Brasile nel caos

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«Noi brasiliani abbiamo bisogno di prendere coscienza della gravità del momento politico, sociale, economico e morale che stiamo vivendo negli ultimi mesi». Così interviene dom Joaquim Giovanni Mol Guimaraes, vescovo ausiliare di Belo Horizonte e rettore dell’Università cattolica di Minas Gerais.

Nel 2016 il governo ha preso decisioni che avranno conseguenze nefaste per lavoratori e poveri dovute alla Proposta di emendamento costituzionale (PEC 241 nella Camera federale e PEC 55 nel Senato), con la quale vengono praticamente a cessare i contributi per la riforma della Previdenza sociale.

Il Paese si trova a fare i conti con il continuo aggravarsi delle condizioni di vita delle popolazioni indigene, i mutamenti nello statuto del disarmo, le alterazioni nelle leggi riguardanti la classe operaia, i numerosi casi di corruzione che coinvolgono politici, imprenditori e giuristi sospettati di far sparire le tracce delle loro inique attività.

Famiglie della classe media – osserva il vescovo – si vedono rapidamente diminuire il loro potere di acquisto, lasciando da parte i sogni di avere una casa propria, aumentare il nucleo familiare, dare possibilità ai figli di accedere all’università o prendersi un po’ di svago dopo un lavoro spesso massacrante.

Dura la requisitoria del vescovo contro il governo, che difende gli interessi del grande capitale, chiedendo sacrifici ai più poveri alle prese con la sopravvivenza. Il sistema finanziario è privilegiato. Le banche vanno molto meglio del Paese e accumulano ricchezze. Si assiste a un triste arretramento di iniziative di riscatto della dignità popolare. Imperversa il neoliberalismo.

Le dinamiche di partecipazione democratica sono fortemente osteggiate e ridotte a frammenti in un’ora in cui – sottolinea ancora dom Joaquim – bisognerebbe alzare la testa e camminare. E alzare anche la voce, soprattutto in difesa delle popolazioni indigene. Nei quasi 30 anni da quando entrò in vigore la Costituzione, che diede impulso alla protezione dei diritti degli indigeni, oggi queste popolazioni stanno correndo gravi rischi a tal punto che le Nazioni Unite hanno steso un drammatico rapporto.

Nel Brasile di oggi lo Stato continua a vivere separato dalla società civile e il deterioramento delle condizioni di vita delle popolazioni indigene e dei settori più poveri dovrebbe scuotere le coscienze. «Nessuna nazione – annota il vescovo – può realizzarsi in mezzo a tanta disuguaglianza. Il compito principale dell’Università cattolica di Minas Gerais non è solo quello di esprimere la sua solidarietà alle masse dei poveri, operai, impiegati o non, uomini e donne di buona volontà e di tutte le età, ma anche contribuire alla formazione della coscienza critica, civile, ecologica integrale, progressista, etica, umanizzante, inclusiva, giusta e libera».

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