La storia siamo noi

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La pandemia che ha investito pressoché tutto il mondo, non dovrebbe passare senza lasciare traccia nella società e nella Chiesa.

Carissimo direttore,

siamo nella settimana santa e, come presbitero di mezz’età (ho 54 anni), mi sono fermato a pregare e a leggere i vangeli delle liturgie nell’oratorio della parrocchia. Il grande salone è vuoto e, dove un mese fa si sentiva lo schiamazzo dei ragazzi, ora il silenzio regna sovrano. Il rallentamento e la permanenza in casa di questo lungo periodo ci ha fatto perdere e ci ha fatto guadagnare allo stesso tempo.

Penso al dopo Covid-19 senza farmi illusioni ma anche con qualche ipotesi di futuro che, se prima poteva apparire un piccolo punto in un lontano orizzonte, adesso sembra quasi a portata di mano. È proprio vero che la storia e lo Spirito Santo ci riservano sempre delle sorprese.

Sorprese imprevedibili che hanno il sapore di cose nuove (Is 43,19).

Sapevamo già che tutto cambia, anche il mondo aggredito dall’egoismo degli uomini. Oserei dire che quello che spesso abbiamo mascherato come progresso altro non era che egoismo, ricerca di una crescita quantitativa illimitata, e ha portato gradualmente all’annullamento della visione di alcune mete qualitative privilegiate per l’umanità, annullamento che ha investito perfino una possibile direzione storica, un orientamento.

Lascerei sullo sfondo come messaggio acquisito tutto quello che è stato scritto su questo argomento da decine di studiosi ben più autorevoli di me.

Certamente non sapevamo che la pandemia del 2020 ci potesse introdurre in una nuova epoca, un’epoca di rinascita, di risurrezione, per un cammino nuovo, con soggetti nuovi, con un rinnovato mondo interiore, per superare la deriva dell’era antistorica che viviamo e passare alla fase due, quella di una nuova epoca che non stenterei a definire post-finanziaria, post-tecnologica, post-digitale, “post” tutto quello che ogni giorno biasimiamo pur continuando ad abbracciare con sublime soddisfazione.

Questa possibilità di cambiamento esiste e forse non è soltanto una possibilità ma sta diventando sempre più una necessità.

chiesa religioni dopo virus

In altre parole, un ruolo nuovo della Chiesa e delle religioni si sta avverando sempre più ma non secondo i nostri disegni, non come predominio delle istituzioni religiose nate dalla storica gestione del sacro, bensì come esperienza di servizio del popolo santo di Dio e dell’umanità.

Anche gli uomini delle gerarchie sono dentro quel popolo in cammino con gli ultimi e mai fuori, come servi, col mandato di farsi «ultimi e servi di tutti», altrimenti servono se stessi e, lo dico a me per primo: «Guai ai pastori di Israele che pascono se stessi!» (Mt 9,35; Ez 34,2).

Le religioni sono una benedizione di Dio che, come i raggi di una ruota, portano verso un centro. Se servono a camminare verso un centro, sono al servizio di Dio, se portano ad allontanarsi dagli altri e da Dio portano verso sé stesse e diventano dannose, direi perfino demoniache, come dice molto chiaramente Gesù a Pietro (Mc 8,33).

Dunque, un tempo nuovo perché uscire dalle logiche di egoismo sta diventando sempre più una necessità, un tempo in cui si vuole avverare fortemente il lieto annuncio «Il regno di Dio è vicino, convertitevi e credete alla buona notizia» (Mc 1,15).

Se provassimo a leggere sotto questa lente i vangeli, ci accorgeremmo che la Bibbia ma anche, irenismi a parte, i testi sacri delle altre religioni, non ci spingono affatto a chiuderci in noi stessi, al contrario, sono per noi una vocazione a metterci al servizio di Dio e dell’umanità che lui stesso ha voluto e che ama e che vuole salvare ad ogni costo.

In conclusione, la pandemia del Covid-19 non soltanto ha messo a nudo le fragilità e le illusioni egoiste della tecno-economia, ma ci sta anche mostrando la necessità improcrastinabile di un ruolo nuovo della Chiesa e delle religioni tutte, di un rinnovato servizio dell’umanità, del popolo santo di Dio, del bene comune, della pace, dei poveri, parole tanto antiche e oggi più che mai tornate alla ribalta ma bisognose di gambe per poter camminare.

Quelle gambe siamo tutti noi, ricchi e poveri, capaci di donare e di ricevere, italiani e stranieri, credenti e non credenti, ma siamo noi il nostro futuro e possiamo fare tutti un piccolo passo come abbiamo fatto in questi giorni per uscire dall’egoismo variamente mascherato, un piccolo passo non più indistinto, non più disorientato, post-storico, liquido, con tutto quello che dicono gli studiosi ma, questa volta, rinnovato, risorto, riconciliato.

Buona settimana santa a tutti i lettori da un salone dell’oratorio parrocchiale vuoto, silenzioso e ricco di suggerimenti in una periferia del mondo.

  • Don Domenico Poeta, Parrocchia San Bartolomeo, San Rocco a Pilli, Siena, 5 aprile 2020. Mobile 3885826292, e-mail: bartolomeosan@gmail.com
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