Da Nicea a Teilhard: il legame tra Dio e l’Universo

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padova battistero

Ripensare il cristianesimo oggi richiede più di una riformulazione dottrinale; richiede un impegno trasformativo dell’intero quadro ermeneutico attraverso il quale la fede cristiana è stata compresa, espressa e vissuta.

La tesi centrale è che il rigido monoteismo ebraico, quando è stato tradotto nel quadro teologico cristiano attraverso la dottrina della Trinità, si è evoluto in una forma relativa di monoteismo. La formulazione trinitaria ha fatto sì che l’essenza divina venne compresa secondo una profonda relazionalità che ai suoi albori (teologia prenicena) suggeriva una struttura più profonda di unità tra il divino e il mondano. Tuttavia, questa intuizione teologica non è stata pienamente realizzata. Il concilio di Nicea – di cui celebriamo i 1700 anni – non ha completato del tutto il suo obiettivo. La teologia cristiana è invitata a fare un ulteriore passo avanti, non allontanandosi dal monoteismo trinitario, ma andando oltre.

In questo ci può aiutare l’altro anniversario che durante questo anno celebriamo: i settant’anni della morte di Teilhard de Chardin. Il 10 aprile 1955, infatti, moriva a New York il gesuita francese, teologo e paleontologo, Pierre Teilhard de Chardin. La sua visione cristologica offre un indizio fondamentale. Secondo Henri de Lubac, Teilhard sognava un nuovo Concilio che completasse quello di Nicea. Se il primo aveva definito la relazione di Cristo con Dio nella Trinità, il nuovo Concilio avrebbe esplorato il legame tra Cristo e l’Universo. Teilhard immaginava una cristologia che integrasse la scienza e l’evoluzione, collegando Cristo non solo alla Trinità, ma anche all’intero Universo in evoluzione, vedendo così il cosmo come il corpo mistico di Cristo[1].

Egli parla di una «terza natura» di Cristo, al di là della tradizionale affermazione delle nature divina e umana, ovvero la natura cosmica. «Questo terzo aspetto del Verbo incarnato non è stato sufficientemente distinto dagli altri due»[2]. La figura di Cristo è stata tradizionalmente interpretata attraverso una doppia lente: l’uomo storico Gesù da una parte e il Verbo eterno, il Logos divino, dall’altra. Tuttavia, questo quadro binario ha oscurato la dimensione universale o cosmica della cristologia. Questo aspetto, sebbene implicitamente presente nella Scrittura e nella tradizione, non è stato adeguatamente integrato nell’immaginario teologico dei fedeli. Specialmente, dopo Nicea.

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Eppure, questo Cristo universale è di fondamentale importanza. È in Cristo che tutte le cose sono state create e in lui tutte le cose sussistono − in quo omnia constant[3]. Questo è il Cristo che, lungi dall’essere limitato alla Palestina del I secolo, abbraccia la totalità dell’esistenza e conduce tutta la realtà alla sua consumazione. Tuttavia, alla luce degli sviluppi contemporanei nella scienza, nella metafisica e nella spiritualità, la teologia cristiana è invitata ad attingere a «nuove categorie sviluppate da altre conoscenze» per comunicare la verità della fede in modi fedeli alla tradizione ma criticamente in sintonia con il presente[4]. La categoria che ci permette di riconsiderare criticamente il teismo di Nicea è quella di «relazione», in particolare quando è compresa nella sua articolazione di generazione.

La distinzione tra generato dal nulla (creatio ex nihilo) e generato da Dio (generatio de deo) è stata centrale soprattutto nel confronto tra filosofia greca e pensiero cristiano, prima e dopo Nicea. Generato dal nulla significa che qualcosa viene all’essere senza una materia preesistente. Non implica che ci sia «un nulla» che genera, ma che prima non era e poi comincia a essere. È la concezione tipica della creazione del mondo nella teologia giudaico-cristiana: Dio non plasma un materiale eterno (come il demiurgo platonico con la chōra nel Timeo), ma fa esistere ciò che prima non c’era. Qui si sottolinea soprattutto la dipendenza ontologica della creatura dal Creatore: tutto ciò che esiste avrebbe potuto non essere, e il suo essere è radicalmente donato.

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Generato da Dio è un linguaggio che si applica soprattutto al rapporto intra-divino. Il concilio di Nicea ha voluto «decidere» della distinzione tra creatio ex nihilo e generatio de substantia dei patris (homoousia). Teologicamente, nel cristianesimo, il Figlio è detto generato, non creato («generato dal Padre prima di tutti i secoli»). Qui la generazione è eterna, non ha un prima e un dopo. Non è dal nulla (ex nihilo), ma dalla stessa sostanza del Padre (de substantia divina).

Quando si dice che il mondo è «generato da Dio», bisogna chiarire: o si parla in senso creaturale, e allora significa che Dio lo ha creato ex nihilo; o si parla in senso emanazionista (alla Plotino), e allora il generato procede da Dio per sovrabbondanza, senza rottura, come luce che si diffonde dal sole. Nel modello emanazionista, la sostanza divina è ciò da cui proviene e dipende il mondo (ex deo).

La distinzione introdotta da Nicea (generato, non creato) è dunque essenzialmente questa: «dal nulla» riguarda l’origine delle creature, che ricevono l’essere senza alcuna materia o principio intrinseco; «da Dio», invece, riguarda l’origine del Figlio e dello Spirito «dalla stessa essenza divina» del Padre. Va tenuto presente che questa origine dal Padre è di «dipendenza», necessaria e non aggiunge nulla a Dio. Queste tre caratteristiche: (1) dipendenza, (2) necessità, (3) che non aggiunge nulla, qualificano tanto la generazione intra-divina che quella extra-divina (creatio). Ciò che le differenzia è che per la prima (intra-divina), è il Figlio della stessa sostanza del Padre (homoousia), mentre per la seconda “non” è dalla stessa sostanza del Padre.

La decisione di Nicea ha introdotto un’epocale scissione (decisione) tra Dio e mondo. L’uomo Gesù è stato isolato dalle altre creature, per riconoscerne così la sua divinità. Il risultato è che il Dio è stato pensato «senza» la creatura. Questa decisione nicena ha per così dire preparato l’humus per quell’affermazione di Nietzsche in Così parlò Zarathustra, «Le isole beate», che dice: «Se vi fossero degli dèi, come potrei sopportare di non essere dio! Dunque, non vi sono dèi». Da Nicea a Nietzsche, il passo è logicamente breve.

Alla domanda perché non si possa dire che il mondo è generato dalla sostanza di Dio, la risposta tradizionale è che se il mondo fosse generato dalla sostanza di Dio, allora il mondo sarebbe Dio stesso o almeno una sua parte. Ciò contraddirebbe la trascendenza, perché Dio non si confonde con la creazione ma ne resta distinto. Implicherebbe una forma di panteismo o di emanazionismo, incompatibile con la fede monoteista classica. Solo il Figlio e lo Spirito sono «dalla sostanza di Dio». Il mondo è creato ex nihilo per libera volontà, non per necessità naturale. Inoltre, se il mondo fosse dalla sostanza di Dio, questo significherebbe che Dio si divide o che la sua sostanza è comunicabile. Ma la sostanza divina è intesa come semplice, indivisibile, infinita: non può cedere una parte di sé senza corrompersi. Il mondo non può avere in comune con Dio la sostanza, ma solo la dipendenza causale.

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Queste obiezioni, tuttavia, non reggono, poiché anche per la generazione del Figlio potrebbero essere sollevate. Tuttavia, la teologia nicena ha ampiamente risposto, dicendo che la generazione dal Padre non implica una diminuzione dell’essenza divina. Il nucleo centrale della questione rimane quello della scissione tra Dio e mondo, decisa a Nicea.

La contingenza del mondo è da fondare non tanto sul libero arbitrio divino (avrebbe potuto anche non creare il mondo) quanto sulla “dipendenza” del mondo da Dio. Come il Figlio è stato generato dal Padre non per arbitrio, cioè poteva anche non generarlo, e nemmeno per costrizione esterna, ma per sua spontanea volontà (necessità «interna»), così il mondo è stato creato non per necessità esterna e nemmeno per arbitrio divino. Il mondo è stato creato dall’essenza divina (ex essentia dei). Il Figlio dipende dal Padre, così come il mondo da Dio.

La visione emanazionista come quella neoplatonica, in cui si immagina l’Uno che emana il mondo come luce dal sole, potrebbe essere un’alternativa. L’Uno resta oltre ogni emanato: non si impoverisce, non si divide. La teologia cristiana ha respinto questa immagine perché introduce un processo necessario: Dio non può non generare il mondo. La contingenza del mondo, tuttavia, non è data dal «poter-non-essere» del mondo, in quanto effetto di una decisione libera. In Dio non c’è un prima e un dopo – in quanto eterno. Il poter agire altrimenti non si dà in Dio. La sua libertà coincide con la sua necessità.

Le obiezioni secondo cui il mondo non è generato dalla sostanza di Dio, perché ciò implicherebbe panteismo, divisione della sostanza divina e una necessità naturale, non reggono. Affermare che il mondo è creato ex nihilo non contraddice che sia stato creato ex Deo. L’idea di creazione ex nihilo implica che il mondo dipende in tutto da Dio ed è sostenuto continuamente da Lui. Solo in questo preciso senso, il mondo è contingente (cum-tangens), cioè «accade insieme» a Dio.  Così, sebbene la tradizione cristiana sottolinei la differenza infinita tra Dio e mondo, si può anche dire in un certo senso che la creazione è ex Deo, senza cadere nel panteismo, intendendo con questo che tutta l’essenza della creatura è da Dio «ex Deo essentia» (Tommaso d’Aquino, Summma theologiae, I, q. 41, art. 2, ad secundum).

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C’è da chiedersi: affermare che il mondo esiste «ex essentia Dei» significa identificare Dio con il mondo?

Ritengo di no. Il mondo non aggiunge nulla a Dio. La sostanza divina non ha bisogno del mondo per essere Dio. Allo stesso tempo, Dio e mondo si co-appartengono eternamente. Ciò che distingue Dio e mondo è che «Dio» è Dio assolutamente, mentre il mondo è «Dio da Dio», relativamente. 

L’idea che il mondo non aggiunge nulla a Dio salvaguarda la pienezza e autosufficienza divina. La sostanza divina è perfetta, infinita, non manca di nulla. Perciò il mondo non aumenta Dio nel suo essere, né gli conferisce qualità nuove. Si tratta di una dipendenza asimmetrica, cioè il mondo appartiene a Dio, ma Dio non appartiene al mondo. Il mondo è una partecipazione finita dell’essere divino e non c’è creatura senza il Creatore; se Dio crea, allora vi è necessariamente un mondo, ma non perché Dio dipenda dal mondo. Che Dio crei il mondo non è una decisione successiva o consecutiva al suo essere Dio. Dio (x) è l’atto della sua decisione eterna di creare il mondo (x + y).

Dio non è identico al mondo (x ≠ y) ma il mondo è in Dio. Dio trascende il mondo, ma lo include. La co-appartenenza non è reciproca. Benché il mondo sia in Dio come manifestazione e Dio sia nel mondo come presenza che lo sostiene, il mondo non «accresce» o fa «diventare» Dio più Dio. Questo permette di dire che Dio resta immutabile e perfetto. Una formula sintetica è questa: Dio è indipendente dal mondo quanto al suo essere, ma Dio e mondo si co-appartengono (x + y) quanto alla relazione di creazione. Il mondo è totalmente relativo a Dio, Dio è assoluto ed è legato al mondo non totalmente ma relativamente. Questa «co-appartenenza» identifica l’essere di Dio (x = x + y) e fa sì che il mondo sia riconosciuto «Dio da Dio».

Dio e mondo sono i due modi con cui la sostanza divina (θεός) si definisce. Il modo «infinito» della sostanza è il Dio (ὁ θεός). Il modo «finito» della sostanza è la creatura. Ἐν ἀρχῇ ἦν ὁ Λόγος, καὶ ὁ Λόγος ἦν πρὸς τὸν Θεόν, καὶ θεὸς ἦν ὁ Λόγος (Gv 1,1).

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Angela da Foligno esclama con stupore davanti alla pienezza divina che vedeva presente nel mondo: Est iste mundus pregnans de Deo! «Questo mondo è gravido di Dio!». La parola latina pregnans, da cui deriva l’inglese «pregnant», ha origine da prae- (prima, davanti) e gnascī (nascere). Etimologicamente, suggerisce uno stato di essere prima della nascita, un portare avanti, un contenere dentro di sé ciò che non è ancora pienamente manifesto ma è intimamente reale e in fase di formazione attiva.

Dire che il mondo è «pregno di Dio» non è solo un’espressione poetica, ma è affermare una fecondità nascosta nel cuore della realtà. Suggerisce che la divinità non è assente, ma ha in «gestazione» dal suo interno, l’intero creato. Questo mondo, come un grembo materno, porta in sé il mistero di Dio, non come un architetto lontano, ma come fonte interiore di vita, movimento e divenire.

Le parole luminose della Beata Angela da Foligno (1248-1309) offrono più di una visione mistica[5].

La divinità non è una realtà esterna o distaccata, ma la pienezza stessa in cui il mondo vive e si muove. Vedere il mondo come pregnans de Deo significa adottare lo sguardo contemplativo della stessa Angela, uno sguardo che non percepisce solo con gli occhi, ma con l’anima. Significa riconoscere che quanto è stato confessato a Nicea (homoousia) ha bisogno di essere contemplato di nuovo. La Trinità di Dio non solo guarda dall’alto il mondo – come dice Sant’Ignazio di Loyola nei suoi Esercizi Spirituali (n. 106), ma ci riguarda. È un mistero radioso di potenziale divino: la storia, l’umanità e il cosmo sono tutti coinvolti in una dinamica di divinizzazione.

Con questo sguardo contemplativo riprendiamo Nicea. Il Logos è il mo(n)do di Dio.

Paolo Gamberini, religioso gesuita e teologo, ha presentato la sua proposta sistematica di ripensamento «post teista» del cristianesimo nel suo Deus duepuntozero (Gabrielli, San Pietro in Cariano, 2022). Ne ha offerto una presentazione sintetica («Sulla mia proposta “post-teista”: una risposta») qui su SettimanaNews (gamberini.p@gesuiti.it)


[1] Cf. Henri de Lubac, Teilhard: missionnaire et apologiste, Toulouse, Éditions Prière et Vie, 1966, 37-38.

[2] Pierre Teilhard de Chardin, «Suggestion for a New Theology», in Christianity and Evolution (New York: Hartcourt, 1969), 179-180.

[3] Pierre Teilhard de Chardin, Divine Milieu (New York: HarperCollins, 2001), 25.

[4] Papa Francesco, «Motu Proprio: Ad theologiam promovendam», https://www.vatican.va/

[5] Angela da Foligno, «Memoriale VI», in ed. Francesco Santi, La Letteratura francescana. La Mistica, Vol. V [Milano: Mondadori, 2016], 125-127.

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25 Commenti

  1. Giacomo 3 ottobre 2025
  2. Giovanni Ruggeri 2 settembre 2025
    • Paolo Gamberini 2 settembre 2025
  3. Angela 2 settembre 2025
    • Paolo Gamberini 2 settembre 2025
  4. Angela 2 settembre 2025
  5. Paolo Gamberini 1 settembre 2025
  6. Paolo Gamberini 1 settembre 2025
  7. Paolo Gamberini 1 settembre 2025
    • Angela 1 settembre 2025
  8. Giuseppe Savagnone 30 agosto 2025
    • Angela 30 agosto 2025
      • Paolo Gamberini 1 settembre 2025
    • Paolo Gamberini 30 agosto 2025
      • Fabio Dipalma 30 agosto 2025
      • Giuseppe Savagnone 31 agosto 2025
        • Paolo Gamberini 31 agosto 2025
          • Giuseppe Savagnone 1 settembre 2025
  9. 68ina felice 30 agosto 2025
    • Angela 30 agosto 2025
    • Paolo Gamberini 30 agosto 2025
      • Giovanni Di Simone 30 agosto 2025
        • Paolo Gamberini 31 agosto 2025
          • Giovanni Di Simone 1 settembre 2025
  10. Angela 30 agosto 2025

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