Saturnino Muratore, uomo del futuro

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Nella notte tra il 19 e il 20 gennaio 2024 si è spento a Napoli p. Saturnino Muratore SJ. La sua vita può essere riassunta nella dedizione alla Compagnia di Gesù, alla Pontificia Facoltà Teologica dell’Italia Meridionale (PFTIM), all’Associazione Teologica Italiana, a tutti i fratelli e sorelle incontrati lungo il suo cammino.

La vita

Nato a Vinadio (CN) il 22 luglio 1942, entra nella Compagnia di Gesù il 7 settembre 1958. Conseguita la Licenza in Filosofia (1966), completa il primo ciclo con il Baccalaureato in Teologia a Napoli (1974). È ordinato sacerdote con il fratello Anselmo il 29 giugno 1974. In seguito la Licenza in Teologia dogmatica presso la PUG a Roma (1976) e poi il Dottorato in Teologia a Napoli (1978).

A partire dal 1976/77 insegna Filosofia teoretica presso la Sezione San Luigi della PFTIM (epistemologia e metafisica). Per lungo tempo dirige Rassegna di teologia, rivista dei Gesuiti ed espressione della Sezione San Luigi, e promuove i Seminari interdisciplinari dei docenti della Sezione coinvolgendo studiosi di filosofia e teologia di fama internazionale. Ricopre la carica di Decano della Sezione per ben quattro mandati (due dal 1984 al 1990, due dal 1999 al 2004).

Nel 1987 fonda con il confratello p. Carlo Greco SJ l’«Istituto di Filosofia» della Sezione e istituisce un Lonergan Center a Napoli, in contatto con analoghi centri di ricerca negli Stati Uniti e in Canada. Dedica gran parte delle sue energie alla pubblicazione delle opere del gesuita canadese Bernard Lonergan, dal 1993 è codirettore editoriale – con Natalino Spaccapelo SJ – della Collana «Opere di Bernard J.F. Lonergan. Un “organon” per una nuova epoca della storia» edita da Città Nuova.

Dirige varie collane che esprimono l’attività di ricerca della Sezione San Luigi, incoraggia e sostiene la pubblicazione di studi di molti colleghi. Membro del Consiglio di presidenza dell’ATI (zona Sud) per il periodo 1989-1991, vicepresidente per il periodo 1995-98 e poi 1999-2003.

Nonostante il grave ictus del 2004, dopo la convalescenza continua a insegnare fino al 2013, partecipa costantemente alle iniziative culturali del gruppo di ricerca «Scienza e fede» (zona Sud), resta disponibile per l’accompagnamento spirituale.

Il rinnovamento radicale della metafisica

Muratore ha avvertito per tempo la crisi irrimediabile della filosofia neoscolastica ed è riuscito a ripensare in modo del tutto nuovo e critico la possibilità di una filosofia dell’essere, a partire dalla consapevolezza della svolta al soggetto che caratterizza l’età moderna e sostenendo l’indifferibile esigenza di un’integrazione tra i saperi nell’attuale contesto culturale.

Convinto dell’urgenza di una riflessione sul rapporto tra le specializzazioni e il discorso di totalità, ha attribuito al metafisico il compito di costruire un discorso sull’intero, affrontando la sfida della frammentazione dei saperi senza paura degli esiti della modernità occidentale.

Identificare la modernità con il trionfo di una soggettività autoreferenziale e la post-modernità con la fine della metafisica, infatti, non aiuta a capire i processi che sono avvenuti né le possibilità che si dischiudono. Punto fermo del pensiero di Muratore è che la soggettività non deve assolutamente essere considerata un inciampo per la metafisica e l’affermazione della Trascendenza.

Andando oltre alcune esitazioni ancora riscontrabili nella Fides et ratio, Muratore ha saputo riconoscere la lezione filosofica della modernità, a prescindere da esiti chiaramente problematici: nel nuovo contesto culturale la filosofia dell’essere può essere fondata solo a partire dall’autocomprensione del soggetto e dall’auto-appropriazione del suo dinamismo intenzionale.

Per questo motivo Muratore ha valorizzato al massimo la metafisica latente, ossia il dinamismo intenzionale della coscienza che, prima ancora di dar luogo all’esplicito della teoria, esprime l’apertura illimitata all’orizzonte dell’essere.

L’esigenza della fondazione critica, inoltre, gli ha consentito di riconoscere i limiti e le contraddizioni di una concezione classicista della cultura: il dinamismo stesso della fede e della ricerca razionale richiede che si superi una concezione fissista ed essenzialista dell’uomo e della fede, così come testimonia chiaramente il rinnovamento operato dal Concilio Vaticano II.

Alla scuola di Tommaso

Il rimando principale della proposta metafisica di Muratore non è stato né a Platone né ad Aristotele, bensì a Tommaso, l’unico filosofo dell’essere nel panorama filosofico. Per Tommaso dire essere significa dire Dio.

La lettura essenzialista e fissista di Tommaso è una deriva del neotomismo. La corrente filosofica che si richiama al filosofo belga Joseph Maréchal SJ (tomismo trascendentale) è riuscita a cogliere qualcosa in più, perché non ha avuto paura del soggetto e delle dinamiche intenzionali della soggettività.

Lonergan parlava della scoperta greca della mente, Muratore ha evidenziato la scoperta tomista del soggetto. Prima di procedere a una metafisica esplicita restringendo inizialmente l’interesse all’universo empirico e poi osando porre la domanda sul Trascendente, ciascuno può scoprire con sufficiente chiarezza che l’oggettività della conoscenza è il frutto che matura sull’albero della soggettività autentica.

Tommaso stesso, sia pure nel linguaggio del contesto medievale, ha compiuto la svolta al soggetto. Per comprenderla adeguatamente occorre valorizzare la terminologia neoplatonica del reditus: un risalire, un ritorno del soggetto su di sé, sulle sue operazioni, sulla relazione originaria con l’essere. Il metafisico si mette in ascolto dei grandi maestri per scoprire se stesso.

Il reditus esprime una continua autotrascendenza, un ritornare che è un risalire e che scongiura il pericolo di intendere la verità come un possesso. Muratore è riuscito a scardinare l’aspetto statico della verità senza remore e senza paura di esporsi al pericolo del relativismo. Chi impara a conoscersi sa che il relativismo non è sostenibile coerentemente.

Non bisogna confondere la svolta al soggetto con il soggettivismo, non bisogna temere che la soggettività diventi una palude. Un’adeguata riflessione epistemologica anteposta ad un percorso di filosofia dell’essere – punto centrale dell’insegnamento di Muratore – può chiarire il complesso rapporto e le differenze che intercorrono tra soggettività e soggettivismo, relatività e relativismo.

Sulle orme di Lonergan

Il confronto tra il pensiero di Tommaso e le istanze della modernità filosofica e scientifica ha caratterizzato il pensiero filosofico e teologico di Bernard Lonergan, principale maestro di Muratore.

La metafisica proposta da Lonergan è radicalmente diversa dalla filosofia perenne. Il suo pensiero resta saldamente ancorato alla tradizione, con la novità introdotta dall’arricchimento della sintesi di Tommaso con Agostino.

L’analisi del conoscere ha consentito a Lonergan di evidenziare una struttura di operazioni dinamicamente interconnesse, collegate le une alle altre sulla base del principio della complementarità funzionale.

Chi impara a conoscersi non commette più l’errore di considerare che ciò che è più ovvio nel conoscere sia automaticamente assunto come paradigma di ciò che il conoscere ovviamente è. In questo consiste la conversione intellettuale: il reale non è ingenuamente identificato con il mondo dell’immediatezza e il conoscere non è appiattito sul livello più elementare, ossia sul percepire sensibile.

La strada del realismo critico percorsa da Lonergan ha di mira il superamento del mito conoscitivo secondo cui il conoscere consiste essenzialmente nel guardare.

Coerentemente con la svolta epistemologica, il metodo in teologia proposto da Lonergan e approfondito da Muratore lungo tutto il suo insegnamento, non è un prontuario di regole da seguire.

La teologia è intesa come mediazione culturale tra la tradizione e il contesto del presente, superando così una mentalità esclusivista e aprendo la strada alla collaborazione e all’integrazione. La teologia deve prima porsi in ascolto, ossia sentire la voce della tradizione e poi procedere alla mediazione senza mai considerarla conclusa.

In ascolto della cultura contemporanea

Assumendo in prima persona l’esigenza di integrazione dei saperi, Muratore – sia pure in continuità con Lonergan – si è occupato anche di tematiche non affrontate dal maestro, in particolare dell’evoluzione cosmologica e del principio antropico.

Partendo degli studi di Lonergan sulle strutture euristiche delle scienze empiriche, la complementarità tra la struttura di tipo classico e la struttura di tipo statistico ha suggerito la possibilità di interagire con i recenti studi sull’evoluzione cosmologica, riconoscendo che la nozione di probabilità emergente costituisce un modello di razionalità adeguato a leggere le nuove scoperte sull’evoluzione dell’universo e sull’emergenza della vita intelligente (principio antropico, approfondito nelle sue molteplici formulazioni).

In tal modo è stato possibile prendere le distanze dal pregiudizio kantiano secondo cui i saperi scientifici sono relegati nell’ambito del fenomenico, finendo con il contrapporre una realtà manifesta al soggetto ad una realtà della cosa in sé.

Andando oltre la visione statica del cosmo ancora sostenuta da Einstein, Muratore ha approfondito la teoria cosmologica standard e l’ipotesi del bing bang, ponendo nuovi interrogativi sulla centralità dell’anthropos, recuperato come termine di tutta la storia evolutiva cosmica: l’universo è interpretato come un grande laboratorio che si autocompone e che ha un suo telos immanente, superando così l’antifinalismo che ha caratterizzato la scienza moderna.

Mentre nella formulazione debole il principio antropico si limita a sostenere che le ricerche e le osservazioni devono essere coerenti con la presenza dell’osservatore, la formulazione forte reintroduce la finalità, sebbene questo faccia molta difficoltà agli scienziati.

Una volta che è emersa la vita intelligente, Muratore ritiene inevitabile esplicitare la domanda: tutto questo ha un senso? Qual è lo scopo? Esiste un disegno che si sta realizzando nel nostro universo? Sorgono, così, a partire da un discorso eminentemente scientifico, domande metafisiche che non tardano a chiamare in causa la specifica competenza della teologia e dei saperi legati all’esperienza religiosa.

La formulazione terminale del principio antropico, invece, pone seri problemi al filosofo generalista e al teologo: essa, infatti, tende a sostenere che una volta emersa all’interno dell’universo, la vita intelligente non morrà mai. L’uomo sarebbe solo un anello nella catena evolutiva, destinata a sfociare in un divino immanente, una sorta di escatologia fisica.

A questa problematica si connettono strettamente altri due campi di studi che per Muratore hanno acquistato una certa rilevanza: quello dell’ecologia e quello delle neuroscienze. Il primo rivela tutto il suo spessore sia in riferimento alla situazione di crisi del nostro pianeta sia in riferimento alla centralità del ruolo dell’uomo, nelle cui mani sembra posta l’evoluzione del cosmo. Il secondo, poi, nasce dall’interesse per la vita della mente che ha acquistato un ruolo centrale all’interno delle più recenti teorie cosmologiche.

Entrambi gli interessi chiamano in causa il rapporto tra i saperi scientifici e il sapere della filosofia e della teologia. L’analisi critica della soggettività a cui Muratore ha riconosciuto un ruolo centrale, consente di affrontare il pericolo del riduzionismo, ossia la tendenza a ridurre tutto a processi mentali perdendo di vista l’intenzionalità della coscienza e l’apertura alla trascendenza.

Di qui l’importanza di continuare ad essere generalisti, senza negare la ricchezza delle specializzazioni e la legittimità della loro autonomia, ma affrontando la deriva della frammentazione e la tendenza dei saperi specialistici a rivendicare il monopolio della conoscenza.

Fiducia nella laicità

Da ultimo, qualche osservazione circa l’interesse di Muratore per la riflessione di Edward Herbert di Cherbury sulla religione del laico: non solo si conferma una lettura della modernità occidentale scevra da pregiudizi ideologici, ma è possibile anche riconoscere la sua stima per la laicità, per giunta esistenzialmente testimoniata nella fitta rete di relazioni che ha coltivato con amicizia e fiducia profonde.

Nell’interpretazione di Herbert, infatti, sono in gioco la legittimità della modernità filosofica e scientifica e la laicità dello stato e della cultura. Il laico si fa presente come istanza critica di fondo, a difesa di un accesso diretto della coscienza a ciò che è ultimo e definitivo. Si afferma, dunque, la sufficienza della coscienza e dell’esperienza laica nei confronti di qualsiasi tradizione religiosa. Dio si rende noto grazie ad un sapere originario che fonda l’autonomia di ricerca.

Il Viatore non rinuncia alla sua ragione in nome della fede, non tollera che la salvezza coincida con l’angustia dei confini posti da una religione particolare. Herbert di Cherbury, dunque, attribuisce massima importanza alla capacità di discernimento della coscienza, senza temere che una religione fondata sulla bontà della ragione costituisca una diminuzione.

C’è, inoltre, un’intrinseca unità tra l’uso della retta ragione e la possibilità di vivere secondo virtù. È forse un caso che Muratore abbia realizzato il desiderio, a lungo coltivato, di portare a compimento la prima edizione italiana de La religione del laico?

Il messaggio di Herbert induce a guardare con rinata fiducia la complessità del mondo contemporaneo, il pluralismo che costituisce la nostra cultura, i nostri valori, perché sempre si faccia appello alla centralità della coscienza e al dovere di promuovere la sua formazione e il suo esercizio critico.

Oltre a tradurre il testo di Herbert di Cherbury, con il suo ministero e con il suo insegnamento Muratore ha testimoniato sia il primato della libertà di ricerca sia l’amorevole fiducia accordata ai «viatori» incontrati e fermamente voluti sul suo cammino come compagni perché la ricerca fosse più meditata, più libera, più amante del volto di Dio.

Rileggendo i tesori della tradizione e sapendo interpretare i segni dei tempi, la strada percorsa fa di Muratore un uomo del futuro: la sua intelligenza e la sua sequela del Signore pongono il suo cammino ancora davanti a noi con la saggezza di chi ha riconosciuto il tesoro nascosto nel campo e ha lasciato tutto per condividerlo con quanti ha incontrato e ha custodito.

Con gratitudine immensa, nella gioia della reciprocità sperimentata.

Bibliografia essenziale

«Le otto specializzazioni funzionali della Teologia», in G.-D. Mucci (ed.), Ecclesiologia e cultura moderna. Saggi teologici, Herder, Roma 1979, 353-452.

«Intelligentia et esse. La dottrina tomista del conoscere», in S. Muratore – A. Rolla (edd.), Una Hostia. Studi in onore del Cardinale Corrado Ursi, D’Auria, Napoli 1984, 545-632.

L’evoluzione cosmologica e il problema di Dio, AVE, Roma 1993.

Teologia e formazione teologica. Problemi e prospettive, a cura di S. Muratore, San Paolo, Cinisello Balsamo (MI) 1996.

Filosofia dell’essere, San Paolo, Cinisello Balsamo 2006.

Herbert di Cherbury, La religione del laico, a cura di S. Muratore, L’Epos Società Editrice, Palermo 2006 (prossima nuova edizione: Il pozzo di Giacobbe, Trapani 2024).

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Un commento

  1. Giovanni Ruggeri 5 marzo 2024

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