Migranti: i numeri e i volti

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Con l’insediamento del nuovo governo di centrodestra la questione migratoria è ritornata ad essere l’argomento principale delle problematiche che sembrano affliggere l’Italia.

Le polemiche degli ultimi giorni in merito agli sbarchi e al contenzioso con la Francia in particolare e con l’Europa in generale, hanno riacceso le passioni persecutorie di chi pone in stato di detenzione, in mare, centinaia di fuggiaschi dalla fame e di perseguitati dai governi.

L’ideologia mistificatoria – che non ha alcuna parentela con una qualsiasi seria politica migratoria – solleva il polverone dei pregiudizi e delle chiamate alla difesa dei confini nazionali, quasi fossimo noi a trovarci in una situazione di guerra.

La realtà dei numeri

Il Dossier Idos-Confronti del 2022 (qui) ancora una volta ribadisce – dati ufficiali alla mano – che gli immigrati in Italia non stanno aumentando, anzi si sta delineando, di anno in anno, una stabilità incline alla decrescita.

Nel 2017 i residenti stranieri in Italia erano 5.144.440. Nel 2021 il loro numero si è attestato a 5.193.669, con un aumento di 49.229 unità, pari a un + 0,95%, inclusi i richiedenti asilo e i temporaneamente soggiornanti. Questa è dunque la valanga di immigrati di cui si blatera in questi giorni nei palazzi romani: un incremento medio negli ultimi 5 anni di 9.846 per anno! Questa è l’invasione che destabilizza il benessere e la tenuta demografica del paese!

L’ ISTAT al 1° gennaio 2022 calcolava che la popolazione residente in Italia era scesa dai 60,3 milioni del 2014 a 58.983.000 con una perdita cumulata – in 8 anni – di 1.363.000 persone. Le previsioni, sempre da fonte ISTAT, basate sui dati demografici del 2020, stimavano un calo sino a 58 milioni nel 2030, ma, nel mentre, la tendenza si è accentuata, per cui il calo sarà sicuramente maggiore rispetto al previsto.

Nello stesso rapporto si prevedeva che nel 2050 l’età media in Italia sarà di 50,7 anni e che il 2048 sarà l’anno in cui i decessi doppieranno le nascite nella misura di 748.000 contro 391.000. Circa 10,3 milioni di persone nel 2040 saranno destinate a vivere sole.

I nuovi nati nel 2021 sono stati 399.431, in diminuzione dell’1,3% rispetto al 2020 quando erano 404.894 e del 31% rispetto al 2008.  I decessi sono stati 709.035.

Nascite e cittadinanza

Accanto a questi numeri generali è opportuno notare la continua diminuzione dei nuovi nati da famiglie costituite da cittadini stranieri: – 3.120 nel 2020 rispetto al 2019 per quanto riguarda i nati da coppie di genitori entrambi stranieri e – 895 nuovi nati da coppie con un solo genitore straniero. Si tratta di 4.015 nati in meno.

Negli ultimi 30 anni di immigrazione nel nostro Paese, circa 2 milioni di stranieri hanno acquisito la cittadinanza italiana. Sono numeri che indicano come i flussi migratori possono essere tranquillamente assorbiti e positivamente inseriti in un contesto socioeconomico come il nostro.

Negli ultimi anni anche questo processo di certificata inclusione sta rallentando: nel 2017 le acquisizioni di cittadinanza erano state 146.605, mentre nel 2020 sono calate a 131.803, così tornando ai livelli del 2013.  Non vi sono segnali che indichino un processo di sostituzione demografica, al più si può parlare di un debole contenimento della decrescita della popolazione residente.

L’iter per l’acquisizione della cittadinanza rappresenta un capitolo mai chiuso dalla politica italiana. Oltre 1 milione di minorenni e 860.000 adulti – nati in Italia – non soddisfano ancora i requisiti per ottenere la naturalizzazione italiana e perciò restano esclusi dagli importanti benefici che la cittadinanza porta con sé, quale un passaporto italiano che consentirebbe una maggiore mobilità verso l’estero e l’accesso al pubblico impiego a livelli medio alti.

Italiani all’estero

Sia il Dossier IDOS 2022 che il Rapporto Italiani nel mondo 2022 della Fondazione Migrantes, sottolineano come la popolazione italiana iscritta ai registri anagrafici dell’AIRE – Anagrafe degli Italiani Residenti all’Estero – abbia raggiunto la cifra di 5,8 milioni, superando quindi il numero di stranieri residenti in Italia.

Il 9,8% dei cittadini italiani risiede all’estero, mentre gli stranieri in Italia rappresentano l’8,8% della popolazione residente in Italia. Tale emorragia di capitale umano giovane neppure contempla i tanti espatriati che non si iscrivono all’AIRE sinché non hanno trovato una effettiva stabilizzazione in uno dei Paesi esteri di emigrazione: un fenomeno – di per sé assai preoccupante – che non appare affatto turbare i sonni dei nostri governanti.

Secondo i dati ISTAT diramati nel febbraio di quest’anno, negli ultimi 10 anni, 980.000 italiani si sono trasferiti all’estero: circa un quarto di essi possiede una laurea. Pure una parte di neocittadini italiani – già stranieri in Italia – contribuisce ad ingrossare il numero di coloro che se ne sono andati: si calcola infatti che 4 su 10 emigrati siano figli dell’immigrazione in Italia.

La maggior parte di coloro che se ne vanno sono giovani, con una età media di 32 anni per gli uomini e di 30 per le donne. Come scritto, in buona parte portano con sé un buon titolo di studio: un capitale umano – per usare una definizione utilitaristica – che lascia il nostro Paese per investire capacità e opportunità altrove. Non è un caso che le regioni di maggiore emigrazione siano la Lombardia e il Veneto, regioni ricche ma evidentemente non in grado di valorizzare le competenze e le aspirazioni dei loro giovani.

Viene da chiedersi – di fronte a questi dati di fatto – quale possa essere la ragione di tanto accanimento contro chi tenta, a costo della propria vita, di entrare in Italia e in Europa.

Migranti: verso dove?

Se si chiedesse a coloro che sbarcano sulle nostre coste – o che attraversano i Balcani per raggiungere le nostre frontiere – dove vogliano andare e perché, spesso si scoprirebbe che la meta finale del loro viaggio è un parente o un amico che risiede in Germania, in Francia o in altri Paesi del Nord Europa. In altre parole, l’Italia rappresenta un casello autostradale chiuso per chi intende recarsi palesemente altrove.

Questo è il paradosso dei Regolamenti Europei, detti di Dublino I, II e III.  I Paesi del nord e dell’est del Mediterraneo, soprattutto Italia, Grecia e Spagna, sono ritenuti competenti per l’accoglienza e per il trattamento delle richieste di protezione internazionale, in quanto primi Paesi di approdo o di transito.

Questi Regolamenti rappresentano, in solido, una persistente ipocrisia europea, frutto di nazionalismi mai sopiti e di rivalità ancestrali tra Stati contigui.

L’Italia si trova in una posizione geograficamente scomoda, ma allo stesso tempo strategica per proporre e sostenere politiche migratorie europee più lungimiranti. Le popolazioni che oggi si affacciano ai nostri confini saranno le popolazioni vincenti del prossimo futuro. L’Africa e l’Asia sono indissolubilmente connesse all’Europa. Non si possono ignorare le condizioni sociopolitiche in cui versano questi due continenti.

Tutta l’Europa si trova presa in una morsa, a partire da est, con l’invasione russa dell’Ucraina, la fragile stabilità dei Balcani, l’espansionismo turco e l’instabilità mediorientale, sino alla sponda sud del Mediterraneo, in preda a continue crisi che scuotono la Libia, l’Egitto e la Tunisia, Paesi di arrivo e di rilancio delle filiere migratorie provenienti dal continente sub indiano e dall’Africa subsahariana e orientale.

L’irresponsabilità europea

Non è certo pagando Stati terzi, con accordi o memorandum che delocalizzano le «frontiere dell’umanità» al di fuori dei propri confini fisici che si può contenere la mobilità. Assoldare governi autoritari o bande di delinquenti per trattenere, ingabbiare e, spesso, seviziare, privando di ogni significato umano, bambini, uomini e donne, mostra clamorosamente l’inconsistenza dell’immagine democratica e solidale che l’Europa intende trasmettere di sé al mondo.

L’Europa di oggi – ahinoi – non rappresenta la patria ideale dei diritti umani: diritti che rivendica per i propri cittadini, ma a danno, sfruttamento e discriminazione di chi è «fuori dalla nazione».

L’ordine sparso con cui i governi europei si muovono dimostra poi una grande irresponsabilità storica. Vecchie potenze coloniali infiammano la rabbia degli ex colonizzati. La penetrazione russa o cinese in diverse parti dell’Africa non è dovuta solo all’espansionismo economico del Dragone o militare dell’Orso, ma anche alla miopia delle relazioni del “partneriato asimmetrico” perpetuato in tutti questi anni.

Non si capisce perché popolazioni dominate in tutto e per tutto fino a 60 anni fa, acquisendo sistemi amministrativi, educativi e economici importati dai Paesi dominanti non possano pacificamente e in modo paritario muoversi liberamente verso l’Europa.

Clima e ambiente

Si stima inoltre che nel 2050 i migranti ambientali possano raggiungere la cifra di 220 milioni. Rappresenteranno una spinta migratoria ancor più imponente di quella causata dai conflitti – oltre 37 – e dalla fame, che affligge 870 milioni di persone. Un piccolo saggio di quel che potrebbe apportare la crisi climatica globale è avvenuto nel corso di quest’anno, anche in Europa e in Italia.

Siccità, mancanza di irrigazione, scioglimento dei ghiacciai d’alta quota, hanno penetrato anche la nostra quotidianità, forse per la prima volta. Proprio a causa del peggioramento climatico e della mancanza di accesso all’acqua, molte popolazioni si spostano per sopravvivere, causando conflitti locali diffusi che invogliano, soprattutto i più giovani, ad intraprendere la strada dell’emigrazione.

È fuori dubbio il fatto che le principali narrazioni istituzionali e politiche sui migranti e sugli sbarchi siano condite di malcelata ostilità nei confronti degli ultimi arrivati. Inutile allora chiedersi perché molti nuovi cittadini naturalizzati, appena ricevuto il passaporto italiano, abbiano programmato il loro trasferimento all’estero, in disaffezione al Paese che li ha accolti.

Vivere in Italia da migrante

In 36 anni di immigrazione, l’Italia non è stata in grado di promuovere, o meglio, di permettere, una decente mobilità sociale dei cittadini immigrati. Il mancato riconoscimento dei titoli di studio acquisiti all’estero e l’approccio scolastico che spesso conduce i ragazzi, figli di immigrati, a percorsi professionali mal retribuiti, piuttosto che a curricoli accademici, non ha consentito alcun affrancamento dalle condizioni di vita dei genitori.

L’inserimento lavorativo nelle mansioni più pesanti e pericolose rappresenta un processo sostitutivo della manodopera italiana ormai indisponibile alla base della piramide del mercato del lavoro. Mentre il sistema del pubblico impiego italiano – dalla scuola, alla giustizia, ai servizi – non prevede l’accesso a posizioni di alto livello ai cittadini stranieri. La spinta propulsiva della loro presenza viene così mortificata, con grave perdita per tutta la società italiana.

La recente introduzione della singolare conta volta a selezionare chi accogliere e chi no, dimostra che chi sbandiera l’alto valore della famiglia e rivendica un’Europa cristiana, marcatamente incappa nell’affiliazione dei moderni farisei ipocriti che fanno della religione un uso strumentale, a legittimazione del potere politico. Gli oggetti devozionali tanto sbandierati in televisione e sui social sono specchietti per le allodole, già smascherati e banditi dal tempo storico.

Non ci sono scorciatoie per i furbi: l’accoglienza di chi scappa per vivere in dignità e sicurezza va garantita, come è giustamente avvenuto per i fuggiaschi ucraini: per una volta l’Europa ha saputo rispondere solidalmente ai bisogni di un popolo; lo stesso si dovrebbe fare per le altre genti che approdano sul suolo italiano.

I 25.000 morti in mare dal 2014 al 2022 – anno peraltro non ancora finito – lo meriterebbero, a risarcimento postumo e collettivo dell’ingiusta morte subita.

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2 Commenti

  1. Tobia 17 novembre 2022
    • Pietro 17 novembre 2022

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