Brennero: il fronte della paura

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Brennero migranti

I presidenti delle Province autonome di Bolzano e Trento, Arno Kompatscher e Ugo Rossi, e quello del land Tirolo, Günther Platter, al termine di una seduta straordinaria della giunta dell’Euregio Tirolo-Alto Adige-Trentino, Bolzano, 15 febbraio 2016 (Ansa/ USP Bolzano)

La paura gioca brutti scherzi ai politici. E così l’Austria, governata da una coalizione di socialdemocratici e cristiano-popolari, di fronte alla paura di perdere voti a destra a causa dei profughi, cosa fa? Invece di allearsi con la Germania della Merkel e con l’Italia di Renzi per scuotere insieme l’Europa e costringerla ad adottare una politica di condivisione dell’accoglienza dei migranti, ripristina le barriere al confine del Brennero, e va ad allearsi con i governi di destra dell’Est, dai connotati xenofobi e razzisti come quelli di Kaczynski e Szydlo in Polonia e di Orban in Ungheria, per fare fronte comune contro i profughi. Per paura che gli xenofobi vincano, l’Austria, fino a due mesi fa accogliente, si allinea alla loro politica invece di battersi perché la cambino. Un cedimento che misura il livello attuale di sbandamento, morale in primo luogo, di molta politica europea.

Sono in gioco principi fondamentali. Umanitari, in primo luogo. Non esiste Europa che non sia fondata sulla tutela e la promozione della dignità umana, perché l’Europa unita nasce come reazione alla ferita terribile che dal suo cuore stesso è stata inferta, con le guerre mondiali e i totalitarismi, alla dignità umana. Chiudere i confini di fronte a popolazioni in fuga dalla guerra e dalle persecuzioni politiche e religiose è un tradimento dei fondamenti stessi dell’Unione.

C’è poi una questione di condivisione dei doveri, non solo dei diritti da parte dei paesi dell’UE. La Polonia nel 2014 ha incassato 13,7 miliardi di euro in più di quanti dati all’Unione; l’Ungheria 5,6 miliardi in più. Cifre enormi che stanno spingendo le economie di questi due paesi che però, mentre incassano i rilevanti vantaggi economici dal far parte dell’Unione, non vogliono farsi carico anche dei doveri che questa appartenenza comporta, come quello della condivisione della responsabilità e del peso dell’accoglienza dei profughi. Questi atteggiamenti snaturano l’Unione e non possono diventare quelli vincenti perché in tal caso l’Europa sparirebbe.

C’è anche una storica questione tutta italo-austriaca intorno al confine del Brennero. L’Austria sta ripristinando barriere e controlli su un confine che essa non ha mai voluto e che le fu sanguinosamente imposto dai vincitori della Prima guerra mondiale. Non dimentichiamo che più di quattro quinti della popolazione dell’Alto Adige (il Tirolo del Sud), che il confine separò dall’Austria e unì all’Italia, era di lingua tedesca. Un confine che diventò lacerante con il fascismo che adottò una spietata politica di italianizzazione forzata di quella popolazione e di quella terra, con violenze culturali, psicologiche, politiche che hanno lasciato un segno indelebile nella popolazione sudtirolese. L’Italia democratica del secondo dopoguerra, a partire dall’azione di De Gasperi, cercò di riparare alla violenza inferta dal fascismo alle popolazioni di lingua tedesca inglobate in territorio italiano, riconoscendo una autonomia speciale alla regione e cercando di alleggerire, attraverso speciali trattati commerciali e culturali, il confine del Brennero. Il tutto in pieno accordo con l’Austria, garante per conto dell’ONU, dei diritti dei sudtirolesi. Un percorso complesso e accidentato, che ha conosciuto anche momenti bui, come la stagione delle bombe degli indipendentisti negli anni ’60, ma che poi è approdato a una situazione di pacificazione e convivenza a dir poco esemplare nel contesto europeo, pur tra tante contraddizioni.

Con l’Unione Europea e con Schengen quel confine del Brennero era di fatto sparito e le popolazioni del Tirolo del Nord e quelle del Tirolo del Sud avevano in qualche modo ritrovato l’unità perduta. Un miracolo della politica. Questo ha significato la creazione dell’Europa unita per il Brennero: la guarigione, quasi definitiva, di una ferita dolorosa lunga una secolo. E lo stesso ha significato per altri dolorosi confini che le guerre mondiali hanno creato o spostato in Europa. Ripristinare confini in Europa, vuol dire spesso ripristinare sanguinose ferite. Quelle barriere, di cemento, di filo spinato, di guardie e militari che vediamo nuovamente alzarsi, non sono soltanto contro quella povera umanità in fuga, ma anche contro la speranza di guarire il nostro passato.

È proprio un dramma che sia l’Austria a ripristinare unilateralmente quel confine che le era stato sanguinosamente imposto. La pochezza morale della classe politica che la governa sta generando non solo un insulto alla dignità umana di tanti esseri umani che cercano una via di salvezza, ma anche un’offesa alla sua stessa storia. Tanto la paura rende ciechi.

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