Don Bosco in terra d’Islam

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«Ah ecco… una casa che accoglie, una scuola che educa, una parrocchia che evangelizza, un cortile che coltiva amicizia!». Sono i quattro pilastri del carisma salesiano. Ve li enumera con fare entusiasta padre Alex, salesiano spagnolo, settantenne con l’energia di un ventenne.

Il suo sorriso deciso sembra ricordarvi la massima di don Bosco: «La gioia è la più bella creatura uscita dalle mani di Dio. Dopo l’amore». Padre Alex, convinto, vi aggiunge subito: «Tutti e quattro i pilastri si trovano qui, a Kenitra!».

In effetti, essi sostengono un complesso grande, si direbbe gigantesco, cresciuto man mano negli anni qui, in Marocco. Il tutto si erge imponente al di qua e al di là di una strada, in centro città. La popolazione musulmana che lo frequenta è altrettanto imponente: un migliaio di ragazzi tra scuola di infanzia, elementari, “collège” e professionale. Senza contare i club e gruppi della città che approfittano fino a sera tardi delle strutture di gioco di un immenso salone.

«È la nostra musica salesiana!» sorride ancora padre Alex, alle grida dei giovani, che senti scoppiare spesso durante lo sport notturno.

“Don Bosco”, un nome, un’istituzione

In questa città musulmana il nome “Don Bosco” è tutto un programma. Anzi, un vero idolo, venerato da tutti. Il Centro ha, infatti, formato da decenni i giovani di qui, i cui risultati scolastici sono sempre ottimi. Mentre le sue regole d’oro scorrono sotto gli occhi di tutti sui muri tutt’intorno. «Un ragazzo che legge, sarà un adulto che pensa». «La mia casa è il mondo, la mia famiglia l’umanità»…

Un’immensa biblioteca, poi, fatta di romanzi, narrativa, fumetti… è a disposizione dei ragazzi per il prestito, di cui essi stessi a turno si improvvisano piccoli bibliotecari. Si educano così uomini responsabili, dando già piccole responsabilità. Antica regola, sempre attuale.

Qui, inoltre, non si dimentica la bella ricetta del prete torinese: «Metti in pratica tre cose e tutto andrà bene: allegria, studio, pietà». Imparare e impegnarsi nello studio, è vero, appariva strategico per questo grande educatore. Che potrebbe ripetere con Leo Buscaglia: «Ogni volta che impariamo qualcosa di nuovo, noi stessi diventiamo qualcosa di nuovo».

Parlando, d’altronde, con padre Alain, francese, attuale direttore della struttura, lui stesso vi attirerà l’attenzione sul fatto che «imparare delle nozioni non è ancora educare». L’educazione, infatti, non è riducibile soltanto a istruzione. E viene alla mente quanto don Bosco non terminava mai di raccomandare: «L’educazione è cosa di cuore». Sì, parte dal cuore dell’educatore e va al cuore della vita del giovane.

Con ottimismo, è riconoscere nel giovane un’energia capace di guidarlo verso l’autonomia, risvegliando in lui la voglia di camminare, di costruirsi, di prendere coscienza delle sue qualità positive, offrendo al tempo stesso concrete possibilità per questo.

In questo modo, al “Don Bosco” il giovane viene formato per entrare a far parte di una società pluralista, in cui lavorare per la giustizia e la pace, con crescenti responsabilità sociali, con rispetto dell’ecologia integrale e della protezione dei più deboli.

Senso critico e diritto/dovere di partecipazione saranno particolarmente benefici ai giovani di qui, che rischiano di percorrere strade tracciate unicamente dal passato o di perdere il desiderio di uscire da sé verso gli altri. Carl Rogers scrive, infatti: «L’unica persona istruita è quella che ha imparato ad imparare e a cambiare».

Accoglienza

Oltre ad essere un complesso scolastico, il “Centro Don Bosco” è anche casa di accoglienza per una decina di giovani migranti subsahariani, sistemati in due appartamenti. Seguono corsi professionali in elettricità per il loro domani. Il tutto offerto gratuitamente e accompagnato dal dinamismo di un giovane salesiano polacco, padre Piotr (Pietro). Nomadi fin dai loro Paesi, dopo aver attraversato deserti e frontiere, trovano qui il miracolo di una famiglia!

La piccola parrocchia salesiana, invece, ha appena celebrato la festa patronale con una “paella” gigante per 200 persone ed evidentemente una messa solenne presieduta dall’arcivescovo, il card. Cristóbal. Questi è ritornato veramente volentieri… sotto altra veste, essendovi stato direttore salesiano una ventina d’anni fa.

In fondo, lasciando il “Don Bosco” di Kenitra in riva all’Atlantico, ritorna in mente con forza il segreto del Fondatore: «Se vuoi che i giovani facciano quello che tu ami, ama quello che piace ai giovani». Sì, al giorno d’oggi in terra d’Islam, inchallah!

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