Mettiamo al bando la guerra

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pace

A Ghedi ci sono le bombe atomiche. Tenute per bene sottochiave, ma pronte all’uso per ogni necessità, la loro presenza nei bunker dell’aeroporto militare della bassa bresciana è uno di quei segreti di Pulcinella che tutti conoscono e nessuno nega.

Non solo Tornado

Non solo Tornado, come quelli partiti contro l’Iraq nel 1991 e contro la Serbia nel 1999: la base NATO di Ghedi – e anche questo è un mistero tutt’altro che misterioso – è attrezzata per gli F-35, cacciabombardieri di quinta generazione con capacità di trasporto di ordigni nucleari. Il tutto nell’ambito del programma Nuclear Sharing. «Condivisione nucleare»: si tratta, in parole povere, di ospitare bombe atomiche statunitensi nel proprio territorio, rendendosi disponibili al loro utilizzo in caso di guerra.

Immersa nella campagna, a una ventina di chilometri da Brescia, la tranquilla cittadina di Ghedi da decenni si trova a convivere con la guerra. I militari della NATO affittano case nella zona e, tutto sommato, rappresentano un buon indotto per l’economia locale.

Ma i sussulti di guerra alle periferie dell’impero talvolta spargono inquietudine, facendo ricordare che può essere pericoloso convivere, o vivere a distanza ravvicinata, con le bombe atomiche. Ci fosse un attacco ai bunker atomici bresciani, le stime, approssimative, danno dai 2 ai 10 milioni di vittime.

Insomma, un bel posto per una gita scolastica.

Deve aver pensato così il Ministero dell’Istruzione e del Merito che, per il tramite dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Lombardia e dell’Ufficio Scolastico Territoriale di Brescia, lo scorso mese di marzo ha fatto pervenire a tutte le scuole bresciane di ogni ordine e grado, dall’infanzia alle superiori, l’invito a partecipare alla tradizionale «Giornata per le Scuole», che prevede una mostra di velivoli a terra e l’esibizione in addestramento della Pattuglia Acrobatica nazionale delle Frecce Tricolori, presso il 6° Stormo «Diavoli rossi» delle Forze da combattimento dell’aerobase di Ghedi.

Ali di guerra

L’appuntamento è tradizionale, ma, rispetto alle circolari degli anni precedenti, la nota ministeriale di quest’anno si distingue per una particolare coloritura, che vira ben oltre i toni della piana e asettica comunicazione d’ufficio.

Innanzitutto, la scelta di dare un nome all’evento. E che nome: «Mettiamo le ali ai nostri sogni».

E poi, l’enfasi retorica:

La finalità è quella di far conoscere e promuovere sul territorio, insieme alla cittadinanza, alle Scuole, alle Istituzioni, i valori che ispirano il servizio al Paese, le tradizioni e la cultura dell’eccellenza italiana nel Mondo ed il patrimonio di storia, cultura aeronautica con le professionalità espresse dall’Aeronautica Militare.

Infine, last but not least, il rilievo dato alla questione «orientamento», uno dei temi caldi della scuola, oggi:

Oltre all’emozione per l’esibizione aerea, l’occasione potrà fornire agli studenti anche uno spunto per l’orientamento nella scelta del proprio profilo professionale ed occupazionale.

La scuola va alla guerra. Se ne sono accorti, e ci stanno avvisando da tempo, spiriti aperti e occhi sensibili. Le logiche belliciste e gli interessi economici, politici e militari normalizzano il disvalore della guerra spacciandolo per cultura, tra l’acquiescenza e la disinformazione generale.

Risale al marzo 2023 l’istituzione, da parte del ministero della Difesa, di un «Comitato per lo sviluppo e la valorizzazione della cultura della Difesa»[1]: quattordici nomi, che vedono la partecipazione del mondo militare, dell’industria bellica, delle università e della comunicazione.

Lo scopo: elaborare documenti, direttive e proposte «per supportare una visione innovativa nell’ambito della comunicazione e delle relazioni istituzionali». La finalità: divulgare «che gli investimenti in ricerca e sviluppo nel settore risultano fecondi non solo per la Difesa sotto il duplice profilo dell’operatività dello strumento militare e dello sviluppo industriale, ma anche per il sistema Paese in termini di incremento dei livelli occupazionali, di sviluppo complessivo del sistema industriale, di leadership tecnologica, di incremento della crescita e dunque delle entrate».

La forza militare come volano di crescita economica per il paese. La scuola come luogo di reclutamento. Una collaborazione sempre più stretta tra Forze Armate e Ministero dell’Istruzione, dal centro alla periferia, senza soluzione di continuità. O quasi.

L’Italia ripudia la guerra

A volte proprio non si può tacere. A volte l’indignazione non può non prendere parola. Ha pensato così Patrizia Lòndero, insegnante di lettere desenzanese. Decenni di collaborazione con il Movimento Cooperazione Educativa, di cui ha seguito i Progetti di Educazione alla Pace, Patrizia, dopo aver letto la nota ministeriale dello scorso mese di marzo, ha reagito con prontezza, scrivendo una lettera aperta dal titolo «Il fascino indiscreto della guerra»:

Non resta che solidarizzare unendosi a tutti coloro che condannano questa pericolosa proliferazione dii proposte formative a sfondo militare, per dichiarare con forza l’urgenza della costruzione di scuole di Pace, coltivando con i ragazzi occasioni di solidarietà con chi vive in zone di guerra, di conoscenza del dramma della guerra e delle sue vittime, di progettazione di aiuti concreti per coloro a cui la guerra ha distrutto tutto.

Curare le ferite, aiutare a ricostruire.
Ci sarebbe bisogno di leggere circolari che parlino di questo.

Il gruppo delle Donne in cammino per la pace di Desenzano ha da subito fatto propria, sottoscritto e condiviso l’accorata riflessione e la denuncia di Patrizia. Poi firme si sono aggiunte a firme. Centinaia e centinaia. Ad oggi un migliaio.[2] Dal mondo della scuola e non solo, a dare voce ad una tensione interiore che non accetta di assistere supinamente allo smantellamento delle idealità che hanno sostenuto la solenne dichiarazione dei nostri padri e delle nostre madri costituenti:

L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali.

Ripudiare la guerra. È questo l’impegno a cui ci richiama l’articolo 11 della Costituzione. Ripudiare è un verbo forte, fortissimo, che non accetta compromessi di comodo o mezze misure. Ripudiare, buttare via, mettere al bando la guerra, questa è la responsabilità a cui siamo chiamati.

Per secoli le nostre civiltà hanno accettato la schiavitù. Per secoli la tortura, il sopruso, la discriminazione, hanno fatto parte di un tollerato orizzonte di normalità. Poi è arrivata la stagione dei diritti. La Dichiarazione universale dei Diritti Umani del dicembre 1948 ha proclamato e sancito i diritti di prima generazione, fondati sulla libertà, e i diritti di seconda generazione, imperniati sull’uguaglianza.

Ma una terza generazione di diritti umani aspetta ancora di essere condivisa e sottoscritta – diritti che, come il diritto ad un ambiente sano, allo sviluppo e alla pace, hanno al cuore la fraternità.

Promuovere la pace, avere in orrore la guerra – così come abbiamo in orrore la tortura, le catene, la schiavitù, la sopraffazione, le discriminazioni: è questa la consapevolezza a cui, come umanità, ci dobbiamo risvegliare, prima che sia troppo tardi.

Appuntamento a Ghedi

L’appuntamento è a Ghedi, martedì 16 aprile 2024, davanti all’entrata dell’aerobase militare. Ci saranno le Donne in cammino per la pace, ci sarà don Fabio Corazzina, una delle più significative voci bresciane dell’impegno attivo nella nonviolenza.

Anche don Fabio ha sottoscritto la lettera di Patrizia Lòndero e, sul settimanale diocesano bresciano La voce del popolo, ha recentemente pubblicato un intervento dal titolo I sogni di guerra di un’Italia sbagliata. In modo accorato don Fabio si chiede:

Ma non ci vergogniamo, noi adulti. Invitiamo i ragazzi/e a fare festa in luoghi di morte, a confondere il tricolore costituzionale con uno stendardo di guerra, a valorizzare i Tornado ed F35, cacciabombardieri di capacità nucleare, come servizio al Paese e alla pace, a confondere l’eccellenza italiana con la sua capacità militare e bellica, a cogliere l’occasione per proporre la succulenta professione militare come realizzazione personale. [3]

Mettere al bando la guerra, ripudiarla, senza se e senza ma. Senza cedere alla tentazione di orizzonti di gloria lubrificati dal sangue degli innocenti. Essere pacifisti, farsi pacificatori. Diventare operatori e operatrici di pace, testimoni di futuro.

Perché CESSATE IL FUOCO possa essere il grido, silenzioso ma forte, di una coscienza umana finalmente risvegliata, che non vuole più credere alla guerra e alle sue false e irragionevoli ragioni.

pace

Promemoria 

Ci sono cose da fare ogni giorno:
lavarsi, studiare, giocare,
preparare la tavola
a mezzogiorno.

Ci sono cose da fare di notte:
chiudere gli occhi, dormire,
avere sogni da sognare,
orecchie per non sentire.

Ci sono cose da non fare mai,
né di giorno né di notte,
né per mare né per terra:
per esempio, la guerra
.

Gianni Rodari


[1] https://www.difesa.it/primopiano/istituito-il-comitato-per-lo-sviluppo-e-la-valorizzazione-della-cultura-della-difesa/39280.html

[2] La lettera di Patrizia Lòndero si può leggere in https://www.paxchristi.it/?p=25190

e sottoscrivere inviando una mail a: donneinreteperlapace.desenzano@gmail.com

[3] La lettera di don Fabio Corazzina si può leggere in

https://www.lavocedelpopolo.it/opinioni/i-sogni-di-guerra-di-un-italia-sbagliata

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2 Commenti

  1. Daniela Vismara Turri 15 aprile 2024
  2. Laura 14 aprile 2024

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