Dopo Vanier. L’ambiguità del toccare

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Sensi spiritualiDal caso recente degli abusi riconosciuto di Jean Vanier, fondatore de L’Arche, alla dottrina della tradizione mistica dei “sensi spirituali” fino alle domande sulla pandemia che impedisce il toccarsi.

Suggestivo percorso di sr. Noelle Hausman, direttrice della rivista Vies consacrées.

Adesso che Jean Vanier è entrato nella triste lista dei fondatori-abusatori è il tempo per riflettere sulle derive di queste gnosi erotico-mistiche, attive da sempre (basti pensare ai “puri” dell’encratismo di tutte le epoche)[1] e sfocianti negli stessi esiti di abusi sessuali. E, d’altra parte, le pratiche di un contatto fisico enfatizzato che sono fiorite in certi luoghi e gruppi di preghiera non hanno forse trasmigrato la ragione cristiana verso giustificazioni “illuminate” estranee ad ogni buon senso? E ancora, da quando in qua, i visionari sono a fondamento della legge nella Chiesa e la devozione sostituisce la dottrina?[2]

Origene, Bonaventura e Ignazio

In questo amalgama di questioni reciprocamente legate è il caso di ritornare più serenamente agli insegnamenti della tradizione (da Origene a Bonaventura e agli altri) sul necessario e laborioso passaggio dei sensi corporei, attraverso l’immaginazione e l’intelligenza, verso i sensi spirituali[3] che ci abilitano poco a poco a un toccare ad un tempo eucaristico ed eterno?

Nell’«applicazione dei sensi» proposta da Ignazio al termine della giornata delle tre ultime settimane degli Esercizi, si raccolgono in qualche maniera tutte le considerazioni, meditazioni, ripetizioni e riprese del giorno, nell’esercizio più elementare che consiste nell’offrire i sensi del corpo, dell’immaginazione[4] e dello Spirito alla trasfigurazione purificatrice che opera in essi (eserciziandi) la venuta imprevedibile del Signore – quindi nella totale assenza di soddisfazione sensibile. Così i sensi corporei, poi immaginari, poi intellettuali divengono sensi spirituali (come l’acqua di Cana diventa vino) in colui che vede, sente, avverte, gusta e tocca Dio stesso, in una maniera che non è misurata né dagli entusiasmi, né dalle derelizioni.

Siamo molto lontani dalla spiritualizzazione menzognera che arriva a dire: «non siamo io e tu, ma Gesù e Maria» (o un’altra). Da questa perversione della lettera scritturistica, la carne concreta è nascosta, e, in apparenza, sublimata. In realtà essa è violentata.

Nel caso dell’uso buono e vero dei sensi spirituali, succede esattamente il contrario: lo spirito può avvertire senza che la carne ne sia toccata se non interiormente, e più esattamente per via dell’immaginazione che gioca qui il ruolo di interfaccia fra corporeo e spirituale: l’immaginazione, «una sorta di senso corporeo interiore» nota il Dictionnaire de Spiritualité (607). Così, come dicevano gli antichi uomini spirituali, prende forma il corpo “destinale”.

sensi spirituali

La diffidenza di un tempo rispetto ai sensi è forse definitivamente oscurata nella nostra civilizzazione libertaria? D’altra parte, la pandemia che ci prende, come può non evocare le grandi pesti di un tempo, così crudeli per le masse, rispetto alla quali alcuni “folli” di Cristo hanno affrontato senza paura l’abbracciare i lebbrosi, il curare gli appestati, l’avvicinarsi ai malati di colera, il seppellire i loro corpi, prima di lasciarci molto spesso la propria vita? Ricercavano forse un toccare divino o, piuttosto, si sono interamente donati ai più poveri dei loro fratelli senza alcuna speranza di esserne ricambiati?

Dai “folli” di Cristo a Freud

Il più intimo e interiore dei cinque sensi, quello del toccare, è qui messo alla prova. Freud l’aveva intuito quando faceva dell’interdetto del gesto la regola assoluta della cura psicoanalitica dove è necessario, per andare verso la promessa del padre, lasciare la consolazione materna. Significava ritenere che il contatto corporale danneggiasse l’emergenza di una parola “distante”, che, solo a questa condizione, può ricostruire.

C’è quindi un toccare a favore della vita e un toccare per la morte. Un toccare che cura, come spesso si vede nel Vangelo, perché accompagnato e connesso con la parola; e un toccare che rapina, perché rimonta all’incosciente senza limiti e devasta tutto nella sua traiettoria.

Il «non mi toccare» di Gesù a Maria Maddalena va, nella narrazione di Giovanni, in parallelo al «metti qui la tua mano», indirizzata a Tommaso; ma l’apostolo ha toccato forse diversamente che all’interno della sua rinnovata fede? In tutte e due i casi si è trattato di andare oltre sé, grazie al soffio dello Spirito: verso i fratelli, verso il corpo risuscitato che non è più il corpo della carne, facendosi poco a poco ecclesiale e spirituale.

È necessario ricordare che questa trasfigurazione delle nostre esistenze è resa possibile dalla trasfissione, esperimentata per noi da Maria nella durezza del corpo e dell’anima davanti al Figlio. Ne facciamo noi, nella nostra piccola parte, la pesante esperienza? Accettiamo di vedere i nostri desideri più impetuosi purificati, bruciati, consumati al fuoco dello Spirito Santo? La vita spirituale non ha niente a che vedere con eccezioni permesse ai “perfetti”. Essa è, come ogni amore, la semplice avventura di una costante rinuncia che riempie la nostra misura.

Rileggere criticamente la mistica M. Robin

Dobbiamo tutti esaminarci sul modo in cui tocchiamo, per contatto o attraverso lo sguardo e le parole. Lo facciamo per rapinare o per donare, per distruggere o per sostenere, manipolando altri o in un contenimento che rende conto agli altri? Non c’è crescita umana o spirituale possibile senza questa abnegazione, opportunamente ricordata dalle tentazioni di Gesù nel deserto, collocate dalla liturgia all’inizio della Quaresima. A Pasqua l’abbandono del Figlio culmina nel corpo senza vita che si lascia ungere ma, consegnato alle mani del Padre, risorgerà libero dalle fasciature in cui la nostra povera tenerezza lo aveva avvolto.


[1] L’encratismo indica delle correnti radicali del cristianesimo antico che propugnavano un ascetismo estremo e sovente finivano nella dissolutezza. La loro riemersione si osserva a tutte le epoche. Robert d’Arbrissel al tornante del XII secolo è una figura emblematica, chiarificante anche per l’oggi. Sembra abbia praticato il “syneisaktismo”, una avventurosa forma di ascetica consistente nella coabitazione casta con una persona di sesso diverso.
[2] A questo riguardo oso suggerire che la consultazione di una stigmatizzata tanto nota come Marthe Robin, di cui si avvalevano molti dei nuovi movimenti o istituzioni, meriterebbe anch’essa di essere più accuratamente messa in prospettiva critica.
[3] Cf. in Dictionnaire de Spiritualité, t. XIV, col. 598 – 617, Beauchesne, Parigi 1988 – 1990, la voce “Sens spirituels” che non è invecchiata. Dice così: «I sensi corporali che possono vedere il divino sono quindi dei sensi trasfigurati dallo Spirito Santo e non dall’esercizio strettamente materiale della loro funzione» (M. Canévet, o.p. col. 610).
[4] È necessario rinunciare a sviluppare qui ciò che è avvertito e citare solo come memoria il senso dell’immaginazione. Studi scientifici hanno mostrato che, nel dialogo faccia a faccia, il verbale (parole, semantica) non conta che per il 7% nella comunicazione, mentre l’intonazione della voce vale il 38% e il non verbale (gesti, postura, attitudini) il 55%.

Originale francese pubblicato su Vies consacrées.

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