Francia: celibato e viri probati

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Cattedrale di Poitiers (foto di Eric Terrade su Unsplash)

«Ho conosciuto diversi giovani che desideravano essere preti, ma che non si vedevano  in una vita senza la sposa e i figli. Sono convinto che sarebbero stati preti eccellenti, ma pessimi celibatari. La regola del celibato priva la Chiesa cattolica di alcuni preti eccellenti e di eccellenti pastori».

Con pacata maturità e senza rivendicazioni l’affermazione è collocata in un’ampia riflessione su due punti fondamentali dell’esercizio del ministero presbiterale oggi: il celibato e il dovere dell’autorità. Ne è l’autore Pascal Wintzer, vescovo di Poitiers (Francia) e membro del consiglio permanente della Conferenza episcopale.

Il vescovo di Poitiers

La lettera pastorale (data settembre 2022) porta il titolo “Scegliere e decidere” e ha due sottotitoli: “celibatari per scelta”, “autoritari per dovere”.

Sulla scorta del processo sinodale e dei temi di riforma sollevati dalla Commissione indipendente sugli abusi (Ciase; il testo è stato pubblicato il 5 ottobre 2021), mons. Wintzer nega un rapporto di causalità fra scelta celibataria e autoritarismo, mettendo a fuoco anzitutto il celibato, la cui obbligatorietà è oggi discussa.

«Mi sono già espresso sulla possibilità per la Chiesa latina di ordinare preti anche uomini sposati. L’eventualità non sarebbe, di per sé, una soluzione alla scarsità dei preti, il cui numero è giudicato debole in Europa, né una garanzia contro eventuali devianze, in particolare sessuali. Ho scritto tuttavia i motivi per cui ritengo possibile e senza dubbio auspicabile tale cammino. Esso non mette in questione il clero celibatario e non dovrebbe condurre gli attuali preti a sposarsi», poiché ciascuno è chiamato alla fedeltà alle scelte compiute.

Usando il registro della testimonianza personale, il presule racconta come il celibato sia stato una scelta libera, coerente con un progetto di matura umanizzazione. Senza negare i suoi costi, come una certa solitudine e il limite alla propria vita affettiva, la rinuncia all’esercizio della sessualità, deve ancorarsi in profondità nel cuore e nei suoi orientamenti di fondo, soprattutto nel contesto contemporaneo che ha cancellato le gratificazioni sociali prima riconosciute ai preti.

«Vissuto nella libertà di una scelta autenticamente umana e umanizzante, il celibato del prete… potrà esprimersi come capace di dare un senso al ministero e una maniera di seguire il Cristo».

L’autorità è necessaria

Il sottotitolo abrasivo (“Autoritari per dovere”) introduce il paradosso della contestuale critica all’ignavia dei responsabili davanti agli abusi e del sospetto di autoritarismo per molte decisioni.

«È necessario constatare che da decenni, per negligenza, falsa benevolenza, nella Chiesa cattolica si è ricorso molto scarsamente alle facoltà previste dal diritto interno per sanzionare nel senso pieno del termine, e cioè incoraggiare e sostenere, ma anche reprimere».

Ben oltre il pur importante momento  della decisione di ordinare o meno un candidato al presbiterato. l’esercizio dell’autorità richiede certo l’esercizio delle virtù e la capacità di un qualche distacco dalle proprie emozioni. Ma la sapienza della società democratica suggerisce elementi correttivi al potere e un esercizio condiviso dello stesso.

Strumenti similari sono già presenti nella Chiesa, ma raramente con un potere deliberativo e imperativo. Svilupparli per un’azione più efficace è auspicabile, anche in coerenza con la crescente coscienza sinodale della Chiesa. Una condizione che chiede sia a chi è in un ruolo di autorità, come a tutti gli altri, di non dimettersi dalla propria responsabilità, di non rifugiarsi nella facile opposizione o astensione.

«Una chiesa sinodale vive ben al di là di un semplice forum di dibattito ove alcuni si prodigano in consigli attendendo che altri (ma chi?) li mettano in esecuzione. Ciò che ciascuno auspica non prenderà sostanza se non nella misura in cui lavora, riflette e si impegna. Mai da solo. È questo il senso della sinodalità. Essa va oltre la distinzione o l’opposizione fra consultivo e deliberativo».

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