La tirannia della trasparenza

di:

Gaschignard

Il vescovo emerito di Orléans-Nanterre, Gérard Daucourt, risponde a un intervento del vaticanista Jean-Marie Guénois su Le Figaro, nel quale vengono elencati nomi di cardinali e di vescovi francesi colpevoli – a suo parere – di aver insabbiato casi di abusi o di essere essi stessi coinvolti in abusi. Trattandosi di persone e della loro onorabilità, questo spinoso problema va affrontato con prudenza e nella certezza della verità. Ecco il motivo della reazione del vescovo Daucourt nella lettera indirizzata a Francesco Strazzari. Mons. Daucourt ha aperto la «Piccola Betania», luogo di accoglienza e rigenerazione per «preti spezzati» (cf. SettimanaNews, qui).

Caro Francesco,

l’articolo di Guénois su Le Figaro è un puro prodotto della tirannia della trasparenza. Esso ha la pretesa di servire la verità accusando i responsabili della Conferenza episcopale di aver mentito nella vicenda Santier. La realtà è molto più complessa di così e, se fosse vero, bisognerebbe aggiungere anche l’operato del nunzio, ma Guénois ha paura di mettere in discussione il nunzio.

In questo tipo di avvenimenti la trasparenza totale non esiste. Guénois può affermare di servire la verità, ma dovrebbe riconoscere di non possederla completamente. Per il bene delle persone (vittime e aggressori), si può reputare che non tutto debba essere detto. Ci si può anche sbagliare nella valutazione e quindi commettere un errore con conseguenze importanti. Questo è ciò che hanno fatto i responsabili dell’episcopato francese e il nunzio. Ciò non significa che essi siano insinceri o persone che praticano l’omertà.

Per raggiungere il suo obiettivo, Guénois si permette di diffondere gli errori di una persona deceduta (mons. Pican) e di riproporre un fatto accaduto 5 anni fa, che non ha avuto alcun seguito giudiziario (perché non c’era nulla di penale) ma che si è concluso solamente con sanzioni canoniche. È il caso di un vescovo, che conosco molto bene da 40 anni. Da tre giorni è sconvolto, così come i suoi fratelli, le sue sorelle e i suoi amici, perché Guénois (con quale diritto?) sta riportando alla ribalta una vicenda chiusa da 5 anni.

Personalmente non sono d’accordo con i metodi utilizzati da Roma in questo caso. In sede civile il caso è stato archiviato, perché i tribunali non hanno trovato nelle denunce nulla che avesse rilevanza penale. La giustizia ecclesiastica è stata molto più severa, privando questo vescovo della carica episcopale e negandogli la possibilità di difendersi.

Egli si è recato a Roma per chiedere un’indagine canonica. Ha ricevuto un rifiuto. Ha scritto al papa e non ha mai ottenuto risposta. Ha atteso tre anni per conoscere la posizione di Roma nei suoi confronti. Soltanto da due anni è stato informato di essere stato ridotto allo stato presbiterale. Mi esprimo così, ma è questa la realtà della sua nuova situazione, dal momento che non ha più il diritto di esercitare un ministero o di compiere un atto o di avviare una procedura come vescovo.

I vescovi di Francia gli avevano dimostrato molta fraternità. Il vescovo di Grenoble lo ha accolto nella sua diocesi e il suo successore sta facendo lo stesso. Inoltre, dopo le sue dimissioni di cinque anni fa, egli aveva partecipato alle assemblee dell’episcopato e a quelle dei vescovi della provincia ecclesiastica, ed era anche membro di una commissione episcopale. Tutto questo gli è ora vietato da Roma. Tutto ciò provoca una tristezza infinita ed è del tutto incomprensibile, dal momento che gli è vietato anche il sostegno della fraternità episcopale. Dov’è la Chiesa della misericordia?

Ti ricordo che, su denuncia di una famiglia, fu il cardinal Ricard a fare un esposto al procuratore della Repubblica. Fu il nunzio Ventura a imporre a questo vescovo le sue dimissioni «nel caso Roma le avesse richieste». E fu il cardinale Ouellet ad applicare questi metodi intimidatori ponendoli sotto la copertura del papa.

Puoi immaginare i suoi sentimenti quando associa questi nomi, che sono quelli di vescovi che si ritrovano a loro volta sotto accusa e che hanno contribuito a quella che io definisco chiaramente una grave ingiustizia che lo riguarda e continua tuttora. Non pretendo di affermare che sia completamente innocente. Non sta a me giudicare. Ciò che contesto in maniera formale sono i «metodi» ingiusti e inaccettabili utilizzati da alcune autorità ecclesiastiche per risolvere un caso del genere.

Adesso puoi comprendere perché Guénois, il quale conosce solo una parte della verità, avrebbe fatto meglio a tacere e a non rilanciare pubblicamente una questione tanto dolorosa. Spero che in Italia non dobbiate sopportare metodi così inaccettabili da parte delle autorità ecclesiastiche e dei giornalisti.

Mi fermo qui. Un saluto fraterno e una preghiera.

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