Papa Francesco: profeta contro l’irrilevanza

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Di solito l’80° compleanno nella Chiesa cattolica designa la data in cui i cardinali perdono il loro diritto di eleggere il papa e in cui – dal punto di vista di Roma – vescovi meritevoli rinunciano definitivamente al loro ufficio,  avendo già superato di cinque anni la consueta età pensionabile. In Bergoglio non c’è nulla che ricordi questa scadenza. È pieno di energia e mentalmente agisce in modo molto più giovane e aperto della maggior parte dei vescovi, dei sacerdoti e dei politici, ivi compresi anche quelli biologicamente più giovani di decenni. Molti sperano che questo papa, così inaspettatamente venuto da lontano, rimanga ancora qualche anno a capo della Chiesa cattolica. Una piccola ma influente minoranza, di contro, si augura che il papa colga l’occasione dei suoi ottant’anni per dimettersi dal suo ufficio.

Papa Francesco è amato da molti credenti, non pochi lo vedono quasi come un salvatore. Molti intellettuali, personalità cristiane, leader religiosi, così come agnostici ed atei lo apprezzano, e si può ritenere che egli sia l’unica autorità morale globale del nostro tempo. All’interno della Chiesa ha conquistato anche molti vescovi e sacerdoti conservatori, ma non pochi di questo gruppo si mostrano ancora molto scettici e alcuni lo considerano un eretico.

Il “Papa della misericordia”

La Chiesa cattolica, che nella sua storia è esperta di marketing, da un certo tempo tende ad assegnare ai propri papi un attributo accattivante. Papa Giovanni XXIII era “il Papa buono”, Giovanni Paolo II il “Papa della nuova evangelizzazione”, Benedetto XVI il “Papa della verità”. Solo con Paolo VI – quel grande e timido intellettuale, certo non adatto alle strategie del marketing – questo sforzo non è riuscito alle pubbliche relazioni ecclesiastiche, e lui è diventato il “Papa della pillola”.

A papa Francesco viene dato il titolo di “Papa della Misericordia”. Questo attributo appare legittimo per il suo pontificato, e i suoi scritti, catechesi e omelie indicano che il papa stesso si comprende come testimone della misericordia di Dio. Il rinnovamento, legato alla Bibbia nel suo  consapevole dirigersi verso questo nome divino centrale (Es 34,6s), non sta solo nel suo enorme potenziale ecumenico – si pensi alla confessione musulmana del Dio misericordioso –, ma anche in un rinnovamento dell‘ordinamento simbolico della Chiesa cattolica. L‘ordine simbolico di una comunità è contrassegnato dalle sue espressioni linguistiche, culturali, estetiche, etiche, affettive e cognitive. La Chiesa cattolica è caratterizzata, al più tardi fin dalla Controriforma e dal barocco ad essa associato, da un enorme programma estetico. In una certa misura essa porta sulla terra il palazzo celeste. Con ciò il mondo cattolico si presenta come un cosmo bello, finemente strutturato, organizzato fin nei minimi dettagli, garantito da molteplici gerarchie. Questo ordine, in cui ogni persona ha il suo posto specifico, va dalle tre classi di cardinali alle vesti liturgiche dei sacerdoti fino alle regole della morale sessuale cattolica fissate nel catechismo e alla gerarchia delle verità. Il problema era che questo ordine nella modernità si scopre sempre più fragile. L’autodeterminazione e l’individualismo, l’emancipazione dalle strutture politiche e familiari tradizionali, la perdita di legittimità delle cosiddette gerarchie “divine” e una grande consapevolezza del potenziale di violenza dei sistemi normativi e disciplinari totali, iniziarono a mettere sempre più a dura prova la Chiesa.

Papa Giovanni Paolo II e Benedetto XVI intendevano per “nuova evangelizzazione” soprattutto un ritorno alla Chiesa come sistema di ordine universale e istitutivo di identità – con una particolare attenzione alla difesa della dignità umana universale – dove soprattutto al clero, come mediatore tra l’uomo e Dio, spettava un ruolo di guida. Il problema era però che nelle nuove megalopoli e realtà culturali, l‘ordo costruito nei secoli possedeva sempre meno una base sociale. Privata della sua tradizionale base culturale la Chiesa divenne sempre più mediatizzata e virtualizzata. Le sue tradizioni, istitutive di identità, sono diventate in perfetto stile postmoderno “marchi” senza contenuto e senza storia, mentre il giovane clero è spesso schiacciato tra il ruolo di custode di un ordine immaginario intoccabile e i mondi fragili che incontra in loco. Paradossalmente, quindi, la Chiesa, che voleva combattere la postmoderna perdita di identità e il nichilismo, è diventata sempre più espressione della società globale postmoderna: lontana dalla storia concreta e dalle sue ferite, lontana dalla speranza concreta e dalle sue fatiche.

Nuova visione di Chiesa

La particolarità di papa Francesco è che è riuscito – riferendosi in modo molto consapevole al papa del Concilio Paolo VI – a dare nuovo significato agli ordinamenti simbolici della Chiesa. Con il tema guida della misericordia pone l’intero mondo simbolico del cattolicesimo a servizio della percezione della vulnerabilità e delle conseguenti potenzialità di guarigione. L’uomo postmoderno è fragile perché molti dei meccanismi di protezione tradizionali (famiglia, metafisica, Chiesa ecc.) sono stati aboliti, e risponde a questa fragilità o in una costante  virtualizzazione del mondo ferito oppure – e questa è la strada di Bergoglio – nel riconoscimento della vulnerabilità come primo e decisivo passo di un essere-con solidale e misericordioso. Quando di recente cardinali e vescovi di fronte alle critiche di quattro cardinali (Meisner, Burke, Caffarra e Brandmüller)[1] hanno fatto notare la continuità degli insegnamenti di Giovanni Paolo II e Francesco, questo è probabilmente vero, ma non del tutto. Perché Bergoglio, anche se non cambia nulla dell’insegnamento tradizionale, tuttavia lo mette radicalmente al servizio di una visione “compassionevole” (Aisthesis), vale a dire dello sperimentare e dell’assumere solidalmente la vulnerabilità, in modo che l’ordinamento classico della Chiesa barocca venga in un certo senso “superato” (nel senso hegeliano di preservare, sospendere, elevare a un livello superiore).

Il valore aggiunto della teologia

Proprio nella lotta permanente per una concretizzazione dello sguardo sulla miseria degli altri Bergoglio rompe, almeno momentaneamente, la medializzazione del papato. Almeno di tanto in tanto, dunque, si può nutrire l’idea che questo papa esista davvero. Lo sguardo sul concreto induce altresì un radicale cambiamento teologico, venuto ad espressione già nei principali scritti di Paolo VI (Populorum progressio (1967), Evangelii nuntiandi (1975)). Questo è caratterizzato dal fatto che la teologia, come nei primi secoli, si pone al servizio di un modo specifico di analisi sociale. Nei suoi tre principali documenti (Evangelii gaudium, Laudato si‘, Amoris lætitia) papa Francesco è in grado di trasmettere anche a un mondo laicale (e non cristiano) il valore aggiunto dell‘analisi teologica e, quindi, a testimoniare Dio quale momento, che apre al reale, del mondo di oggi. La teologia in questo modo non gira maniacalmente su se stessa, ma cerca di penetrare nelle questioni concrete del suo tempo in cui – dal punto di vista cristiano – si incarna il Kyrios stesso. In questo senso, Bergoglio è non da ultimo il papa che dà di nuovo uno spazio significativo alla domanda all’interno della Chiesa.

Il rinnovamento che Francesco incarna, e che per molti appare come un miracolo, non può tuttavia far trascurare i pericoli a cui il  suo pontificato è esposto. Il suo motto “misericordia” si riferisce al centro del messaggio biblico, ma potrebbe allo stesso modo cadere vittima dell’idea di un amore dell‘arbitrarietà, come quando “misericordia” significa tutto e niente e persino il prelato o il cristiano più spietato cominciano a farsi belli con essa. In questo senso già si possono osservare le prime tendenze. Il termine “misericordia” non è pertanto privo di ambiguità. Infatti, se da un lato designa il mistero dell’essere-con divino, dall’altro, nella sfera della socialità umana, può facilmente essere abusato in senso paternalistico. Soprattutto nel settore delle istituzioni pubbliche non si farà affidamento sulla misericordia delle autorità, ma si faranno valere i diritti giuridici.

Nuove forme di istituzionalizzazione

Per un’incarnazione credibile del Vangelo dell’amore misericordioso la Chiesa ha bisogno di nuove forme di istituzionalizzazione.  Essa si trova di fronte al fatto che in Europa, ma anche sempre più in America, cresce una generazione di giovani completamente senza rapporto con le tradizionali forme espressive religiose, il che può essere uno dei motivi per cui il prossimo Sinodo dei vescovi sarà dedicato ai giovani. In aggiunta, ci sono sempre meno luoghi reali in cui la Chiesa può essere sperimentata. Infatti, il supporto della rete ecclesiale, il clero, per la cui promozione gli ultimi due papi hanno speso tante energie, non è né quantitativamente né qualitativamente in grado di guidare (da solo) la Chiesa del futuro. I laici, tuttavia, generalmente non contano ancora nulla e rimangono strutturalmente dipendenti dalla buona volontà del rispettivo vescovo o prete.

La Chiesa ha quindi bisogno, guardando alla misericordia divina, di un rinnovamento spirituale che si misura dal fatto che i poveri, gli emarginati, i feriti trovano dimora in essa. Guardando a questo compito, essa deve anche riformare radicalmente le sue strutture. In caso contrario, cadrà per decenni in una completa irrilevanza. Forse il pontificato di Bergoglio è l’ultima occasione per un tale riorientamento.


[1] Mit dieser Reihenfolge soll ein wenig die reale Bedeutung der einzelnen Kardinäle angezeigt sein.

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