Francia: abusi, vittime e decisioni

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Un rapporto, l’ascolto delle vittime, la formazione di una commissione indipendente: sono gli ultimi passi della Conferenza episcopale francese (Lourdes, 3-5 novembre 2018) in ordine al tema drammatico degli abusi (cf. La Croix di quei giorni).

Il 30 ottobre è uscito un primo rapporto sull’attività dei vescovi contro la pedofilia del clero. In un anno e mezzo (2017-2018) le denunce sono state fatte da 211 vittime. Nei sei anni precedenti il loro numero era di 222. L’avvio del funzionamento di 71 “Cellule di ascolto” a livello diocesano (su un centinaio di diocesi) ha avuto il suo peso.

I preti sotto esame sono 129, di cui 75 sono stati segnalati alla magistratura. Fra quelli sotto esame 49 sono stati sospesi del tutto o in parte dal loro ministero. Dei 75 segnalati 10 sono sotto inchiesta civile. Molti di loro sono anziani e i fatti sono prescritti, ma per 31 i delitti sono successivi al 2000.

L’ascolto delle vittime è stato avviato dai religiosi e dalle religiose francesi che, in una loro assemblea del giugno scorso, ne hanno accolto i racconti, condividendone le sofferenze e le fatiche. In novembre tocca ai vescovi.

Le otto vittime hanno parlato ai vari gruppi dell’assemblea. Liberare la parola delle vittime è un imperativo per tutti. Significa anche liberare la Chiesa da un silenzio mortifero. Un vescovo, mons. F. Fonlupt, annota: «Vescovi e preti, questa crisi ci travolge tutti. Rivela un ferita scandalosa di cui non misuriamo ancora l’ampiezza». Una delle vittime commenta: «Mi sono sentita in qualche maniera reintegrata nel corpo della Chiesa, da cui mi avvertivo rifiutata».

Si era parlato di un’inchiesta parlamentare che avrebbe riguardato l’insieme delle istituzioni che hanno cura dei minori. I vescovi hanno deciso autonomamente per una commissione indipendente per fare luce sugli abusi a partire dal 1950, «per comprendere le ragioni che hanno favorito il modo con cui questi eventi sono stati trattati e per fare delle previsioni.

La commissione dovrà valutare le misure prese dalla Conferenza dei vescovi di Francia adottate dopo gli anni 2000. Renderà pubblico un rapporto da qui a 18 mesi/2 anni». È stato chiamato a presiederla Jean-Marc Sauvé, vicepresidente onorario del Consiglio di stato e specialista di diritto pubblico.

Nel dialogo con la presidenza dei vescovi si determineranno meglio i limiti e i compiti dell’indagine, ma toccherà a lui scegliere quanti faranno parte della commissione. Ha già detto che vuole un gruppo plurale, con specialisti di carattere giuridico, medico, psicologico e storico, per un «lavoro interdisciplinare, rigoroso, imparziale e sereno».

Clerofobia?

L’assemblea e le decisioni episcopali sono cadute in un contesto già incandescente per alcuni eventi di grande eco pubblica. Il primo è il suicidio di due preti di 38 anni fra settembre e ottobre.

Il primo, J.-B. Sébe nella diocesi di Rouen, il secondo, P.-Y. Fumery nella diocesi di Orléans. Ambedue accusati di comportamenti irregolari con ragazzi e ragazze. Ambedue molto stimati e amati dalle rispettive comunità. Le accuse nei loro confronti erano tutte da verificare. Per il secondo la gendarmeria locale non aveva trovato riscontri.

Oltre al dolore dei fedeli e dei vescovi, sono emerse voci di una sorta di “clerofobia” che sta pesando sui preti, anche davanti alle prime sentenze contro denuncianti che non risultano attendibili dai giudici.

Nei giorni dell’assemblea, il vescovo emerito di Orléans, André Fort, è stato chiamato in giudizio per mancata denuncia davanti alle aggressioni del sacerdote P. de Castelet. Accusato da tre vittime, l’interessato ha ammesso le violenze sessuali compiute sottolineando che «i superiori gerarchici sapevano». Dopo il caso di mons. P. Pican (2001), condannato per mancata denuncia, questo è il secondo caso di un vescovo chiamato in tribunale. Il 7 gennaio 2019 toccherà al card. P. Barbarin, vescovo di Lione, difendersi da un’analoga accusa.

Un giudice ecclesiastico di Lione, p. P. Vignon, ha raccolto quest’estate oltre 100.000 firme per chiedere le dimissioni del card. Barbarin, accusandolo di non aver capito e ascoltato le 72 vittime di p. B. Preynat e di non aver preso provvedimenti immediati e adeguati davanti a una patologia irreversibile.

Il provvedimento che esonera p. Vignon dal servizio nel tribunale ecclesiastico («il mio vescovo ha sottolineato che la mia posizione di giudice non è coerente con il fatto che il card. Barbarin sia il moderatore del tribunale») è coinciso con la settimana dell’assemblea episcopale, creando non pochi malumori fra le associazioni delle vittime degli abusi.

Il 26 ottobre Éric de Moulins-Beaufort, vescovo di Reims, in una trasmissione radiofonica, ha ammesso che mons. Tony Anatrella, figura di spicco fra i consulenti ecclesiastici sui temi della psicologia, avrebbe messo in atto terapie corporali troppo spinte nei confronti di alcuni suoi pazienti. Molto stimato e frequentemente consultato anche a Roma, mons. Anatrella è stato pubblicamente difeso dal card. Vingt-Trois, vescovo emerito di Parigi, nel 2006.

Nel 2018, l’attuale vescovo di Parigi, Michel Aupetit, lo ha allontanato dall’esercizio del ministero, dalla confessione e da ogni attività terapeutica.

Trasparenti e decisi

Una attenzione significativa hanno raccolto due lettere pastorali di altrettanti vescovi: Luc Ravel, arcivescovo di Strasburgo in Alsazia (Meglio tardi che mai. Lettera pastorale sugli abusi sessuali, 29 agosto), e Xavier Malle, vescovo di Gap (Per una Chiesa diocesana determinata a lottare contro gli abusi sui minori e a proteggere i bambini e le persone vulnerabili, 18 ottobre).

Cito dalla prima: «Le riflessioni di cui vi metto a parte girano attorno a un’idea: questi “affari” non sono dietro di noi. Formano il nostro presente spirituale. Impediscono il nostro cammino futuro se non c’è un cambiamento profondo, se non ci lasciamo afferrare di nuovo da Cristo». Della seconda: davanti a denunce controllate «non esiterò, come del resto impone la legge, a segnalare il caso al procuratore della Repubblica e ad avviare, in parallelo, le procedure canoniche necessarie».

Anche i religiosi e le religiose di Francia che si sono trovati in assemblea congiunta (lo fanno da 10 anni) il 10-13 novembre, in rappresentanza di oltre 20.000 religiose e 6.000 religiosi, «si associano pienamente alla decisione presa dalla Conferenza episcopale concernente l’erezione di una commissione indipendente», impegnandosi in una formazione iniziale e continua in merito alla lotta agli abusi, proponendo protocolli per la protezione dei minori, dichiarandosi disponibili a prendersi carico degli “attori” e alle differenziate modalità di riparazione per le vittime.

La presidente della Conferenza dei religiosi, la domenicana Veronique Margron, aveva già guidato l’incontro con le vittime e si era espressa chiaramente: «Sì, la Chiesa è gravemente e pesantemente colpevole. La sua responsabilità è più grande rispetto alle altre istituzioni interessate, perché essa pretende, in nome del Vangelo di Cristo, di trasmettere un modo di vita insieme, di dire la verità, la giustizia e il bene, il morale e l’immorale». «Davanti all’ampiezza del male commesso, delle complicità attive o passive, qui e dappertutto, è indispensabile rimuovere la pretesa ad ogni presunzione o di eccellenza nella santità, nella verità, nella morale, nell’umanesimo. Cercare dolorosamente la precisa dimensione delle nostre turpitudini. Diventare di nuovo servitori dell’umano nella sua vulnerabilità e nella sua intangibile dignità» (Le Monde, 26 settembre).

Fra i religiosi e le religiose, soprattutto delle congregazioni internazionali, si è consapevoli di dover aprire capitoli molto scomodi in aree finora apparentemente esentate dal fenomeno, come l’Asia e l’Africa. Senza restare prigionieri degli abusi (e della loro enfasi mediale), vi sono domande di riforma che incidono in profondità nella figura del prete, nella gestione delle comunità, nel patrimonio teologico sul corpo, nelle funzionalità delle istituzioni. Come espresso dalla Lettera al popolo di Dio di papa Francesco, il 20 agosto scorso.

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