Benedire le coppie dello stesso sesso, perché no?

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omosessuali

Il card. Christoph Schönborn di Vienna risponde a una lettera che gli è stata girata dal giornale Der Sonntag da un omosessuale sulla controversa presa di posizione della Congregazione vaticana per la dottrina della fede del 15 marzo sulla benedizione delle coppie omosessuali.

La dichiarazione nega la possibilità, da parte della Chiesa, di impartire la benedizione alle coppie dello stesso sesso. Anche se questo non costituisce un giudizio sulla persona – come è stato sottolineato –, papa Francesco ha dato il suo consenso alla dichiarazione. Da allora si sono moltiplicate nella Chiesa austriaca, e non solo, reazioni molto critiche da parte di persone singole, di teologi e di varie organizzazioni. Alcuni parroci dell’arcidiocesi di Vienna si sono dichiarati solidali con le persone omosessuali, e diversi pastori respingono apertamente la dichiarazione del Vaticano.

Nella lettera al giornale si legge: «Tutte le persone sono uguali davanti a Dio. Gesù ha trattato tutte le persone allo stesso modo. Anche mio figlio è gay e felicemente sposato, è stato per molti anni anche accolito e un cristiano credente. Sono di nuovo profondamente deluso della Chiesa cattolica. Non c’è da meravigliarsi se molti dicono: “Ho un buon rapporto con Dio, ma ho grossi problemi con la Chiesa”. Sono curioso di conoscere il suo atteggiamento a questo riguardo».

Card. Christoph Schönborn

Abbiamo sottoposto – afferma il giornale – al nostro arcivescovo di Vienna questa domanda: «Cardinale Schönborn, cosa risponde a questo padre turbato e a questa famiglia chiaramente credente?».

Ecco, di seguito, la risposta del cardinale.

«Parto da una considerazione molto semplice: molte mamme benedicono i loro figli. Mia madre lo fa sempre ancora oggi. Io non esco di casa senza che lei mi benedica. Una madre non rifiuta la benedizione, anche se suo figlio o figlia hanno problemi esistenziali. Al contrario. Ed è esattamente il caso di questa lettera, dove il figlio dichiara di sentirsi omosessuale e anche di amare in questa maniera. I genitori, specialmente se sono credenti, non rifiuteranno a questo bambino, a questo figlio o a questa figlia, la loro benedizione.

Non mi è piaciuta questa dichiarazione della Congregazione per la dottrina della fede. Per questa semplice ragione: il messaggio che è passato sui media di tutto il mondo è stato solo un “no”. E un “no” alla benedizione. E ciò ferisce profondamente molte persone, come se sentissero e dicessero: “Mamma, non hai una benedizione per me? Anch’io sono tuo figlio”.

La Chiesa – come si dice tradizionalmente – è Mater et Magistra, madre e maestra. Deve insegnare, ma è anzitutto madre. E molte persone che vivono e si sentono dello stesso sesso sono particolarmente sensibili a questa domanda: “La Chiesa è madre per noi?”. E rimangono figli di Dio. E vogliono che anche la Chiesa si mostri madre ed è per questo che la dichiarazione ha turbato molti in modo particolarmente doloroso, perché hanno la sensazione di essere rifiutati dalla Chiesa.

Non è affatto emerso che dietro alla preoccupazione di Roma si possa trovare anche una preoccupazione positiva. Vale a dire, l’alta stima per il matrimonio sacramentale, che è diventato quasi una rarità nel mondo di oggi. Che l’alleanza di un uomo e di una donna sia qualcosa di grande e santo. Un patto per la vita, promesso e contratto davanti a Dio, che possa essere aperto anche a dei figli che vengono percepiti come un dono di Dio.

La legittima preoccupazione della Congregazione per la dottrina della fede è che un rito di benedizione non dia l’impressione che in quel momento venga benedetto un matrimonio sacramento.

Ma questo “sì” alla famiglia non deve diventare un “no” a tutte le altre forme. La Chiesa si è da tempo abituata al fatto – ed è stato un processo lungo e doloroso – di non essere l’unica voce che ha una parola da dire sulle partnership. Dal secolo 19° i poi lo stato ha revocato la sovranità della Chiesa sul matrimonio, ed è per noi ovvio – e anche per la Chiesa – che ci si sposi civilmente prima di sposarsi in chiesa. Tuttavia la concezione che lo stato ha del matrimonio come contratto è fondamentalmente diversa dalla concezione del matrimonio sacramentale; lo sappiamo da lungo tempo.

La domanda se si possano benedire le coppie dello stesso sesso appartiene alla stessa categoria del problema se ciò sia possibile per le persone risposate o per le unioni senza il certificato di matrimonio.

Qui la mia risposta è relativamente semplice: se la richiesta della benedizione non è uno show, e quindi non solo una sorta di coronamento di un rito esteriore; se la richiesta della benedizione è onesta, è realmente la domanda della benedizione di Dio per un percorso di vita che le due persone, in qualsiasi situazione si trovino, cercano di vivere, allora questa benedizione non dev’essere loro negata.

Anche se, come prete o vescovo, devo dire: “Non avete realizzato tutto l’ideale. Ma è importante che voi abbiate a vivere a modo vostro in base a quelle virtù umane senza le quali non esiste una partnership vera e propria. Ciò merita una benedizione”.

Se poi la giusta forma di espressione a questo riguardo sia una cerimonia di benedizione della Chiesa, su questo bisogna riflettere attentamente.

Sulla benedizione delle coppie omosessuali

Congregazione per la dottrina della fede: Responsum
Andrea Grillo: Coppie omosessuali: benedizione e potere
Roberto Oliva: Dio benedice il peccatore
Domenico Marrone: Sui legami da benedire
Johan Bonny: Provo vergogna per la mia Chiesa
Vinicio Albanesi: Perché non benedire coppie dello stesso sesso?

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7 Commenti

  1. Giovanni Di Simone 31 marzo 2021
  2. SAVIO GIRELLI 30 marzo 2021
  3. Gian Piero 29 marzo 2021
    • Matteo 29 marzo 2021
      • Adelmo li Cauzi 30 marzo 2021
        • Matteo 30 marzo 2021
          • Adelmo li Cauzi 31 marzo 2021

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