
Sabato 8 novembre, nella sessione conclusiva del Convegno «La solitudine dell’Europa: le Chiese e l’Unione» (cf. qui su SettimanaNews) dedicata ad alcuni sguardi sull’Europa e dall’Europa è intervenuto anche mons. Heiner Wilmer, vescovo di Hildesheim e delegato per la conferenza episcopale tedesca presso la COMECE. Riprendiamo il suo intervento intitolato «La questione sociale: il cuore della Chiesa e la prova della democrazia in Europa»
Introduzione: Il cuore della fede batte sociale
Buongiorno e grazie dell’invito. Sono molto grato e per me è un onore particolare parlare in questo incontro.
Quando oggi parliamo della questione sociale, parliamo del cuore stesso della fede. Perché là dove la dignità dell’uomo è minacciata, dove le persone vengono sfruttate, dimenticate o trascurate, lì si decide se il Vangelo è soltanto predicato o veramente vissuto.
La Conferenza Episcopale Tedesca lo ha espresso così (1980): «La questione sociale è una questione di fede. Essa riguarda l’uomo come creatura di Dio e la società come luogo di responsabilità reciproca». La questione sociale, dunque, non è un tema secondario. È il centro, la prova concreta del nostro credere in Dio fatto uomo.
Le origini: da Leone XIII a Leone XIV
La questione sociale non è nata nelle accademie, ma nelle strade del XIX secolo, nelle fabbriche, nelle case degli operai, nella loro fatica e nella loro miseria.
Papa Leone XIII vide questa sofferenza e nel 1891 scrisse l’enciclica Rerum novarum, un testo che cambiò la storia. Egli affermò che l’uomo non può mai essere ridotto a un mezzo dell’economia o del profitto. Ha una dignità che nessuno può togliergli. Parlò di salario giusto, di solidarietà, di responsabilità dello Stato per il bene comune.
Con ciò, Leone XIII pose le fondamenta della dottrina sociale della Chiesa. Su questa base si è sviluppata un’intera tradizione:
- Quadragesimo anno (1931, Pio XI)
- Mater et magistra (1961, Giovanni XXIII)
- Populorum progressio (1967, Paolo VI)
- Laborem exercens (1981, Giovanni Paolo II)
- Caritas in veritate (2009, Benedetto XVI)
- Fratelli tutti (2020, Papa Francesco)
Papa Francesco parla di una «cultura della fraternità» e ci invita a costruire un’economia della vita, non dell’esclusione. E questa linea, che da Leone XIII conduce fino a Francesco, trova oggi una continuità spirituale in Papa Leone XIV. Egli mette al centro la dimensione interiore della questione sociale: la vulnerabilità dell’essere umano, la spiritualità della responsabilità, il legame tra vita spirituale e vita sociale.
Leone XIII ha difeso i lavoratori, Francesco la giustizia globale, Leone XIV ci chiama oggi a una mistica della responsabilità: una forma di vita che trasforma il mondo socialmente perché prima lo comprende spiritualmente.
Così si tende un grande arco: dalla fabbrica del XIX secolo alla coscienza spirituale dell’Europa del XXI.
La questione sociale oggi: l’Europa ha bisogno di un’anima
L’Europa si trova in un momento decisivo. Abbiamo pace, abbiamo benessere, abbiamo democrazia, ma sentiamo che qualcosa si è incrinato. La Conferenza Episcopale Tedesca scrive in Europa – gestalten und verantworten (2014): «L’Europa ha bisogno di più che istituzioni e mercati. Ha bisogno di un’anima. Quest’anima nasce dal rispetto della dignità umana, dall’apertura a Dio e dalla consapevolezza della responsabilità reciproca».
L’Europa non deve essere solo una comunità amministrativa, ma una comunità di valori. La democrazia non vive soltanto di procedure, ma di convinzioni profonde.
Papa Benedetto XVI disse al Bundestag (2011): «La democrazia non vive solo delle maggioranze, ma di criteri che sono più grandi dell’uomo stesso». E io aggiungo: una democrazia senza Dio diventa totalitaria. Una democrazia senza trascendenza, senza apertura al cielo, diventa radicale, perché perde la misura. Ma è vero anche il contrario: una democrazia può abusare di Dio. Abbiamo visto, in Europa e negli Stati Uniti, come i simboli religiosi siano stati strumentalizzati, come la croce sia diventata un segno di potere invece che di pace.
La Conferenza Episcopale Tedesca mette in guardia (2014): «Là dove la religione diventa strumento di potere, essa perde la sua pace. Ma là dove si pone nella responsabilità della libertà, diventa una benedizione per la comunità».
L’Europa ha dunque bisogno di un nuovo equilibrio spirituale: Dio come sorgente della libertà, non come strumento del potere.
Un nuovo atteggiamento: umiltà e ascolto
Come Chiesa, dobbiamo imparare un nuovo modo di parlare e di ascoltare. Un tempo eravamo sicuri di sapere che cosa fosse giusto. Dicevamo alle persone che cosa dovevano fare o non fare. Indicavamo ai politici come dovessero agire. A volte con zelo, altre volte con presunzione.
E sì, ci sono stati momenti in cui la Chiesa si è troppo avvicinata al potere politico, perdendo la sua libertà profetica. Oggi abbiamo bisogno di altro: di umiltà, di sobrietà, di ascolto. Papa Francesco e Papa Leone XIV insistono entrambi: la sinodalità non è una riforma strutturale, ma un atteggiamento del cuore.
La Conferenza Episcopale Tedesca parla di una «cultura dell’ascolto» (2023): «La Chiesa è al servizio del mondo, non al di sopra di esso. È chiamata a tradurre il Vangelo nelle domande concrete della società, nel rispetto della libertà di tutti». Per questo dobbiamo porci due domande. Anzitutto, di che cosa hanno bisogno le persone oggi – nella loro solitudine, nelle loro paure, nelle loro speranze? E poi: che cosa chiede il Vangelo in questo tempo?
Dall’incontro tra queste due domande nasce la missione per il mondo. Non dal potere, non dalla predicazione, ma dalla relazione.
Dal sapere al domandare: un processo spirituale
Per molto tempo abbiamo saputo troppo bene che cosa fosse il bene per gli altri.
Lo abbiamo spiegato, predicato, a volte imposto. Ma abbiamo domandato troppo poco.
Oggi è il tempo delle domande. E questo non è segno di debolezza, ma di maturità.
La democrazia si nutre del dialogo. Quando le voci smettono di parlarsi, la società si indebolisce. La Chiesa può aiutare a riscoprire l’ascolto come una virtù che custodisce la convivenza.
Una Chiesa che ascolta, impara. E una Chiesa che impara, diventa credibile.
La questione sociale: una questione spirituale
In fondo, la questione sociale non è economica, è spirituale.
Che immagine abbiamo dell’uomo? La Conferenza Episcopale Tedesca afferma in Gemeinsame Verantwortung für eine gerechte Gesellschaft (1980): «La dignità dell’uomo nasce dal suo essere creatura. Da questa dignità derivano diritti, ma anche doveri: la responsabilità reciproca, la solidarietà con i deboli, la difesa della vita in tutte le sue fasi». Questo significa: la politica sociale è teologia. È fede incarnata. Chi crede in Dio non può ignorare l’uomo.
Papa Leone XIV lo ha detto in un suo discorso (2025): «La giustizia della fede non consiste nell’avere ragione, ma nel creare relazione». Questo è il cuore della dottrina sociale oggi: creare relazione – tra ricchi e poveri, tra uomo e natura, tra cielo e terra.
Conclusione: l’Europa ha bisogno di anima, verità e ascolto
La questione sociale rimane la prova decisiva del Vangelo.
L’Europa ha bisogno di una Chiesa che ascolti, non che domini.
Di una Chiesa umile, ma anche coraggiosa. Ha bisogno di cristiani che assumano responsabilità – non per comandare, ma per unire.
E ha bisogno di una democrazia che non perda la sua anima – perché resta aperta al cielo, a Dio, al mistero dell’uomo.
La Conferenza Episcopale Tedesca lo afferma (2014): «L’Europa avrà futuro solo se rimarrà consapevole delle sue radici spirituali e in esse riconoscerà il fondamento della sua libertà». Perciò dico: una democrazia senza Dio perde la misura. Una Chiesa senza umiltà perde la credibilità.
Ma là dove sappiamo ascoltare – le persone, lo Spirito, Dio – nasce futuro. Allora la fede diventa responsabilità, la responsabilità diventa giustizia, e la giustizia diventa pace.





