Acqua, fonte di vita

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«L’acqua si presenta come un via effettiva di unità della famiglia umana e i pozzi contribuiscono alla realizzazione del principio della destinazione universale dei beni creati, essendo l’acqua uno di questi beni creati e comuni» (n. 7).

“Sorella acqua”, via di fraternità, sta progressivamente mostrando il volto di un potenziale veicolo di divisione e conflitto; da grembo d’origine della vita minaccia di venire trasformata, dall’uso perverso che se ne fa, in veleno mortifero; dal “sogno fatto d’acqua”[1] a incubo infernale.

«Il paradiso è sempre più di quanto potremmo meritare, così come essere amati non è mai qualcosa di “meritato”, ma sempre un dono. Tuttavia, anche quando siamo pienamente consapevoli che il paradiso supera di gran lunga ciò che possiamo meritare, sarà sempre vero che il nostro comportamento non è indifferente davanti a Dio, e quindi non è indifferente per lo sviluppo della storia. Non è compito proprio e primario della Chiesa assumersi la battaglia politica per costruire giustizia e solo ordine sociale. Come alcuni suggeriscono o ironizzano, la Chiesa non ha il compito di sostituire i governi o le Nazioni Unite. Tuttavia, non può e non deve rimanere ai margini, nella lotta per la giustizia».

Le ragioni

Di qui gli Orientamenti sull’acqua, simbolo del grido dei poveri e del grido della Terra, documento pubblicato il 30 marzo (per ora solo in inglese) dal Dicastero per il servizio dello sviluppo umano integrale con il titolo Aqua fons vitæ. Un «messaggio di speranza e responsabilità, ispirato da ciò che si potrebbe chiamare la virtù rigenerativa dell’acqua. L’acqua è un simbolo di rigenerazione perché è la bevanda di cui abbiamo costantemente bisogno; purifica e ripristina costantemente la vita. Può essere abusato, reso inutilizzabile e non sicuro, inquinato e dissipato, ma la sua assoluta necessità per la vita, umana, animale e vegetale, richiede, nelle nostre diverse capacità di leader religiosi, responsabili politici e legislatori, attori economici e uomini d’affari, agricoltori che vivono in zone rurali e agricoltori industriali ecc., di dimostrare insieme responsabilità e prestare attenzione alla nostra casa comune».

Il contenuto

Suddiviso in quattro parti successive a una premessa meditativa e a un’introduzione, il testo si presenta acuto soprattutto a livello analitico-diagnostico. Mostra una studiata capacità di cogliere i problemi in gioco, a livello immediato e remoto, e le implicazioni politiche, culturali, simboliche e religiose.

Apre con il riconoscimento del valore dell’acqua, che è religioso (molte religioni evidenziano connessioni tra acqua e guarigione-salvezza); socio-culturale ed estetico (fonte di bellezza e tensione educativa); istituzionale a favore della pace (spinge alla costruzione di ponti, lambisce rive opposte); economico (mostra quale guadagno dal rispetto della natura e quale perdita dal puro sfruttamento).

Netta la posizione rispetto alle strategie volte a privatizzare l’acqua. Associandosi alla Laudato si’, si ritiene inaccettabile «considerare o gestire l’acqua come una semplice merce che può essere posseduta, sfruttata e controllata, consumata e di fatto commercializzata, negando che essa sia un elemento essenziale per la vita destinato all’intera umanità».

acqua

Valore tridimensionale

I tre capitoli successivi riflettono sul triplice valore dell’acqua, secondo uno schema di lettura comune: sfide e proposte operative.

1. Acqua per l’uso umano. L’accesso all’acqua potabile, che presso alcune popolazioni è un bene scontato, può fare la differenza tra vita e morte, tra sopravvivenza e benessere. È un diritto qualificato tra i diritti umani dall’ONU dieci anni fa e riconosciuto come tale anche dal magistero ecclesiale (cf. Laudato si’ 30).

La carenza d’acqua è una minaccia non solo per l’alimentazione e la salute. Provoca una catena di pericolosità sociali, che vanno dalla corruzione all’allontanamento di intere comunità dal proprio territorio. Generalmente non si considera che la carenza d’acqua innalza la minaccia di ricatto sessuale per le donne o l’assalto quando dovessero provvedere ai propri bisogni in luogo aperto.

Nessuno può vantare “prelazioni” o diritti assoluti sull’acqua perché non è creazione nostra. Tutti devono invece operare, anzitutto a livello locale, perché i cittadini siano informati dei loro diritti, vengano adottate strategie solidali per garantire l’accesso all’acqua anche alle famiglie più povere, si sviluppi la consapevolezza del valore simbolico vitale di questo che non è un mero bene materiale.

2. L’acqua e le attività umane. Sfruttamento massiccio, salinizzazione, inquinamento, dighe; certi stili di vita di massa sono molto esigenti anche in riferimento alle risorse idriche. La sperequazione nell’accesso è accentuata dall’indisponibilità di strumenti e competenze, da un lato, e, dall’altro, dalle difficoltà a ottenere supporto istituzionale.

Criticità economiche sono date da carenza gestionale, dal degrado dell’ecosistema, dalle variazioni climatiche. Acqua, terra, povertà, vita, alimentazione, sviluppo sono intimamente correlati. Contadini, pescatori, artigiani e quanti lavorano nel rispetto della natura vanno incoraggiati. Giudici, ufficiali di polizia, amministratori comunali devono essere formati a rispettare i diritti ancestrali, comunitari e le pratiche tradizionali di accesso all’acqua, che dovrebbero trovare protezioni nelle norme locali e nazionali.

I contenziosi intra e internazionali sulle risorse idriche siano affrontati nel dialogo secondo una gerarchia di priorità che vede al primo posto il rispetto della dignità umana, la destinazione universale dei beni, la salvaguardia dell’ecosistema.

La Chiesa per parte sua deve evitare comportamenti inquinanti, stare al fianco di chi trae lavoro dall’acqua, adottare uno stile di vita coerente con la scelta preferenziale dei poveri, il che significa «non limitarsi a essere un mediatore neutrale, ma schierarsi con coloro che soffrono di più» (81).

3. L’acqua come spazio. Le sfide sono molte: carente consapevolezza ecologica, inquinamento crescente, povertà nazionale che impedisce la tutela delle proprie acque territoriali, innalzamento del livello del mare a causa del riscaldamento globale, le tensioni internazionali, i flussi migratori, le tensioni fra Stati, l’estensione di alcune città nello spazio marino, le condizioni di vita dei lavoratori portuali e dei pescatori.

«Ciò di cui abbiamo bisogno è “un approccio sempre più interdisciplinare e dialogico” in termini di sussidiarietà e giustizia» e un approccio intergenerazionale. «La gestione dell’acqua “come spazio” non è possibile per approcci compartimentati».

La Chiesa consolidi l’apostolato del mare, divulghi gli orientamenti pastorali sul traffico di esseri umani, celebri i tempi e i luoghi connessi ai mari. Nella vita quotidiana eviti l’uso di materiali inquinanti, facendone una direttiva per le proprie attività (parrocchie, scuole, mense, ambulatori).

Formazione e integrità

Il capitolo conclusivo è dedicato alla formazione. Abbiamo bisogno di «un’educazione più aperta ed inclusiva, capace di ascolto paziente, dialogo costruttivo e mutua comprensione».[2] Educazione a un nuovo umanesimo e a una cultura dell’incontro e della collaborazione. La formazione scolastica «deve essere al servizio di un “umanesimo plenario” (Populorum progressio 42), nel quale la persona è disposta a prendere la parola e lavorare per la realizzazione del bene comune. … Non chiede semplicemente all’insegnante di insegnare e agli studenti di imparare, ma esorta tutti a vivere, studiare e agire in accordo con le ragioni dell’umanesimo fraterno».

Dobbiamo educarci ed educare alla conversione ecologica, degli stili di vita, della politica; alla gratitudine verso il Creatore e all’armonia con il creato. «“Il tempo è superiore allo spazio” … implica svuotare le nostre paure, accettare i nostri limiti e persino acquisire una migliore conoscenza di noi stessi … secondo compassione, solidarietà, lavoro comune, fraternità» (105). Un grande contributo può venire dalle università cattoliche.

«Una formazione radicata nei valori è anche prevenzione e rimedio efficaci contro la corruzione che, riferita all’acqua, è spesso sistematica e istituzionale» (108).

Aqua fons vitæ è un testo diffuso e acuto nell’analisi, più prevedibile ed esortativo nelle proposte. L’approccio è dialogico e incoraggiante, piuttosto che accusatorio, e sceglie, per il contributo di parte ecclesiale, la linea della testimonianza e dell’esemplarità piuttosto che quella della controparte istituzionale.

“Acqua cheta rode i ponti”, lasciare le cose come stanno – potremmo dire forzando il proverbio – compromette il dialogo e accentua le tensioni. Nell’emergenza che va sempre più montando era necessario “muovere le acque”.


[1] Querida Amazonia 43.
[2] Papa Francesco, Messaggio per il lancio del patto educativo, 12.9.2019.

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