Cattolicesimi politici

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cattolicesimi politici

Poche pagine ma dense e preziose quelle proposte da Ilario Bertoletti, direttore di Morcelliana, sotto il titolo Cattolicesimi italiani. Conservatore, liberale, democratico, per le edizioni Scholè.

Quello dei rapporti tra cattolici e politica è tema frequentato. Ma spesso con approssimazione storica e teologica. Di più: tema spesso intessuto di nostalgia per il passato, di lamentazione per il presente, di velleitarismo per il futuro. Vedi le ricorrenti suggestioni circa un nuovo “partito cattolico”.

La declinazione italiana

Nel nostro caso, invece, l’approccio al problema è originale e competente. L’autore padroneggia la materia. Non sorprende se si considera che egli dirige una casa editrice quale la Morcelliana, che tanto ha concorso a forgiare culturalmente una classe dirigente cattolica.

La rassegna dei cattolicesimi (politici) italiani si segnala per tre elementi.

In primo luogo, la loro declinazione al plurale, la consapevolezza dell’impossibilità della loro reductio ad unum. Sembra un’ovvietà, ma, a ben riflettere, nella pubblicistica e in un certo più o meno ingenuo senso comune cattolico, ancora si ragiona come se il cattolicesimo politico fosse un tutt’uno indistinto.

In secondo luogo – questo il merito precipuo del saggio – ci si impegna a concettualizzare, a ricondurre la gamma dei cattolicesimi nostrani a ideal-tipi (nell’accezione weberiana) che, se non esauriscono la gamma delle loro varianti, tuttavia aiutano a orientarsi dentro la suddetta pluralità.

Terzo: nel fissare i tratti salienti dei tre ideal-tipi principali, l’autore, giustamente, intreccia categorie politiche, culturali e teologiche. A introdurle, sin dalla prima pagina, la convinzione che, decisivo e qualificante sia stato e sia il loro rapporto con il concilio Vaticano II, con la sua visione della relazione tra Chiesa e modernità.

Sullo sfondo: le cosiddette due secolarizzazioni in sequenza. La prima, propria della modernità, contrassegnata dalle ideologie politiche che assurgono a “religione”; la seconda, propria di una post-modernità paradossalmente regressiva, con la religione cattolica piegata e usata dalle destre occidentali come ideologia politica, in chiave etnico-nazionalistica.

I tre modelli

Ma veniamo a i tre modelli. Solo un cenno a ciascuno di essi.

cattolicesimi politiciQuello conservatore, figlio dell’intransigentismo ottocentesco, diffida della modernità e della neutralità assiologia dello Stato liberale moderno ed è semmai sensibile al mito della nazione.

Per converso, quello liberale si connota per il riconoscimento del valore ma, insieme, dei limiti del mercato e dello Stato, due portati della modernità. Contro ogni “perfettismo”.

Infine, quello democratico, che interpreta la modernità come un kairos per la Chiesa e per i cristiani, impegnati perciò a edificare uno Stato democratico e sociale e un welfare universalistico.

Le differenze non impediscono “incroci”, come nel caso di una convergenza tra il secondo e il terzo ideal-tipo sulla laicità delle istituzioni e sul principio di sussidiarietà. Anche se, quest’ultimo, talvolta è interpretato dal cattolicesimo conservatore secondo un’accezione privatistico-corporativa che ne snatura il senso.

Passando in rassegna la cifra caratteristica degli ultimi cinque pontefici (escluso Giovanni Paolo I, il cui tempo è stato troppo breve), Bertoletti fa cenno – solo un cenno, puramente allusivo – a come i cattolicesimi abbiano interagito più o meno sintonicamente con essi: Giovanni XXIII come il papa della riforma evangelica della Chiesa; Montini come il papa della mediazione con la modernità e che ha scongiurato la divisione della Chiesa; Wojtyla come il papa della presenza assertiva contro comunismo e secolarizzazione; Benedetto come il papa del rigore dottrinale e della fragilità personale in una Chiesa malata; Bergoglio il papa della ripresa dello slancio riformatore e del primato dell’ortoprassi.

Come notavo, si fa solo un cenno. Ma non sarebbe difficile tematizzare il rapporto talora agevole, altre volte problematico, di ciascuno dei cattolicesimi con i vari pontefici che si sono succeduti. Esemplifico (ma è farina del sacco mio): non è un mistero che il cattolicesimo liberale e quello democratico abbiano avuto un rapporto più agevole con papa Giovanni e con Paolo VI e più problematico con Giovanni Paolo II e Benedetto XV. Si pensi all’approccio alla modernità, al rapporto tra legge naturale e legge civile, alla mediazione affidata alla responsabilità del laicato anziché al negoziato tra vertici ecclesiastici e politici. Ancora da scrivere l’impatto del pontificato di Francesco sul crinale tra profezia e politica.

Un capitolo critico è riservato al cattolicesimo etnico-nazionalistico. Da non sottostimare se si considera che, secondo talune rilevazioni, un terzo del voto cattolico (con l’approssimazione del caso) si indirizzerebbe su Salvini. Dopo il suo congedo dalla Lega di Bossi, semmai incline a una sorta di neopaganesimo. Un uso politico delle simbologie cristiane in chiave nazionalista e sovranista, palesemente in contrasto con l’universalismo cristiano. Una versione senza fede del cristianesimo che tuttavia fa breccia in settori del popolo cattolico.

Pur optando per gli altri due modelli – quello liberale e quello democratico, accomunati dal binomio persona-comunità, meno anacronistico di quanto si creda – l’autore, con discrezione, segnala loro due problemi: ai liberali la lezione che ci viene dalle distorsioni della globalizzazione capitalistica; ai democratici il monito a non consegnarsi acriticamente a certe derive nichilistiche del “progresso”, alla retorica – aggiungo di mio – dello sviluppo indefinito dei diritti che ci fa comodo chiamare civili ma che, talvolta, dovremmo chiamare individuali. A discapito dei diritti sociali, del legame comunitario che si nutre dei doveri di solidarietà.

Ilario Bertoletti, Cattolicesimi italiani. Conservatore, liberale, democratico, ed. Scholè, Coll. Orso blu, Brescia 2020, pp. 80, € 8,00. EAN: 9788828401285.

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