Vescovi e ordinazioni: le occasioni perse

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L’immagine del prete nella Chiesa sta attraversando un grande cambiamento. È un fatto che si avverte anche nelle ordinazioni sacerdotali in Germania? Il professore di teologia Richard Hartmann di Fulda ha analizzato le omelie tenute durante le ordinazioni sacerdotali dell’anno scorso. Nell’intervista pubblicata in katholisch.de parla dei risultati a cui è giunto (Fulda – 8 giugno 2021). La traduzione dal tedesco è a cura di Antonio Dall’Osto.

Le ordinazioni sacerdotali nelle diocesi costituiscono forse le occasioni più importanti in cui i vescovi parlano pubblicamente del sacerdozio, ma come lo fanno? Il teologo Richard Hartmann, professore di teologia pastorale e di omiletica della Facoltà teologica di Fulda, analizzando da vicino le omelie tenute durante le celebrazioni dello scorso anno, dice di essere rimasto piuttosto deluso. Nella seguente intervista spiega le ragioni per cui, a suo parere, i vescovi hanno perso un’occasione.

– Prof. Hartmann, perché ha preso in esame le omelie delle ordinazioni sacerdotali dello scorso anno?

Ci sono diverse ragioni: anzitutto perché ho lavorato personalmente da una ventina d’anni nella formazione alla predicazione. Inoltre, perché mi occupo da tempo degli sviluppi strutturali nelle diocesi, dei modelli riguardanti i ruoli e cose del genere – attualmente in particolare nella diocesi di Fulda. Per quanto riguarda questo argomento, mi sono recato in varie diocesi in Germania.

Attualmente, sta cambiando profondamente il ruolo del sacerdote e degli impiegati a tempo pieno, così come è tornato in primo piano il tema del sacerdozio comune a tutti i fedeli. Per questa ragione volevo vedere se ciò che si trova nei documenti-guida delle diocesi sugli sviluppi strutturali pastorali si riflette anche nelle prediche dei vescovi e in ciò che essi dicono pubblicamente sul sacerdozio.

 – Perché ha preso in considerazione proprio le omelie delle ordinazioni sacerdotali?

Nella maggior parte delle diocesi ci sono due, tre circostanze importanti durante l’anno in cui i vescovi parlano pubblicamente del sacerdozio. La più importante è sicuramente quella delle ordinazioni sacerdotali in cui ci si può aspettare che il vescovo dica qualcosa a questo riguardo, sia ai candidati al sacerdozio sia al popolo di Dio. Un’altra occasione è la messa crismale, in cui si rinnova la promessa sacerdotale dell’obbedienza. Inoltre, in molte diocesi si organizzano convegni per i sacerdoti.

Da tempo ho l’impressione che quanto i vescovi dicono pubblicamente nelle loro prediche non sia del tutto compatibile con ciò che è scritto nelle linee-guida della nuova progettazione della pastorale. Ho approfittato del tempo della pandemia per vedere come sono i testi delle prediche che ricevo; ad eccezione di uno, li ho ricevuti tutti. Ho quindi considerato questi testi semplicemente in base al loro contenuto.

– Cosa ha notato?

Sono rimasto deluso, perché molti discorsi hanno poca pertinenza o – cosa che trovo altrettanto negativa, se non peggiore – perché si riferiscono solo alla vocazione personale dei candidati. È vero che non ci sono drammatici accenti di puro clericalismo, ma non c’è quasi alcun accenno sul fatto di essere prete oggi, come mi sarei aspettato o avrei desiderato.

– A quali argomenti si riferisce?

A due in particolare. Da una parte, il messaggio su ciò che attende i candidati all’ordinazione e su come il vescovo, al quale hanno promesso riverenza e obbedienza, li sosterrà. In seguito ai profondi cambiamenti in atto nella Chiesa, è davvero una situazione avventurosa quella a cui si avviano i sacerdoti oggi, molto diversa da quella di 40 anni fa, quando sono stato ordinato io.

Dall’altra, anche un messaggio al popolo dei fedeli, affinché non collochino i nuovi sacerdoti su un trono irraggiungibile, ma esprimano loro solidarietà e non li lascino soli.

Ma, se in tutti i discorsi la collaborazione con le operatrici e gli operatori pastorali è a malapena accennata, mentre la santità del servizio sacerdotale e la vocazione sacerdotale sono fortemente sottolineate, allora tutto diventa difficile.

– Quali altri punti ha potuto notare?

Alcuni argomenti sono appena o per nulla affrontati. Il compito del sacerdote nella diaconia, ad esempio, del prendersi cura delle persone bisognose, è stato menzionato in meno di un terzo dei testi e appena toccato.

Anche del problema di essere prete in una Chiesa che sta perdendo sempre più la sua rilevanza e che deve cercare il dialogo sociale non si trova praticamente alcun accenno.

Non trovano posto nemmeno le discussioni sui cambiamenti pastorali nelle diocesi e nel servizio di guida dei sacerdoti o cosa significhi oggi vivere nel celibato.

Trovo anche rilevante che si parli della Chiesa e dei preti senza alcun accenno all’ecumenismo e alla solidarietà tra le confessioni.

Sono tutti argomenti che mi inducono a chiedere perché mai i vescovi non approfittino di queste opportunità, sia come loro impegno sia come messaggio per il popolo di Dio.

– Ma un vescovo non può trattare tutti gli argomenti nella sua predica.

Questo è vero, naturalmente, e anche i vescovi devono fare le loro scelte. Le omelie di ordinazione non sono una conferenza teologica pastorale, ma hanno a che fare con l’indole di ciascun vescovo. Ci sono molti stili diversi. Ma il fatto che questi argomenti non compaiano o entrino appena in 26 prediche è già deludente.

Lo scorso anno, al centro delle omelie di ordinazione, sono stati il rapporto dei sacerdoti con Cristo, la loro spiritualità e la sacramentalità del ministero. Sono tutte prediche fuori dal tempo che sfumano nello spirituale, cosa che in questo momento non giova a nessuno.

– Oltre a quelle delle diocesi tedesche, lei ha analizzato anche le prediche tenute durante le ordinazioni della Fraternità S. Pio X. Perché?

Prima di tutto, perché mi sono capitate tra le mani mentre cercavo le prediche delle ordinazione sacerdotali in Germania. Ammetto che pensavo di trovare lì qualcosa che fosse completamente in contrasto con le mie affermazioni teologiche. Ma la differenza tra una predica di questo ambiente e quella di alcuni vescovi cattolici in Germania non è così grande. Questo è anche dovuto al fatto che quasi tutte le prediche sono fortemente declinate sulla spiritualità, sul rapporto con Cristo e sulla sacramentalità e non tanto sulla realtà ecclesiale-pastorale.

– Nella conclusione della sua analisi, lei scrive che i vescovi hanno perso un’occasione nelle loro omelie in occasione delle ordinazioni presbiterali. Che cosa intende dire?

In realtà, vorrei che i vescovi guardassero più da vicino quali sacerdoti inviano e in quale situazione ecclesiale e quale sostegno possono dare loro. C’è spesso l’idea, sia tra i sacerdoti sia nelle comunità, che il prete debba fare tutto e che tutta la realtà della Chiesa dipenda dalla sua attività.

A sostegno dei sacerdoti, perciò, vorrei che il popolo di Dio li sentisse inseriti nella vita reale e non li considerasse come una controparte a cui assegnare ogni responsabilità quando qualcosa non funziona.

Il direttore del seminario di Fulda, Dirk Gärtner, che è anche presidente della Conferenza tedesca dei rettori, è stato uno dei primi a leggere l’articolo. Mi ha detto di aver capito quanto sia pericoloso che venga così poco sottolineata l’importanza che il prete si senta dentro il suo popolo – perché è questo che favorisce il clericalismo.

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