Pio XII: il “Papa sociale”

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L’apertura degli Archivi vaticani riguardanti il pontificato di Eugenio Pacelli (Pio XII) inaugura importanti prospettive di ricerca, a testimonianza di una personalità unica per la storia politica, sociale e religiosa del XX secolo.

Il 2 marzo – come molti sanno –, per decisione di papa Francesco, è stata disposta l’apertura degli Archivi della Santa Sede relativi al periodo del pontificato di Pio XII (1939-1958). Purtroppo è durata poco perché, per ragioni inerenti la situazione epidemiologica italiana e vaticana, la direzione dell’Archivio apostolico vaticano ha disposto nuovamente la chiusura ai ricercatori dal 9 al 13 marzo, riservandosi di prorogare la decisione in relazione all’evoluzione della situazione generale.

Per una settimana, comunque, i due milioni di carte equivalenti a circa 323 metri lineari, sono stati a disposizione di oltre 150 studiosi provenienti da tutto il mondo che, nei giorni precedenti, avevano fatto richiesta di consultazione. Anche se buona parte di questa documentazione era già stata resa consultabile agli studiosi da parte di Paolo VI e Giovanni Paolo II (basti pensare alla “sintesi” pubblicata nel 1965 in undici volumi degli Actes et documents du Saint Siège relatifs à la Seconde guerre mondiale), l’apertura di tutte le carte relative a Pio XII è stata e sarà un evento d’indubbio valore storico e culturale.

Annunciata da papa Francesco il 4 marzo 2019, l’apertura è stata preparata da un lavoro di oltre quattordici anni e ha coinvolto, oltre allo stesso Archivio vaticano, anche l’Archivio storico della Sezione per i rapporti con gli stati della Segreteria di stato, l’Archivio della Congregazione per la dottrina della fede, l’Archivio storico della Congregazione per l’evangelizzazione dei popoli (de Propaganda Fide), l’Archivio storico della Congregazione per le Chiese orientali, l’Archivio della Penitenzieria apostolica e l’Archivio storico generale della Fabbrica di San Pietro.

Non solo il capitolo “ebrei”

Eppure, dopo il 2 marzo, ancora una volta, l’attenzione dei media e degli studiosi si è concentrata soprattutto sul 10% del pontificato di Pacelli, cioè su quei due anni che vanno dal settembre 1943 al giugno 1944 che testimoniano l’operato del pontefice e dei suoi più stretti collaboratori in favore degli ebrei perseguitati nell’Europa occupata dai nazisti.

Nonostante l’importanza di queste fonti e dei conseguenti studi e riletture che ne conseguiranno, mi pare opportuno richiamare quanto Papa Montini disse, inaugurando nel 1964 la statua di Pio XII in Vaticano, a proposito del suo magistero. E ne richiamò una frase coincisa ma estremamente significativa: «Seguire gli insegnamenti e gli esempi [di Papa Pacelli] sarà conforto» per tutti.

Apertura archivi vaticani

Pio XII, in effetti, nei vent’anni del suo pontificato, ha scritto ben 41 encicliche e, benché nessuna di queste “monograficamente” in tema di Dottrina sociale della Chiesa come s’intende oggi, per la quantità e qualità dei suoi documenti sulla pace, sulla società, sulla famiglia e sulla legge naturale, penso gli si possa tranquillamente attribuire il titolo di Papa sociale.

Oltretutto, durante la Seconda guerra mondiale, impartì significativi insegnamenti di Dottrina sociale della Chiesa attraverso i noti radiomessaggi pronunciati in occasione delle festività natalizie.

Disponendo l’apertura degli Archivi vaticani per il periodo del suo pontificato, riteniamo che anche papa Francesco abbia voluto manifestare la sua più alta stima nei confronti di Eugenio Pacelli. Nel discorso pronunciato il 4 marzo del 2019 agli officiali dell’Archivio vaticano, ne ha ricostruito così la genesi e i possibili effetti: «Assumo questa decisione sentito il parere dei miei più stretti collaboratori, con animo sereno e fiducioso, sicuro che la seria e obiettiva ricerca storica saprà valutare nella sua giusta luce, con appropriata critica, momenti di esaltazione di quel pontefice e, senza dubbio, anche momenti di gravi difficoltà, di tormentate decisioni. [Ma] la Chiesa non ha paura della storia, anzi, la ama, e vorrebbe amarla di più e meglio, come la ama Dio! Quindi, con la stessa fiducia dei miei predecessori, apro e affido ai ricercatori questo patrimonio documentario».

Il magistero ”sociale”

Sarebbe dunque un errore limitare l’interesse a Pio XII alla cosiddetta questione dei “silenzi” che ha conosciuto popolarità a partire dal dramma dello scrittore e sceneggiatore tedesco Rolf Hochhuth Il Vicario (1963). Da allora, infatti, gli storici seri, di qualsiasi orientamento ideologico e appartenenza religiosa, ne hanno mostrato ampiamente l’infondatezza storica. E sono passati quasi sessant’anni!

Dai fondi resi disponibili (quando riaprirà l’Archivio segreto vaticano, ribattezzato Archivio apostolico per volontà di papa Bergoglio) ci attenderemmo piuttosto una maggiore attenzione ad approfondire la dottrina di papa Pacelli, il suo pensiero sociale. Basti pensare solo al fatto che Pacelli sia il pontefice più citato dal concilio Vaticano II.

Nel 50° anniversario dell’enciclica di Leone XIII Rerum novarum (1891), papa Pacelli scrisse: «Dalla forma data alla società, consona o no alle leggi divine, dipende e s’insinua anche il bene o il male nelle anime» (Radiomessaggio di Pentecoste, 1° giugno 1941).

Il suo lungimirante magistero parla soprattutto a quei cattolici in politica che, entrando in un Ministero o in un’aula parlamentare, finiscono sulla base di una malintesa concezione di laicità per “spogliarsi” della loro identità e del prezioso tesoro della Dottrina sociale della Chiesa.

In questo senso, a mio avviso, la rilettura degli insegnamenti sociali di Pio XII, con i necessari adeguamenti, resta ancora oggi fondamentale per invertire la rotta dalla dittatura del relativismo (Benedetto XVI) e dalla globalizzazione dell’indifferenza (papa Francesco).

Spero, dunque, che l’apertura di questi nuovi fondi porti di nuovo a studiare e a far conoscere adeguatamente le coordinate di un pensiero che, giustamente, ha fatto definire papa Pacelli “Defensor civitatis”.

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