La democrazia davanti alla nuova disinformazione

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Il portale informativo Buckeye State Press esiste davvero, anche se al momento per entrare nel sito è richiesta una password. Si tratta di una sorta di quotidiano che riporta le notizie più aggiornate dell’Ohio, come racconta il suo sottotitolo, realizzato dal giornalista americano Jack Brewster, che, in un suo articolo pubblicato sul Wall Street Journal, racconta come con 105 dollari, e in soli due giorni, sia riuscito a mettere online un vero giornale, in grado di pubblicare migliaia di notizie al giorno, grazie all’aiuto di uno sviluppatore freelance.

Un esperimento

Tutto normale, direte voi, e invece no.

La caratteristica di questo sito è che si basa su un sistema di intelligenza artificiale che genera notizie false e inventate, in modo automatico, in un linguaggio e in uno stile a cui sono abituati i cittadini dell’Ohio, sulla base delle indicazioni impartite dallo sviluppatore.

Così Jack Brewster ha fatto in modo che, inizialmente, il sito proponesse false notizie politiche a favore dello sfidante repubblicano Bernie Moreno e, in un secondo momento, altrettante false notizie favorevoli al democratico Sherrod Brown.

Brewster ha voluto fare un esperimento per dimostrare, con i fatti, che si può fare informazione, o meglio, disinformazione, molto facilmente, con poca fatica e bassi investimenti, accendendo il faro su uno degli aspetti più critici dell’intelligenza artificiale, soprattutto in un periodo di importanti elezioni come quello che stiamo attraversando.

Secondo il The Global risks Report 2024 del World Economic Forum, la disinformazione, incrementata dalla creazione di notizie artefatte di grande qualità generate dall’intelligenza artificiale, può alterare considerevolmente i processi elettorali nei prossimi due anni, sia per la perdita di fiducia dei lettori verso notizie di cui non si può stabilire l’attendibilità, sia per l’attività di controllo e di repressione da parte dei governi, con il fine di limitare il proliferare di notizie artificiali.

Democrazie a rischio

La disinformazione e la misinformazione, ovvero il produrre notizie false senza dolo, sono per la prima volta tra i primi dieci fattori di rischio per lo sviluppo sociale ed economico.

Il fatto che esistano sistemi informatici che consento di realizzare, in breve tempo e a basso costo, notiziari ricchi di dati sintetici, mirati e destinati a orientare le scelte politiche, sociali ed economiche delle persone, potrebbe avere un impatto determinante nell’imminente futuro.

Anche se molte normative, come la legge cinese e l’atteso AI Act europeo, intervengono per rendere individuabili, con bollini o diciture dedicate, le notizie create artificialmente, secondo il Report, questi interventi potrebbero essere insufficienti e arrivare troppo tardi, quando ormai il danno è fatto.

In due anni, l’immissione sul mercato di informazioni alterate potrebbe avere un effetto distorsivo molto grave, con impatti anche sull’economia, rispetto al quale sarebbe difficile porre rimedio.

A queste previsioni, già poco rassicuranti, il Report aggiunge un’altra preoccupazione che non è meno seria, ovvero il fatto che i governi possano approfittare di questo timore diffuso per imporre un controllo sull’informazione fino a rasentare la censura e porre un freno alla libera espressione del pensiero.

Una situazione analoga la abbiamo già vissuta dopo il crollo delle Torri Gemelle, quando con il proposito di ingaggiare una lotta al terrorismo si sono alzate barricate a diffusi controlli indiscriminati verso tutto e tutti, a danno della libertà dei cittadini.

Le minacce sono spesso una buona scusa per ridurre il libero esercizio di diritti fondamentali faticosamente conquistanti nel corso dei secoli.

Falsità su misura 

Un altro aspetto particolarmente grave di questa manipolazione è ravvisato anche nella personalizzazione delle notizie, non solo attraverso canali informativi ma anche tramite i social network, che offrono informazioni rivolte a particolari gruppi di persone con il fine di rafforzare le loro convinzioni.

Questa tendenza è considerata molto grave non solo sul piano politico, ma anche sul piano sociale, perché rischia di creare gruppi distinti di persone che condividono e alimentano una visione del mondo autonoma e distante rispetto a quella di altri gruppi, a discapito della crescita culturale e della conoscenza scientifica collettiva.

Come si legge nel Report, «le società potrebbero diventare polarizzate non solo nelle loro affiliazioni politiche, ma anche nella loro percezione della realtà, ponendo una seria sfida alla coesione sociale e persino alla salute mentale».

Reprimere non sembra sia la soluzione migliore in quanto, stando al Report, l’introduzione di norme autoritarie potrebbe creare un circolo vizioso, considerato che «il rischio di disinformazione rapidamente si trasforma nel controllo diffuso delle informazioni che, a sua volta, rende i cittadini vulnerabili alla repressione politica e alla disinformazione a livello nazionale».

La relazione tra disinformazione, censura e sorveglianza ed erosione dei diritti umani, è una miscela esplosiva a cui si deve porre particolare attenzione.

Meglio i giornalisti

Una strada da percorrere potrebbe essere quella di favorire il giornalismo vero, quello umano, il giornalismo di indagine, ma le prospettive, anche su questo piano, non sono rosee.

Negli ultimi anni, di fronte a una crescita considerevole delle GAFAM (Google, Amazon, Facebook/Meta, Apple, Microsoft), negli Stati Uniti si sono persi un terzo dei giornali e due terzi dei giornalisti. Gli investimenti pubblicitari si sono indirizzati verso le imprese tecnologiche e i quotidiani hanno sempre meno introiti su cui contare.

Ciò nonostante c’è chi ancora confida che gli investimenti possano tornare verso il giornalismo di qualità, in quanto l’intelligenza artificiale non può avere la percezione dell’emozione delle persone, non può prendere parte alle manifestazioni, ai processi e a tutti gli eventi della vita politica e sociale, così come spesso non ha accesso a ciò che accade a livello locale.

Dato che i sistemi di intelligenza artificiale sono addestrati sui dati, e pare che molti di essi siano articoli giornalistici, se non venisse generata informazione di qualità, a rimetterci non sarebbero solo i cittadini ma gli stessi sistemi informatici.

Una sorta di circolo vizioso, in cui il giornalismo è importante non per la sua funzione sociale ma per alimentare la macchina che lo sta fagocitando.

Ciò nonostante, vorrei chiudere con la speranza che possa aversi un moto di riscatto verso la manipolazione, che spinga ognuno di noi a informarsi in modo serio e i giornalisti a indagare e trasmettere le proprie conoscenze con ancora maggiore passione.

  • Dal Substack di Stefano Feltri, Appunti, 7 maggio 2024

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