L’India verso le urne

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I vescovi cattolici indiani hanno rilasciato una dichiarazione in vista delle elezioni nel timore che si punti alla creazione di una nazione induista.

La preoccupazione dei vescovi

L’india, il paese più popoloso del mondo, con i suoi 1.400 milioni di abitanti e i suoi oltre 900 milioni di elettori, si sta preparando alle elezioni che avranno luogo nei prossimi mesi di aprile e maggio. In gioco è il terzo mandato dell’attuale governo, presieduto dal primo ministro Narendra Modi.

La rivista National Catholic Reporter, in un reportage del 26 febbraio scorso, a firma di Tommaso Scaria, riferisce che, mentre il Paese si prepara ad eleggere un nuovo governo federale, i vescovi cattolici invitano i cittadini a «votare saggiamente» per aiutare l’India ad essere una repubblica laica e democratica.

«Esortiamo tutti i cittadini a iscriversi come elettori e ad esercitare il loro sacro dovere di votare con saggezza, in modo da eleggere dei leader che sia impegnino a favore di valori costituzionali e nell’elevazione dei poveri». È la richiesta della Conferenza episcopale indiana in una dichiarazione rilasciata al termine del XXXVI incontro biennale.

Ben 170 vescovi provenienti dalle 174 diocesi dell’India hanno partecipato alla riunione (31 gennaio-7 febbraio) nella città di Bangalore, nel sud dell’India. Il tema centrale dell’incontro era: «La risposta della Chiesa all’attuale situazione sociopolitica del Paese e ai vantaggi e alle sfide dell’intelligenza artificiale».

I vescovi, rappresentanti delle Chiese di rito latino, siro-malabarese e siro-malankarese dell’India, si sono incontrati, mentre l’attuale governo di coalizione federale guidato dal partito nazionalista indù Bharatiya Janata Party (Partito Popolare Indiano) a maggio giungerà al termine del suo secondo mandato quinquennale.

Dopo la riunione, hanno invitato i cattolici a osservare il 22 marzo una giornata di preghiera e di digiuno «per la pace e l’armonia del Paese».

Laicità a rischio

L’India e il Pakistan, com’è noto, furono creati nel 1947 con la divisione dell’India britannica. Mentre il Pakistan scelse di diventare uno Stato islamico, l’India decise di diventare una repubblica laica, garantendo pari diritti e opportunità a tutti i suoi cittadini.

Molti temono che le prossime elezioni aprano la strada a dichiarare l’India una nazione indù. Tushar Gandhi, pronipote del Mahatma Gandhi, vede una possibilità del genere se l’attuale coalizione vincesse le elezioni.

«La laicità come impegno costituzionale sarebbe abolita e si formerebbe uno stato monolitico. Questo è certo e, in uno stato del genere, non ci sarebbe posto per la libertà e la democrazia», ha dichiarato Gandhi al quotidiano The Hindu lo scorso ottobre.

Nel loro comunicato, i presuli esprimono preoccupazione per il fatto che esistono «atteggiamenti divisivi, discorsi di odio e movimenti fondamentalisti che stanno erodendo l’ethos pluralistico e secolare» dell’India e la sua Costituzione.

Lamentano che i cristiani e le loro istituzioni al servizio dei poveri nel paese subiscono violenze e vessazioni. La distruzione di case e chiese cristiane è diventata comune.

«Esiste, inoltre, una polarizzazione religiosa senza precedenti che sta danneggiando la tanto amata armonia sociale nel nostro Paese e mettendo in pericolo la stessa democrazia», hanno scritto i vescovi.

La denuncia delle violenze

In India vivono circa 26 milioni di cristiani, circa il 2,3% della popolazione, che spesso – come riferiscono di frequente le cronache – sono oggetto di violenze.

Un mese prima dell’incontro dei vescovi, l’United Forum Cristiano ha affermato che, nel 2023, sono stati segnalati 720 episodi di violenza contro i cristiani in India. La cifra non tiene conto degli incidenti violenti tra la comunità Kuki a maggioranza cristiana e i Meitei a maggioranza indù nello stato dell’India nordorientale del Manipur.Lo stesso organismo ha ricevuto segnalazioni di 23 episodi di violenza contro i cristiani negli ultimi sette giorni del 2023.

Il centro di ricerca Open Doors ha classificato l’India all’11° posto tra i paesi dove esiste la persecuzione contro i cristiani.I vescovi garantiscono che la Chiesa continuerà a servire i poveri, nonostante la violenza.

«Come leali cittadini dell’India, continueremo a servire il nostro Paese a qualsiasi costo, camminando sulle orme di Gesù, nostro Maestro», hanno affermato nella loro dichiarazione.Hanno anche esortato la gente a stare in guardia e a pregare per la sicurezza di tutti.I vescovi esprimono preoccupazione anche per la diseguale distribuzione della ricchezza e dello sviluppo «di cui sembra aver beneficiato solo una piccola percentuale».

Si dicono «sconvolti dalla prolungata violenza nel Manipur, a Hyderabad, che ha provocato un’enorme perdita di vite umane e di mezzi di sostentamento». La violenza etnica nello stato nord-orientale dell’India è iniziata il 3 maggio tra Meitei, a maggioranza induista, e Kuki, a maggioranza cristiana, due comunità importanti della zona.Durante l’incontro, l’arcivescovo Linus Neli di Imphal, guida della Chiesa cattolica nel Manipur, ha parlato della violenza che ha distrutto circa 300 chiese e migliaia di case.

Come sono state accolte le parole dei vescovi?

A.C. Michael, presidente della Federazione delle associazioni cattoliche dell’arcidiocesi di Delhi, si è congratulato con loro. In una dichiarazione, la Federazione dell’8 febbraio afferma di sentirsi «incoraggiata» dall’appello rivolto dai vescovi ai partiti politici affinché difendano la Costituzione indiana

Soddisfatto anche Chhotebhai, coordinatore dell’Indian Catholic Forum, un’organizzazione laica. Ha detto alla rivista americana National Catholic Reporter che i vescovi comprendono la gravità delle sfide che i cristiani devono affrontare in India e auspica che i presuli si adoperino per sostenere i 26 milioni di cristiani indiani oltre a invitare a pregare per la nazione.

Potrà cambiare la situazione se i nazionalisti indù vincessero le elezioni? Alcuni di essi hanno promesso: se vinciamo le elezioni, dialogheremo con i cristiani.

Un parere interessante è quello della scrittrice Nirmala Carvalho da Mumbai. Ha conseguito una laurea in filosofia e un master in sociologia, entrambi presso l’Università di Mumbai. È corrispondente di AsiaNews dal 2004 e, nel 2006, ha vinto il Premio per la comunicazione della Conferenza episcopale indiana per «l’eccezionale sensibilità verso la Chiesa e le questioni legate alle minoranze».

Ha scritto che il partito nazionalista attualmente al governo, il Bharatiya Janata Party intende istituire «un meccanismo consultivo interreligioso permanente» per discutere con i cristiani anche «il tema delle conversioni religiose». Il confronto deve svolgersi nello spirito del dialogo interreligioso così come è stato definito dal Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso in Vaticano, nel maggio 2006, e il Consiglio Ecumenico delle Chiese a Ginevra».

Commentando la notizia ad AsiaNews, anche mons. Percival Fernandez, vescovo ausiliare di Mumbai ed ex segretario della Conferenza episcopale indiana, afferma che «la proposta del Bharatiya Janata Party è benvenuta». A chi avanza dubbi sulle buone intenzioni del partito indù e ricorda che diversi esponenti politici lo hanno definito un «partito sciovinista», il presule risponde affermando: «Prego che essi pensino davvero a quello che dicono e non mascherino le loro vere intenzioni».

«Le tendenze scioviniste di alcuni partiti politici sono una macchia sulla bellezza della società laica indiana che può essere un buon esempio di vera democrazia per tutto il mondo», afferma mons. Fernandez. «Queste tendenze sono evidenti nelle manifestazioni in cui alcuni gruppi di persone plagiate, supportate da alcuni partiti politici, manipolano la legge per creare il terrore e la paura tra la gente».

È difficile prevedere come andrà a finire con le prossime elezioni. I punti interrogativi sono molti e poche le certezze.

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