Hildesheim: Chiesa per e tra la gente /1

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Della Chiesa cattolica in Germania si parla molto, sovente senza conoscerla e senza prendersi la briga di informarsi a dovere. Esempio lampante sono le recenti lettere aperte di critica al Cammino sinodale, nelle quali diventa evidente che nessuno dei firmatari aveva letto i documenti discussi nella loro versione attuale. Per questo ci è sembrato opportuno offrire ai nostri lettori e lettrici un piccolo spaccato di una Chiesa locale tedesca, quella di Hildesheim. Poco si sa, infatti, anche sul rinnovamento della pastorale in atto in alcune diocesi tedesche – si tratta di esperienze che possono offrire degli spunti anche alla nostra Chiesa italiana. Abbiamo quindi raccolto il racconto di alcune persone impegnate nella diocesi di Hildesheim. Si ringraziano Peter Abel, Carmen Diller, Christian Hennecke, Carolin Herbke, Marina Seidel e Peter Wirth per aver condiviso con noi le loro esperienze pastorali che qui presentiamo.

La diocesi di Hildesheim si sta muovendo controcorrente rispetto alle procedure di accorpamento delle parrocchie in unità pastorali sempre più ampie o in mega-parrocchie, che stanno caratterizzando la risposta delle diocesi tedesche alla diminuzione di preti in attività e delle vocazioni al ministero presbiterale nella Chiesa.

Continuare a vincolare l’esistenza di una comunità cristiana al numero di preti disponibili per assumersi l’incarico di parroco  significa mettere in atto una sorta di ingegneria pastorale artificiosa e artificiale, che non tiene conto delle pratiche e dei vissuti quotidiani della fede in ambito locale che ci sono, e continuano a esistere, a prescindere dalla presenza in loco del ministero ordinato.

Dopo che negli anni passati, sotto il precedente vescovo, si era proceduto ad accorpare parrocchie tra di loro, ora la diocesi di Hildesheim, guidata dal dehoniano Heiner Wilmer, ha collegialmente deciso di non continuare in questa maniera, ma di lasciar esistere le parrocchie indipendentemente dalla disponibilità numerica di preti diocesani e religiosi

Si afferma così un modo di intendere la pastorale che parte dalle comunità cristiane esistenti, che hanno una loro dignità di essere e una sussistenza che va oltre la dimensione puramente canonica del ministero ordinato.

Parrocchia come comunità di comunità cristiane

In tal modo, si inverte anche il modo di pensare il ministero stesso, e i molti ministeri nella Chiesa: non più vincolando le comunità a esso, ma pensando la ministerialità di una Chiesa locale a partire dai vissuti, dalle pratiche, dalle abilità della fede delle comunità cristiane.

Questo comporta anche un ripensamento della parrocchia stessa: passando da un concetto di accentramento a una visione di parrocchia diffusa sui territori del vivere umano, nei luoghi e tempi del quotidiano, che si realizza nelle e mediante le diverse comunità cristiane che la compongono.

Non più una parrocchia come comunità monolitica e onnicomprensiva, ma la parrocchia come comunità di comunità cristiane diverse e complementari tra di loro. Una visione che si avvicina pastoralmente all’ecclesiologia di una Chiesa di Chiese proposta anni addietro da J.-M. Tillard.

Tenere questa aderenza di una comunità cristiana pluriforme ai luoghi, tempi, spazi, del vivere umano rappresenta una sfida che chiede una nuova e diversa immaginazione pastorale. Ed è proprio in questa aderenza che fanno capolino percorsi inediti possibili, nuove forme di presenza della comunità cristiana in mezzo ai vissuti degli uomini e delle donne del nostro tempo.

Davanti a queste domande pastorali che emergono dal vissuto della gente, e dallo stare a contatto con esso, per una comunità parrocchiale fatta di diverse comunità cristiane è importante concedersi un tempo giusto e adeguato di confronto, discussione e discernimento condiviso.

A partire dai vissuti della gente

Questo modo di essere comunità davanti alle domande che vengono dalle esperienze di vita, dal territorio in cui si vive tutti insieme, è molto importante per dare forma alla parrocchia nel suo complesso: in primo luogo, perché essa si edifica così mediante processi di apprendimento e ascolto; poi, perché le impedisce di pensarsi come realtà a se stante impermeabile a ciò che avviene intorno e in essa.

Quando più persone di una comunità cristiana convengono insieme con questo stile, è inevitabile che prima o poi si trovino davanti a domande che interpellano la fede: che cosa sta emergendo nella nostra comunità cristiana? Cosa è oggi necessario per essa? E poi: come possiamo realizzare tutto questo nell’ambito territoriale ed esistenziale in cui si colloca anche nostra comunità cristiana? Come viene percepito il nostro agire pastorale davanti alle domande che la gente porta con sé, magari anche in maniera non pienamente consapevole?

Mettersi davanti a queste domande che vengono dalla vita, e iniziare a pensare la pastorale a partire da esse, dice di un’idea di Chiesa che non è autoreferenziale, di una parrocchia che non è fine a se stessa: mostra la volontà comunitaria di essere Chiesa per gli altri.

Una diocesi deve farsi carico di accompagnare questi cammini delle comunità che compongono una parrocchia. In prima battuta si tratta di trovare, insieme alle persone che partecipano al processo di sviluppo pastorale, una immagine guida nella quale possano convergere le domande da cui si è partiti e le risposte che si cerca di dare insieme a esse. Questa immagine mostra dove si vuole andare come comunità cristiana, qual è l’orizzonte verso cui ci si muove come luogo ecclesiale immerso nei vissuti della gente.

Immagine, poi, che diventa un primo elemento di un più ampio quadro pastorale comunitario delineato insieme che può orientare il discernimento delle persone che, al suo interno, sono disponibili ad assumersi responsabilità pastorali per realizzare concretamente una comunità parrocchiale che sussiste in molte comunità cristiane legate fra di loro.

La comunità generatrice

Ed è all’interno di questo processo comunitario di discernimento, confronto, dialogo, ascolto, di immaginazione pastorale a partire dalla vita concreta della gente, che le persone che vi partecipano possono trovare quello che è il loro compito all’interno della comunità.

Non è cosa semplice, certo – anche perché si tratta di apprendere insieme un modo nuovo di essere comunità cristiana, di organizzarne le pratiche e le attenzioni, di pensare la propria fede e il suo compito non a partire da sé ma dalle esigenze che la vita pone davanti alla comunità stessa.

Da registrare anche resistenze in corso d’opera, dovute per lo più a un vecchio modello di parrocchia che ancora non si è riusciti a superare collettivamente. Questo, soprattutto quando si tratta di compiti di guida e leadership all’interno delle comunità cristiane che vengono riconosciuti da essa e assunti da laici e laiche che vi appartengono.

Ma proprio qui risiede uno dei rilievi maggiori nel pensare ed edificare la parrocchia come comunità di comunità cristiane: là dove un compito di guida esiste di fatto all’interno di una di queste comunità, riconosciuto e legittimato da esse, allora bisogna anche chiamarlo per nome e attestarlo a livello diocesano.

Le comunità, infatti, sono luoghi generativi: qui si deve cercare il ministero di guida perché è nelle sue pratiche quotidiane che esso si profila. In questo modo, la guida di una comunità cristiana nasce fin dal principio come una realtà collettiva, condivisa – ed è per questo che nelle comunità e nelle parrocchie della diocesi di Hildesheim il compito di guidarle è collegiale, affidato a un team di persone con competenze e incarichi diversi all’interno delle comunità. E queste forme di guida collettiva diventano, naturalmente, anche il luogo in cui si articola quella comunità di comunità cristiane che è la parrocchia.

Attenzione alle persone

Il discernimento nella comunità cristiana significa attenzione per le capacità e il carattere umano di coloro che in essa assumono, o potrebbero farlo, delle responsabilità pastorali. Si tratta di un aspetto importante, perché queste capacità pastorali devono essere percepite, accompagnate e sostenute – nella comunità e da parte della diocesi.

Questa attenzione rende realistica la pastorale stessa, che non parte da dei concetti o da ideali ma dalle abilità effettive della fede presenti nella comunità cristiana. Ma vi è un secondo versante di questa attenzione che è altrettanto importante: essa è dovuta per non sovraccaricare in maniera eccessiva le persone che svolgono dei compiti pastorali nella comunità cristiana per gli altri – tutti gli altri.

Questa duplice attenzione sulle persone e cura nei confronti delle loro capacità pastorali è una grande sfida quando si opera in ambiti più ampi come i decanati. Perché chiede la capacità di non correre dietro  a tutte le urgenze, di modificare o lasciare modelli di attività pastorale che chiedono troppo alle persone e non portano frutti che meritano gli sforzi messi in campo. L’assunzione di compiti pastorali nelle comunità cristiane non deve essere un peso che oscura la gioia e la volontà di mettersi a servizio dei vissuti umani presenti sul territorio.

Parrocchie pluriformi

Vi sono altri due riferimenti che vengono a completare il quadro pastorale complessivo della parrocchia: quello all’anno liturgico, con i suoi tempi e le sue celebrazioni, e quello alle tre note fondamentali della Chiesa – ossia, liturgia, diaconia e annuncio. Riferimenti che ogni comunità cristiana che compone la parrocchia declina a partire dalla sua storia, dal suo vissuto, dalle capacità pastorali presenti al suo interno.

In questo modo, vi è la possibilità che le comunità cristiane che compongono una parrocchia si sviluppino in maniera diversa tra loro, ognuna con il suo accento e le sue caratteristiche proprie. Questo non deve essere visto come un pericolo ma, al contrario, come un punto di forza della pastorale a livello locale e diocesano – perché consente l’emergere di un’immagine di Chiesa e di parrocchia pluriforme e variegata.

Ed è proprio la circolazione di questi diversi modi e stili di essere una comunità parrocchiale fatta di molte comunità cristiane che consente alla gente, a partire dalla loro esistenza e dalle loro domande, di trovare più punti di incontro possibile con la vita della parrocchia stessa.

Insieme per strada

La diocesi di Hildesheim ha introdotto nelle parrocchie e comunità cristiane la possibilità di organizzare un laboratorio pastorale per il futuro. Raccogliamo l’esperienza che viene dalla parrocchia di San Gottardo nel decanato di Göttingen.

Si tratta di una parrocchia composta da quattro luoghi e comunità ecclesiali, nella quale si è partiti con questo tipo di laboratorio a cui hanno preso parte persone che avevano interesse alla cosa o erano disponibili a impegnarsi a livello di attività pastorali.

Il laboratorio per il futuro è durato più settimane, con diversi tipi di incontri: l’elemento centrale era quello di arrivare ad elaborare una immagine di comunità cristiana che facesse da riferimento per gli sviluppi futuri della pastorale parrocchiale. Si è partiti osservando quello che accadeva non solo nelle comunità cristiane che compongono la parrocchia, ma anche sul territorio in cui esse si trovano e vivono.

Già questa è stata una scelta di un certo tipo di pastorale attenta alla più ampia dimensione sociale della realtà concreta dei vissuti umani.

Una prima nota di questo sguardo è stata la constatazione che sul territorio della parrocchia erano presenti un centro Caritas, diversi asili e una scuola elementare cattolica. A partire da qui, si è deciso di fare della pastorale giovanile il nucleo primario delle attività comunitarie. Data la presenza sul territorio di un Centro di avviamento al lavoro per i giovani, si è iniziato a collaborare con questa realtà.

D’altro lato, si è riscontrata la domanda da parte di coloro che fanno parte della parrocchia nelle diverse comunità cristiane di avere un punto di incontro, un luogo comune in cui ritrovarsi, confrontarsi, conoscersi. E questa è stata una seconda opzione su cui lavorare come orizzonte futuro della pastorale.

Al termine dei lavori del laboratorio, alcuni dei partecipanti si sono resi disponibili per impegnarsi come volontari nel team di guida pastorale che tenesse conto di queste due priorità emerse in ambito di analisi e confronto.

In tutto questo processo è stato particolarmente prezioso l’accompagnamento e il sostegno da parte del personale del decanato di Göttingen: sia nel suggerire possibilità di formazione inziale e permanente per le persone che compongono il team di guida pastorale, sia nel mediare i suoi lavori quando all’interno o nella comunità cristiana sorgevano dei problemi.

Sempre a partire da questi laboratori pastorali per il futuro nel decanato di Göttingen si è sviluppata una comunità (chiamata compagni e compagne di strada) a cui è affidata la animazione pastorale in ambito liturgico.

Si potrebbe dire che si tratta di un modello trasversale di comunità cristiana, non legata a un ambito territoriale preciso e univoco, ma formata in vista della celebrazione nelle diverse comunità del decanato. Ambito primario di questa comunità è la preparazione e la celebrazione della liturgia della Parola nelle comunità. Questo comporta scegliere in quali luoghi ecclesiali questa celebrazione si dovrà tenere e quale forma di liturgia della Parola è più adeguata alla comunità in cui viene celebrata.

Le persone che vi fanno parte sottolineano come un’opportunità e un arricchimento il fatto di non essere legati a un’unica comunità cristiana, trattandosi infatti di un ministero itinerante che le porta nel tempo in ciascuna di esse.

In questo modo, la comunità liturgica del decanato di Göttingen rappresenta un punto di riferimento importante per conoscere il polso delle diverse comunità cristiane e parrocchiali, ma soprattutto è la comunità che consente alle altre comunità di pregare e celebrare nel luogo in cui sono, vivono e praticano la fede.

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2 Commenti

  1. Piras Romano 11 giugno 2022
  2. Pier Giuseppe Levoni 7 giugno 2022

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