavo la gente dispersa tra le panche. Dietro i volti delle persone presenti ero contento di poter riconoscere dei cammini di fede, alcuni forse erano noti solo a me. Anche Giuseppe nelle notti in fuga verso l’Egitto si sarà trovato a distrarsi guardando Maria e il bambino. E come lui, credo, mi sono chiesto “che cosa ci faccio qui?”, “perché ha affidato proprio a me questo compito?”. Ma è stato solo un attimo. Avrà pensato anche Giuseppe: “Dio sa quello che fa, e sceglie strumenti inadatti perché tutto resti interamente nelle sue mani”.

Chiudendo questa giornata non posso non pensare all’uscita di scena di Giuseppe, discreta e silenziosa come tutta la sua esistenza. Quando verrà il momento di salutare mi piacerebbe farlo così, senza troppo baccano, senza clamori, contento per l’opera incompiuta che Dio porterà a termine.

don Giuseppe

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